Museo del Culatello e del Masalén alla Pallavicina di Polesine Parmense
Alla celebre Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense lo sostengono da sempre che il loro impero del gusto e dell’ospitalità si fonda prima di tutto su basi culturali: lo dimostra pienamente il Museo del Culatello e del Masalén che da qualche tempo è nato all’interno della medesima struttura secolare che già ospita un noto ristorante chic accanto a una sublime osteria di una volta e a un relais di grande gusto.
Non poteva esserci modo più efficace per spiegare non soltanto il successo del gestore Massimo Spigaroli e della sua famiglia, ma anche l’immensa fortuna del Culatello, unanimemente considerato uno dei prodotti più pregiati a livello internazionale e proclamatosi “re dei salumi” senza che nessuno ne abbia mai contestato il titolo.
Sul sito dell’azienda ci si tiene infatti a sottolineare che si tratta di un museo fortemente “voluto dalla nostra famiglia, dedicato al territorio e a tutte le sue genti”. Spigaroli sottolinea sempre il legame inscindibile tra la sua famiglia, il culatello e il territorio in cui è nato e si perpetua questo miracolo artigianale che rende onore al Paese.
Il museo razionalizza tanti spunti epici finora tramandati per tradizione orale, raccoglie reperti di elevato valore antropologico, mette a sistema la relazione tra società e gastronomia, eleva la cultura materiale a cultura tout court. Lo fa attingendo logisticamente alle magnifiche architetture che affondano le proprie origini nel Basso Medioevo, già di per sé un monumento, dipanandovi un percorso museale che attraversa vari ambienti della Corte, puntellato da cartelli dal linguaggio molto semplice e da video didascalici dai chiari intenti divulgativi e pedagogici.
Si tratta quasi un’esposizione diffusa che attraversa stanze, sotterranei e tratti all’aperto, facendosi metafora del tempo trascorso e assumendo la funzione di guida ragionata all’antica struttura.
In rilievo, i “protagonisti della vicenda del Culatello”.
Si parte dal territorio: “l’ambiente, i pioppeti, il Po sono protagonisti di una narrazione che conduce fino alla sala incentrata sulla figura del maiale”, dalla sua millenaria domesticazione al recupero del maiale nero tipico del Parmense.
Molto interessante lo sviluppo socio-antropologico del tema, quando i pannelli, sorretti dai reperti, approfondiscono i simbolismi attribuiti al maiale dall’uomo che ne ha fatto rappresentazione di vizi e virtù, tema che ha prodotto volumi e studi serissimi…
… scatenando anche la fantasia e ispirando la creatività, fino a giungere a una forma di mitizzazione tracimata pure nella satira.
Forte l’afflato religioso, intrecciato in maniera indissolubile con la cultura contadina, relazione in questo caso incentrata “sulla figura di Sant’Antonio Abate, eremita del deserto, sempre rappresentato in compagnia di un maialino”.
Gli Spigaroli sono consapevoli di avere sulle spalle un’eredità dinastica di grande pregio, per i loro risvolti privati come per l’influenza collettiva sulle vicende della zona.
Una vicenda di duro lavoro associato a talento imprenditoriale e visione culturale, come dimostra la sala dedicata alla storia della famiglia, dove si apprende che furono “in principio mezzadri di Giuseppe Verdi, capaci di spostarsi sulle rive del Po per poi reinventarsi ristoratori”.
La saga familiare è lo spunto di partenza per parlare dei Masalén, “i norcini che tramandavano l’arte della corretta macellazione del maiale”, attraverso “una collezione di oggetti legati all’attività”.
Suggestivo a questo punto il passaggio all’esterno, dove il flusso delle informazioni prosegue in osmosi con la natura vera e il reale divenire di ciò che il museo racconta, poiché sullo sfondo si vedono i terreni che ospitano le colture agricole e gli allevamenti degli animali…
… mentre si lambiscono i laboratori in cui nascono le delizie della Corte.
E’ un’autentica discesa nelle viscere della Memoria raggiungere lo spazio sotterraneo che approfondisce il mondo segreto del Culatello, svelando “le caratteristiche della carne di maiale, del sale, del pepe e dei principali salumi della Bassa Parmense”…
… passando quindi alla storia del salume più celebrato, attraverso materiali iconografici, citazioni di personalità che lo hanno amato come Giuseppe Verdi e Gabriele D’Annunzio fino a Giovannino Guareschi…
… per giungere alla spiegazione “delle fasi che dalla coscia del maiale portano a un prodotto caratterizzato anche da un preciso rituale di degustazione”.
In questo modo è tutto chiaro quando si viene avvolti dal profumo che stordisce nella cantina in cui i culatelli “stagionano nell’umidità e nella penombra”.
Risalendo, si può raggiungere l’Hostaria del Maiale per una degustazione imperdibile.
Volendo, si può incrementare l’esperienza di visita con Po Forest, “percorso all’aperto, di 1,5 km, diviso in 12 tappe alla scoperta del bosco, della vegetazione di golena del Po e del nostro allevamento allo stato brado di maiali neri”, tragitto da affrontare con il supporto di un’audioguida.
Un’esperienza importante per rafforzare la consapevolezza di quanto il cibo vada affrontato sotto l’aspetto culturale, per poterne davvero apprezzare il risvolto ludico.
Info: https://www.anticacortepallavicinarelais.it/museo-del-culatello/