L’Orvieto Classico Superiore nella vinificazione di Palazzone (Umbria)
Un vino che sta conquistando sempre più rispetto, a dispetto delle tendenze imposte dai media e dal mercato: è l’Orvieto Classico, nettare identitario di un’area del Centro Italia che nella città in provincia di Terni ha il suo epicentro.
A testimoniare l’impegno che richiede il suo sostegno è una cantina come Palazzone che proprio in Orvieto ha la propria sede, con una storia ormai decennale, iniziata alla fine degli anni ’60, quando la famiglia Dubini acquista il podere omonimo in località Rocca Ripesena.
Alla Palazzone rivelano che “l’Orvieto era una scommessa da vincere, una carta da giocare in totale controtendenza con il mercato e con la moda”, ma in linea con “la vocazione del luogo, la storia della città e del suo territorio”.
Un’azienda familiare che rispetta “la tradizione del vino Orvieto nella composizione dell’uvaggio lasciando che Grechetto, più immediato e fragrante e Procanico, più serio e minerale, affermino la loro personalità”.
Qui entriamo nella peculiarità dei vitigni, uve di varietà presenti anche in altri territori ma che qui si sono talmente radicate da assumere nomi locali e caratteristiche tipiche, come nel caso del Procanico che poi è un biotipo di Trebbiano Toscano, ma anche del Drupeggio, alter ego semantico umbro del Canaiolo bianco.
L’obiettivo dichiarato della cantina è che “possa nascere il profilo di un bianco dell’Italia centrale: leggiadro ma incisivo, mediterraneo e al tempo stesso dotato di una fibra serrata”.
Chiaro esempio di questa filosofia è il Terre Vineate, Orvieto Classico Superiore che impiega uve di Procanico (50%), Grechetto (30%) e un 20% diviso tra Malvasia, il citato Drupeggio e un misconosciuto ma prezioso vitigno autoctono dell’Umbria, il Verdello. Si presenta all’olfatto con potenza e personalità, sfoderando note carboniche, mentre al palato si nota subito una piacevole mineralità.
Il vino simbolo della cantina è rappresentato dal Campo del Guardiano, ancora un Orvieto Classico Superiore, con il medesimo assemblaggio di uve del precedente, provenienti “dal più bell’appezzamento dei nostri vigneti”.
Affinato “per diversi mesi in bottiglie coricate in una cavità nel tufo sotto un bosco di castagni”, è più equilibrato del Terre Vineate e manifesta la sua intrigante personalità con un tocco abboccato.
Abbiamo chiesto a Pietro Dubini di raccontarci questo vino, davanti alla nostra telecamera: lo ha fatto nel video che segue.
Info: http://www.palazzone.com/it/vini/terre-vineate/