Trattoria Pallotta ad Assisi: un pessimo servizio rovina tutto
Come disporre di una location splendida in un contesto prestigioso e sprecare tutto con una rara esibizione di impreparazione e scortesia: è stata una delusione cocente l’esperienza alla Trattoria Pallotta di Assisi, locale dove la ristorazione ha storia antica, compromessa oggi da una gestione apparsa approssimativa.
Il primo allarme scatta quando, appena arrivati, chiediamo l’età dell’edificio a un giovane cameriere, il quale però ci risponde con un sorriso imbarazzato di non saperlo: un particolare che rivela l’assenza di formazione professionale nel locale, doverosa anche nei confronti dei collaboratori occasionali.
Il secondo allarme arriva alla lettura del menu, quando scopriamo almeno un paio di pietanze con la presenza della panna, una di quelle materie prime che mai dovrebbero essere utilizzate in una cucina seria che non cerchi sotterfugi facili: “serve per legare gli ingredienti degli Strangozzi alla Pallotta” ci confessa candidamente la persona che appare come la responsabile del locale, facendoci temere che tra i fornelli possa non esserci una grande mano se si ricorre a una simile soluzione che già stonerebbe se adottata da una casalinga, figurarsi da un cuoco professionista.
Ma il peggio deve ancora venire. La scelta del vino si rivela infatti un’esperienza tragicomica, perché la stessa responsabile di prima palesa chiaramente di non conoscere adeguatamente le referenze della sua stessa carta dei vini. Inutile chiedere quali uve contenga ogni singolo vino, perché la replica è il più delle volte il silenzio assoluto, mentre per il resto è tutta un’imbarazzante sequenza di sbagli e imprecisioni: ci vengono proposti come vini da vitigni in purezza quelli che invece sono degli assemblaggi di diverse uve, mentre quando chiediamo un Sangiovese della cooperativa di Bettona ce ne viene portato un altro che non c’entra niente, ma senza che la responsabile ne avesse consapevolezza visto che l’errore abbiamo dovuto farlo notare noi.
Ecco che in pochi minuti il nostro tavolo si riempie di bottiglie, mentre noi cerchiamo di recuperare informazioni su Internet sui vari vini proposti.
Disperati, ripariamo sullo spumante Villa Fidelia Brut, per stima del produttore Sportoletti: si rivela in grado di reggere tutto il pasto con la sua vivida aromaticità.
Inteneriti dall’evidente affanno della responsabile, decidiamo di non infierire e quindi non ci lamentiamo per la disastrosa dimostrazione di impreparazione, la quale si conferma purtroppo anche nell’ambito gastronomico: chiediamo se ci siano piatti tipici di Assisi, oltre al piccione, ma ci vengono date risposte vaghe e fuorvianti che testimoniano come nel locale non venga affatto coltivata la cultura del cibo né la tutela dei piatti antichi del posto. A nulla serve avere sulla cassa libri di chef star come Igles Corelli e Antonino Cannavacciuolo, se poi non si studiano approfonditamente i vini che si propongono ai clienti e non si conosce adeguatamente il proprio stesso territorio e le sue tradizioni culinarie, come abbiamo invece verificato in questo locale. Non ci è rimasto allora che riparare sul Piccione alla Ghiotta che per fortuna si rivela ottimo, grazie all’eccellente complessità sensoriale della carne cotta a perfezione, tale che non avrebbe bisogno nemmeno del ripieno, nella media: ci viene servito su un crostone con paté di fegatini nella norma.
Notevoli pure le Patate arrosto con finocchio selvatico, dalla cottura ottimale e dal piacevole tono balsamico del condimento.
Raggiungono invece appena la sufficienza i Tortelli ripieni di salsiccia e Sedano di Trevi, con vellutata di zucca e granella di pistacchi, perché i vari componenti non appaiono bilanciati, tanto che non si avverte il contributo del sedano.
Dai dolci arriva l’unica vera specialità esclusiva locale, la Rocciata di Assisi, non a caso classificata quale Prodotto agroalimentare tradizionale per la regione Umbria, la cui origine secondo alcuni sarebbe addirittura millenaria.
Comunemente assimilata allo strudel, come ci è stata presentata anche qui, è un impasto ripieno di frutta secca e altra cotta, fortemente speziato.
Discreta la Zuppa inglese della casa che opta per la presenza del cioccolato in superficie.
Altro incidente intanto quando chiediamo una grappa. Facciamo la richiesta a un’addetta al servizio, ma trascorre il tempo inutilmente: malgrado ci avesse detto che avrebbe provveduto subito, la vediamo nei minuti successivi dedicarsi ad altro, come cambiare le tovaglie ai tavoli vicini, dando la sensazione di non prendere in considerazione la nostra ordinazione.
Ribadiamo allora la richiesta a un altro cameriere, ma dobbiamo aspettare ancora che torni finalmente la solita responsabile del locale: questa volta ci lamentiamo di essere stati ignorati dalla citata addetta al servizio di prima, ma questa signora ha il coraggio di rispondere “vuol dire che avrà avuto altro da fare”, una frase talmente infelice e sgarbata da fare sentire un cliente per nulla considerato.
Sconcertati da un simile pessimo trattamento, chiediamo la fattura pur di terminare questa bruttissima esperienza, ma anche l’epilogo riserva ulteriori fastidi. Infatti la stessa addetta al servizio che ci aveva ignorati prima incontra delle difficoltà nel farci una fattura: passano infiniti minuti prima che riesca a capire il funzionamento del software, come se fosse la prima volta che emettesse un simile documento. Davanti a tale mancanza di abitudine a compiere tale gesto burocratico, certamente appesantito dalle nuove regole tributarie, verrebbe da chiedersi se siamo stati gli unici clienti del locale che abbiano mai chiesto la fattura elettronica…
Mentre rimuginiamo su ciò, arriva la trionfale conclusione della responsabile del locale, la quale, pensando che non potessimo sentirla, va a dire agli altri clienti in attesa di pagare “quelli ci hanno dato dei problemi”, riferendosi chiaramente a noi: malgrado tale critica non ci sia stata rivolta in maniera diretta (come sarebbe stato intellettualmente onesto fare, per consentirci una replica), a noi è comunque arrivata come un atto di insolenza decisamente inopportuno, visto che siamo stati noi a subire per un’intera sera vari episodi di cattiva organizzazione.
Va riferito che, durante la cena costellata da tutti questi inconvenienti, la responsabile del locale ci ha ripetutamente chiesto scusa, ma non sono sembrati affatto sentiti i suoi “ci scusi” e “ci perdoni” privi di autentica empatia, apparsi piuttosto come un’ulteriore canzonatura.
Un vero peccato, perché un luogo come Assisi, capitale di spiritualità, pretenderebbe una maggiore propensione francescana al rispetto umano anche di chi non ispira simpatia, mentre dalla lezione benedettina bisognerebbe prendere la propensione a lavorare con maggiore dedizione e più severo scrupolo. I difetti riscontrati, forse complice una serata storta, sono tutti ampiamente correggibili, purché si inizi dal riconoscerli…
Info: http://www.trattoriapallotta.it/