Storia della pasta: i formati antichi
Continuiamo il nostro viaggio all’interno della storia della pasta e quindi dell’alimentazione antica con lo storico Giovanni Fancello, autore del volume Pasta – storia ed avventure di un cibo tra Sardegna e Mediterraneo.
Il suo racconto parte dal Neolitico, periodo in cui avvengono due grandi rivoluzioni: la prima è la scoperta del vasellame, che è sconvolgente nel mondo della cucina, e l’altra è l’invenzione dell’agricoltura, ovvero il passare dal selvatico al coltivato.
“Tutto questo – ci racconta Giovanni – è molto importante per ricostruire non solo la storia dell’alimentazione nel mondo antico, ma anche per capire come tutte queste forme di pasta, che sono giunte fino a noi, si sono evolute nei millenni.”
Inizialmente i semi raccolti allo stato selvatico venivano pestati e trasformati in polenta mediante la cottura in acqua; una purea che i romani iniziarono a catalogare con il nome di puls per il rumore che faceva nel cuocere. Plinio il Vecchio infatti chiamava i Romani pulmentari, ovvero mangiatori di polenta. Possiamo quindi affermare che non abbiamo atteso la scoperta dell’America per mangiare polenta di granoturco, ma che mangiavamo un polenta di grano autoctono che veniva pestato e cotto già in epoca preistorica.
Questa purea, oltre a fare il suo percorso evolutivo come polenta, è la progenitrice sia del pane che della pasta. Infatti, questo impasto mangiato subito viene chiamato polenta, mentre se lasciato fermentare qualche giorno diventa pane; quando poi viene riscaldato su pietre roventi diventa pane azzimo. Nel Mediterraneo i Romani il pane lo scoprirono tardi, ma gli Egizi ne avevano già catalogati 15 tipi e i Greci arrivarono a classificarne ben 72.
Non solo, e lo scopriremo nella terza e ultima parte dell’intervista, è dalla polenta che nasce anche la pasta.