Specialmente… a Firenze, per strada: emozioni e sorprese
Quante sorprese a Firenze, girando per le strade…
Vino, cibo, musica, storie d’infanzia: quante sorprese riservano le strade di Firenze. A ogni angolo, un racconto diverso, una scoperta illuminante, un’emozione impagabile.
L’ordito delle vie è un insieme di fili della memoria che tessono l’identità più nascosta della città.
Strade che raccontano il vino contadino offerto ai poveri, vie riempite dalla musica di artisti girovaghi, slarghi da cui scaturiscono preziosi libri di street food, o le piazze che per secoli hanno assistito all’abbandono dei bambini e al loro recupero alla vita.
Storie vere, semplici, autentiche, da conservare tra i ricordi più affascinanti di una visita a Firenze e raccontare con trasporto quando si torna a casa.
Se volete, facciamo insieme questo giro per le strade di una città che non finisce mai di sorprendere…
Le buchette del vino, antico spirito di Firenze
Nella Toscana patria dell’omologazione commerciale del vino, resiste qualche traccia di romanticismo enoico.
Sono le Buchette del vino che si trovano a Firenze, testimonianza del tempo in cui da piccole aperture sui muri di alcuni edifici della città veniva praticata la vendita del vino.
Fenomeno diffuso un tempo, di cui oggi rimangono pochissimi esempi.
Un sistema adottato secoli fa per saltare un passaggio commerciale, quello della vendita al dettaglio, procedendo allo smercio diretto di vino dal produttore al consumatore.
Uno di questi produttori è ricordato da una targa ancora presente in via del Giglio. Si tratta della Cantina Bartolini Salimbeni Vivai che informa su mesi e orari di apertura.
Curiosa forma di nemesi è invece rappresentata dalla buchetta che si trova affissa su Palazzo Antinori. Un crudele scherzo del destino vuole che una vestigia del vino territoriale come una buchetta si trovi sul palazzo della famiglia simbolo dell’industria commerciale enologica che pur di fare (legittimamente) fatturato ha rinunciato alla poesia dell’antico prodotto contadino toscano, snaturandolo con l’importazione di vitigni internazionali di provenienza francese.
Forse quella buchetta, situata a pochi centimetri dall’ingresso della Buca Lapi, locale nato nel 1880 nelle cantine di Palazzo Antinori, potrebbe ricordare all’antica famiglia cos’era l’autenticità del vino dei contadini, magari inducendoli un giorno a lasciar perdere gli enologi massificatori del gusto per ricongiungersi alle proprie radici culturali.
Oggi Buca Lapi è un locale costoso, in cui il cibo e il vino (sempre legittimamente) sono venduti a caro prezzo, mentre da quella buchetta proprio lì a fianco un tempo cibo e vino venivano offerti gratuitamente agli indigenti come forma di solidarietà.
Quanto sarebbe auspicabile che queste buchette non venissero ritenute semplici vecchie curiosità ornamentali, bensì luminosi esempi di una dignitosa anima cittadina che ci auguriamo venga recuperata e innalzata a stile di vita (anche) contemporaneo.
Per chi volesse approfondire questa storia, non rimane che recuperare il volume Le buchette del vino a Firenze di Lidia Casini Brogelli, pubblicato da SempeR nel 2004. Il libro “documenta fin dal XIII secolo l’abitudine tutta fiorentina di munirsi di fiasco o brocca ed andare nelle cantine per rifornirsi della prelibata bevanda che, spillata di fresco, avrebbe allietato le mense cittadine, dalle più ricche alle più umili” si racconta sul sito Toscanafolk.it.
“Sparse in tutto il centro storico sopravvivono ancora le “buchette” da cui il vino veniva venduto. Si tratta di piccoli elementi di architettura civile presenti in molte delle dimore signorili e che miracolosamente sono sfuggite alle ristrutturazioni di cui attraverso i secoli hanno avuto bisogno gli edifici. Attraverso quelle piccolissime aperture il nobile signore vendeva ai fiorentini i prodotti delle sue terre e, a giudicare da quante se ne sono conservate, questo piccolo commercio rendeva bene ed è stato attivo fino all’epoca moderna” (www.toscanafolk.it).
Viene anche riportata parte della prefazione dell’autrice: “l’attività del vinaio, cioè il venditore di vino alla Cella, (lo spaccio di vino al minuto) alla strada, ha animato la città per secoli, ed ha aiutato a conservare lo spirito fiorentino, nonché le forze e la vitalità di molta gente che lavorava, sia dalla parte di dentro, per il venditore, che dalla parte di fuori, per il cliente e fruitore, che volentieri vi si fermava e si ritemprava. Qualche volta anche troppo”.
Firenze avrebbe proprio bisogno di recuperare questo spirito.
