Al Museo archeologico di Cagliari, le radici storiche della Sardegna
Il territorio della Sardegna ha uno dei più cospicui patrimoni archeologici del mondo, esito di una millenaria antropizzazione precoce cui è seguito l’alternarsi, sostituirsi o sovrapporsi delle più avanzate civiltà cullate dal Mediterraneo, con la conseguente sterminata produzione di memorie storiche declinate in un’infinità di reperti: ha quindi del prodigioso che un museo sia riuscito a raccogliere, analizzare, storicizzare e mettere a sistema tanta ricchezza culturale, traducendola in uno storytelling omogeneo e in una tappa imperdibile della conoscenza dell’isola.
E’ riuscito nell’impresa il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari che nella sede di piazza Arsenale 1 assurge a summa della stratificata anima della Sardegna, tanto che visitarlo è imprescindibile per il visitatore che voglia riannodare tutti gli innumerevoli fili dell’ordito dell’identità sarda.
Il Museo archeologico di Cagliari, parte dell’ottima organizzazione del Polo Museale della Sardegna, centra perfettamente anche la missione che l’ICOM assegna alle strutture espositive, in particolare quella di creare una mirabile osmosi tra istanze non facilmente conciliabili come “fini di studio, educazione e diletto”, raggiunte attraverso una perfetta leggibilità dell’
L’intelligibilità parte dalla razionalità della gestione: si è evitato l’affastellamento dei reperti, operando una severa selezione che si eleva a sintesi del manufatto e sineddoche di una tecnica realizzativa, concorrendo a porre tessere chiare del mosaico cognitivo proposto al visitatore.
Scevra dunque da ripetizioni e ridondanze, l’esposizione procede ritmicamente nel disegno delle epoche, usando il filo conduttore dell’ingegno realizzativo umano, intrecciato con il suo humus evolutivo pregno di istinto conservativo, tensione al soprannaturale, aspirazione al divino, ricerca del bello, necessità materiale, lotta per la sopravvivenza, desiderio di eternità.
Da notare l’ottimizzazione dello spazio, con le teche che operano evoluzioni geometriche per creare incastri e sinuosità che suggeriscano fluidità al passo del visitatore, al tempo stesso suggerendogli di affidarsi anche al guizzo della propria curiosità.
La materia incandescente dell’indefesso divenire dei popoli è domata dai testi puntuali ma davvero accessibili dei pannelli, incastonati in grafiche induttive, dando concreta applicazione alla volontà del museo di essere “inclusivo, da ogni punto di vista: fisico, sensoriale, cognitivo, digitale”, riuscendo quindi a dialogare con tutti, “bambini, anziani, stranieri” che siano.
Da caso di studio poi l’inserimento dell’infografica come mezzo di orientamento, non soltanto per i tragitti da effettuare nelle sale ma anche per quelli interiori, aiutando il fruitore nel tentativo di mettere in ordine reminiscenze scolastiche, erudizione personale e nuove informazioni.
Un’attenzione per la fruibilità ecumenica che non comporta alcuna rinuncia all’elevazione gnoseologica, come palesato dal pannello che arriva perfino ad aprire un ipotetico dibattito semiologico sostanziale, affermando apoditticamente “il testo archeologico come memoria”, senza tuttavia sottrarre il problema a un’articolazione critica.
E’ in questo modo che il museo conserva e racconta l’intero patrimonio archeologico della Sardegna.
Partendo da un nobile lignaggio, visto che la sua nascita risale al 1800, inizialmente come una wunderkammer, per poi assumere consapevolezza del proprio ruolo nel rappresentare tutte le profonde radici antiche dell’isola. Dal 1993 “le collezioni sono state spostate all’interno del complesso della Cittadella dei Musei, in uno degli edifici realizzati tra il 1956 e il 1979 dagli architetti Piero Gazzola e Libero Cecchini per accogliere i più importanti musei cittadini”.
La razionalità dell’impostazione si riscontra nella logica cui sono improntati i percorsi espositivi. Infatti “le collezioni del museo si trovano ospitate su quattro piani a cui corrispondono temi espositivi diversi: il piano terra è dedicato alla didattica, con un excursus cronologico sull’archeologia della Sardegna”, mentre “gli altri piani seguono una logica topografica e territoriale”.
In particolare, “il piano terra propone un percorso cronologico-didattico che attraversa la storia della presenza umana in Sardegna dal Neolitico antico sino all’Alto medioevo”; il primo piano “è dedicato principalmente a Cagliari e ai suoi centri limitrofi”, con alcuni dei suoi siti più importanti come Tuvixeddu, Santa Gilla, Monte Claro, mentre “ai principali centri nuragici è dedicata un’altra sala del piano espositivo”; il secondo piano rappresenta “alcuni tra i siti archeologici più importanti della Sardegna: Monte Sirai, Sant’ Antioco, Bithia, Nora”; il terzo piano invece ospita “la gran parte delle statue nuragiche di Mont’e Prama”, rappresentando così una delle tappe di maggiore stupore per l’osservatore che si sente davvero piccolo davanti alla monumentalità di questa magnifiche opere d’arte che per bellezza e datazione rivaleggiano con le più antiche e nobili espressioni della statuaria mondiale.
Tante le suggestioni potenti che si ricevono durante la visita.
Come la sconvolgente modernità estetica di alcune sculture, impressionanti nella capacità prodromica di anticipare la ricerca cubista e la sensibilità muliebre boteriana…
… la stlizzazione estrema di figure antropomorfe, allora foriere di simbolismi e oggi invece tanto presenti nella comunicazione funzionale e perfino in quella commerciale…
… gli illuminanti modelli che permettono di cogliere l’impresa ingegneristica dei nuraghi…
… la serie delle statuette elette tra i simboli del genius loci sardo, con il loro dinamismo endogeno cristallizzato da posture che mimano l’assoluto messaggio ai posteri…
… la vivida ricostruzione di un tophet che permette di dare forma tangibile alla spiritualità dei Fenici, così poco rinvenibile nei siti, tanto da ammantarsi da elementi ipotetici che ne alimentano il mito…
… la lampante dimostrazione del supremo talento nell’arte orafa e nella creazione di monili, con temi e manifestazioni di design che lasciano sbalorditi…
… il ghigno beffardo dell’effige dell’artista che teatralmente ci irride sagacemente, come se esprimesse sarcasmo sulle miserie di noi che ci riteniamo moderni ma in realtà siamo soltanto istanti evanescenti di una realtà transeunte…
… fino all’incommensurabile valore della Stele di Nora che ci ha alfabetizzati sulla verbalizzazione linguistica dei Fenici scolpita nella candida pietra.
La visita al museo sazia tanta sete di sapere ma accende anche composite riflessioni, perché si comprende che questa terra ha riassunto in sé tutte le pulsioni dell’intelletto umano, dando loro la multiforme grazia di reperti indimenticabili: ve ne offriamo un sunto nel video che segue.
Info: http://museoarcheocagliari.beniculturali.it/