I vini di Brunnenhof Mazzon, Pinot Nero e altre perle dall’Alto Adige
Alla cantina Brunnenhof Mazzon lo chiariscono subito: qui regna il Pinot Nero in tutte le sue declinazioni, con fierezza pari alla buona ragione, vista l’eccellenza e la particolarità dei vini che scaturiscono dall’iconica uva a bacca nera nella vocatissima area vitivinicola del comune di Egna in provincia di Bolzano in cui si trova la struttura, nella frazione proprio di Mazzon, considerata un terrazzo naturale che rappresenta “uno dei migliori fondi per la viticoltura ad est dell’Adige” secondo la Strada dei Vini del posto (https://www.weinstrasse.com/it/strada-del-vino-dell-alto-adige/egna/mazzon/).
Un territorio che si è dunque guadagnato la definizione di Grand-Cru altoatesino del Pinot Nero, grazie a “terreni sabbiosi con un’alta percentuale di argilla e calce, l’esposizione a ovest, il sole pomeridiano, l’Ora del Garda e le notti fresche”.
La tenuta è condotta a gestione famigliare da Johanna e Kurt Rottensteiner che coltivano le viti “secondo direttive ecologiche, in modo tale da farle restare vitali e mantenere il loro carattere inconfondibile”, riscontrando che più vitalità si ha nel vigneto e “più ne abbiamo anche nel vino”, mentre in cantina “regnano la calma, la pazienza e la ritenzione”, quel “far niente controllato” grazie al quale “riusciamo ad elaborare le singolarità delle uve in modo tale da far avere ad ogni bottiglia la firma individuale del Brunnenhof Mazzon”.
Una storia familiare atavica, con gli avi che già “si dedicavano alle proprietà e alle particolarità della produzione del vino e da sempre ci hanno trasmesso questa passione”, prima che nel 1999 Johanna e Kurt prendessero in mano la tenuta con ben duecento anni di storia, iniziando a imbottigliare non soltanto nettari ma con essi anche “vitigni, territorio, clima e tradizione famigliare allo stato puro”, attività oggi condotta secondo direttive ecologiche insieme ai figli Johann ed Eva, con l’obiettivo di “produrre uve sane e mature anno dopo anno” che siano la loro “interpretazione del territorio, del clima e del vitigno”.
L’elevata consapevolezza della famiglia corrisponde alla sua sensibilità culturale, palesata dalle frasi che infarciscono la suggestiva presentazione del proprio lavoro sul sito dell’azienda, a partire dalla programmatica “vorremmo lasciare parlare la natura in tutte le sue sfaccettature” alla pragmatica “solo un territorio ecologicamente attivo e sano può far nascere uve di massima qualità”, passando per perle di saggezza (“Il tempo è una cosa che oggi nessuno ha, perché nessuno se lo prende. E proprio per questo noi lo diamo ai nostri vini”), sentenze morali (“La famiglia si definisce tale quando tutti danno una mano. Soprattutto quando la passione della famiglia è quella del vino”), umiltà contadina (“Il massimo che possiamo raggiungere è conservare il frutto e gli aromi nel vino”), orgoglio vincente (“La passione ci definisce. Ci distingue e ci spinge avanti”).
Fino alla considerazione “chi ha voglia oggi di aspettare domani se davanti a sé ha un buon vino?”, tanto condivisibile che passiamo subito alla degustazione dei vini della cantina che ha come missione “rispetto per la natura e nessun raggiro”, un patto di onestà per “fare vini che ci piacciono e che raccontano la loro storia”.
D’obbligo iniziare con il Pinot Nero, a partire dal monumentale Riserva Vigna Zis del 2015 che inebria già con la sua complessità olfattiva capace mirabilmente di mettere insieme muschio, spezie, fogliame fresco e tabacco, annuncio di un’esuberanza aromatica che in bocca lascia libero il frutto di far zampillare ribes, ciliegia, carruba e un pizzico di pepe bianco. Sorso sontuoso e beva irresistibile, per un vino clamoroso.
L’altro Pinot Nero Riserva della cantina pur confermando in massima parte i descrittori va poi a brillare di luce propria grazie a una più spinta freschezza del frutto e un corpo maggiormente snello che fa scorrere golosamente la beva.
Tra i rossi c’è anche il Lagrein Vigne Vecchie con il suo bouquet che innesta nella selva fitta sensazioni di idrocarburi, mentre al palato attraverso un approccio amabile veicola marasca, fragola e cioccolato al latte.
Corpo snello, beva intrigante, vino di considerevole personalità.
Tra i bianchi si staglia il Gewurztraminer che porta al naso un trionfo floreale, mentre al gusto sprigiona albicocca, mango e kumquat (mandarino cinese), affermandosi come intensamente minerale e di conseguenza ben sapido. Si avverte l’impatto alcolico possente come il suo carattere, tanto che necessita a tavola di un confronto con piatti intensi.
Eva fa riferimento alla figlia dei titolari ed è tratto da uve Manzoni Bianco 6.0.13, incrocio tra Riesling e Pinot Bianco, il cui bouquet fiorito cattura come il piglio zuccherino e minerale, intrigando poi con richiami a camomilla, avocado, pera e cedro. In questo caso l’impatto alcolico ancora una volta importante è mitigato da una succulenta acidità, senza scalfire l’imponenza del vino.
C’è anche un vino dolce dedicato fin dal nome alla nonna Tilda, un Moscato Giallo le cui uve “vengono vendemmiate per ultime a fine ottobre, delle quali ca. il 15% viene appassito in piccole casse di legno fino a febbraio, dopodiché pressate”, mentre “ad aprile il vino fermentato e maturato in acciaio viene tagliato con il vino passito ed imbottigliato con ca. 30 g di zuccheri residui”.
Un procedimento che sorprendentemente non porta all’abboccato estremo bensì trascina verso oriente con suggestioni di frutti tropicali essiccati che non tracimano nella canditura, stuzzicando i sensi con note sapide ed evocazione dei tè aromatici di Taiwan.
A parlarci di questi vini è Kurt Rottensteiner, nel video che trovate di seguito.
Info: http://www.brunnenhof-mazzon.it/it