L’introvabile libro di ricette del Trippaio del Porcellino di Firenze
E’ introvabile quanto prezioso il libro di ricette del Trippaio del Porcellino di Firenze, istituzione dello street food cittadino in piazza Del Mercato Nuovo.
Edito per celebrare “Cento anni della nostra storia a Firenze”, abbiamo la fortuna di poterlo leggere grazie alla spontanea generosità dell’attuale gestore, Orazio Nencioni, il quale ce ne ha recuperato al volo una copia che porta tutti i segni di un volumetto vissuto tra vapori intensi e profumi forti.
Contiene le ricette storiche di questo antico tempio del cibo di strada fiorentino. Incentrate sul quinto quarto, sono perle di saggezza culinaria che ricongiungono con il piacere della semplicità.
Si tratta ovviamente delle diverse varianti per cucinare la trippa e il lampredotto…
… delle quali ancora sopravvive la versione Inzimino…
… suggerendo ipotesi sfiziose…
… ma senza trascurare i metodi di base, i più semplici e preziosi.
Un trattato di antica sapienza gastronomica che fa comprendere perché, già nel 1981, Luigi Testaferrata, giornalista del quotidiano Il Giorno, si assumeva la responsabilità di definire quello della Loggia del Porcellino “il trippaio per eccellenza”.
A distanza di oltre trent’anni, sottoscriviamo il giudizio del collega.
Perché qui dal Trippaio del Porcellino, nulla è cambiato.
Per fortuna.
La fisarmonica di Gigi, i suoni della Turchia per strada a Firenze
Le strade di Firenze sono piene di musicisti di strada. Quando passeggi per la città ti sembra di essere immerso in una colonna sonora che muta ogni volta che cambi via o attraversi un’altra piazza.
Un soundtrack che contiene tutti gli stili, dal folk alla classica, dall’etnica al rock acustico.
Si tratta soprattutto di musicisti stranieri, autentici busker che si guadagnano da vivere intrattenendo i turisti e gli abitanti della città.
Tra i tanti, ci ha colpiti la figura poetica di un musicista solitario intento a suonare una fisarmonica: un virtuoso dello strumento, ma anche un personaggio eccentrico, visto che ha preferito esibirsi in una posizione appartata e in una via poco trafficata.
Scambiando due parole con lui, il mistero è cresciuto: a parte il nome, Gigi, e la provenienza, la Turchia, non ci ha fornito alcuna informazione, alimentando involontariamente il suo fascino.
Ve lo proponiamo così come lo abbiamo vissuto, di passaggio, mentre riempie la strada della musica del suo Paese d’origine.
L’archivio degli Innocenti, sei secoli di storie dell’infanzia a Firenze
Seicento anni di storie con ben mezzo milione di protagonisti: è l’immenso patrimonio di vicende umane contenuto nell’archivio dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, secolare ricovero dei bambini della città.
E’ dal ’400 che transitano da qui giovani vite in difficoltà in cerca di una nuova possibilità. Vite ai loro albori deposte in una pila o abbandonate in una finestra ferrata nel cuore di piazza della Santissima Annunziata e da lì amorevolmente raccolte da chi con amore si sarebbe occupato di loro.
Secoli di storie dolorose ma anche a lieto fine, quando l’affido donava una nuova vita serena a quei fanciulli rimasti senza genitori in grado di curarli.
Di questi passaggi è stato serbato un ricordo. Per iscritto. Perché dei bambini passati da qui si è registrato l’arrivo, documentata la permanenza, raccontata l’evoluzione della vicenda umana.
Un immenso romanzo civile fatto di storie vere, di dignità tutelata o restituita. “La raccolta documentaria, che costituisce l’Archivio Storico dell’Istituto degli Innocenti, rappresenta un patrimonio unico nel suo genere per completezza cronologica e varietà di contenuti” spiegano sul sito dell’istituzione.
Ricchezza costituita da ben 13551 unità che “testimonia la vita dell’antico Ospedale a partire dalla sua edificazione e quella di innumerevoli altri enti, famiglie e personaggi la cui memoria scritta pervenne, con i loro patrimoni, agli Innocenti nel corso dei secoli”.
Tra le serie documentarie di notevole rilievo per la storia dell’Ospedale e per quella della sua attività assistenziale, ci sono proprio i registri di Balie e bambini (1445-1950), “testimonianti la continuità dell’attenzione ai bisogni dell’infanzia nel corso dei secoli e attraverso le varie forme di governo istituzionale”.
Intorno ai documenti che custodiscono gelosamente queste storie, si sviluppa la preziosa attività della più antica istituzione pubblica italiana dedicata alla tutela dei bambini.
Ce la racconta la presidente Alessandra Maggi.
Info: www.istitutodeglinnocenti.it