Ristorante Colibrì a Dorgali, il grande cuore gastronomico del nuorese
E’ tutta una questione di cuore al ristorante Colibrì di Dorgali.
In primo luogo quello dei gestori, pieno di enorme amore per il proprio lavoro, fatto con rara dedizione, inteso come missione per onorare una tradizione familiare ma anche per contribuire alla tutela e valorizzazione del proprio territorio.
Segue di conseguenza il cuore gastronomico della zona di appartenenza, il Nuorese, regione dell’anima in cui il cibo ha sempre significati profondi, legati a usi e costumi, sposati alla nobiltà del lavoro umile e al sacrificio della sopravvivenza, ma senza mai rinunciare a sapori intensi che scatenano ancora oggi gioia ancestrale.
Bisogna sentirli parlare i gestori Alberto Mereu e Lucia Sotgia, quando ti spiegano ogni singolo piatto e ti rivelano tutto ciò che vi sta dietro, come la storia privata e quella collettiva legata a ciascuna pietanza, in grado di elevare il cibo a documento antropologico ed elemento culturale.
Soltanto così si può spiegare la presenza in carta di su Zurrette, preparazione tipica che il sito del comune di Nuoro descrive come “il sangue della pecora, condito con menta, timo selvatico, formaggio e pane carasau sbriciolato, cotto all’interno dello stomaco dell’animale e mangiato accompagnato da pane carasau”: nella versione del Colibrì c’è anche la cipolla e ne viene fuori quasi una crema, molto granulosa, dal forte e piacevole sentore di interiora.
Proporlo oggi è segno di coraggio e di responsabilità sociale, un inno alla civiltà pastorale e all’insegnamento imperituro che ci ha lasciato.
La stessa civiltà da cui proviene il Saccaju, l’agnello non più da latte ma nemmeno adulto, una fase della sua età in cui le carni sono particolarmente succulente.
Infatti anche con una semplice cottura in umido è di una bontà inaudita, infondendo dense emozioni selvatiche al palato insieme a una dolcezza inenarrabile.
Medesimo ambito di provenienza per altre due squisitezze di carne.
Le Cordeddas, budellini di agnello intrecciati, tenerissimi dentro e croccanti fuori, perciò ghiottissimi.
Quindi sua maestà il Porcetto sardo veramente da latte che si trova soltanto su prenotazione, arrostito come da manuale, uno dei migliori in assoluto mangiati in Sardegna.
Ci sono poi altre specialità.
A partire da un fantastico pane Guttiau, ovvero il Carasau con sopra un filo di ottimo olio extravergine di oliva che arriva in tavola caldo: irresistibile, scatena voracità.
Anche i primi dispensano meraviglie, quali i Macarrones Furriaos, “gnocchetti conditi con formaggio pecorino freschissimo, fuso con la semola fino a formare una sorta di crema”: la parte casearia è un caprino filante e goloso da impazzire che contribuisce a creare una delle pietanze più clamorose d’Italia.
Ovviamente imperdibili i Gulurgiones, classica pasta sarda ripiena di patate e formaggio, dall’impasto consistente, caratterizzata da un tocco di menta, servita con notevole salsa di pomodoro.
Tra i contorni, sono una delizia le favette con la menta, da abbinare a su Zurrette ma suadenti anche da sole.
Eccezionali infine i dolci fatti in casa, dalla mousse di ricotta con vin cotto alle strepitose Aranzada a base di scorza d’arancia, mandorle e miele.
Il pasto qui va rigorosamente accompagnato con un vino Cannonau, di cui Dorgali è la vocata capitale.
Noi abbiamo scelto il Vigna di Isalle della Cantina di Dorgali, fresco, fruttato, minerale, con sentori di lamponi, prugna, cacao e un tocco di liquirizia, dal sorso cremoso e con una beva importante.
Innamorati di questo locale, abbiamo voluto approfondirne lo spirito con Lucia Sotgia, dotata di umanità e sensibilità pari alla sua grandissima generosità e alla gentilezza verso gli avventori: la sua intervista è nel video che segue ed è imperdibile, anche per le tante ricette che racconta.
Attivo dal 1982, il ristorante è in esercizio dal mese di marzo alla metà di novembre.
Nel video che segue, abbiamo raccolto le immagini dei piatti tipici sardi e di quelli dorgalesi in particolare serviti nel locale.