12.000 anni di Grotta del Genovese a Levanzo, nelle Isole Egadi
Quando Levanzo (come Favignana) non era ancora un’isola, ma un ciglio estremo della Sicilia occidentale, gli uomini di quel tempo lontano avevano già individuato un suo anfratto come luogo di riunione e di culto, in cui emettere primordiali vagiti artistici.
Il mare poi avrebbe reciso il collegamento di terra con quella grotta, la quale si sarebbe ritrovata così su una nuova isola, non più la Sicilia ma una delle tre che compongono le Egadi, assumendo un giorno il nome di Levanzo.
Ma neppure quell’apparente deriva marina fermò gli uomini dal recarsi nell’isola per lasciarvi tracce figurate della loro vita semplice divisa tra le pratiche della sopravvivenza e i sempre più evidenti afflati proto-religiosi.
Quel luogo oggi lo chiamano Grotta del Genovese e raccoglie sulle sue pareti graffiti e pitture rupestri, vestigia dell’estro umano che partono da ben dodicimila anni fa. Alla fase finale del Paleolitico appartengono infatti i graffiti, mentre le pitture vengono fatte risalire alla fine del Neolitico, circa cinque o seimila anni fa.
“Incisioni, graffiti e dipinti preistorici raffiguranti cervi, bovini, cavalli, pesci e figure umane utilizzati rappresentano una documentazione archeologica inestimabile oltre che uno spettacolo assai suggestivo” promettono i proprietari della Grotta, i quali organizzano visite guidate al sito.
Ci si può arrivare in barca oppure con un fuoristrada e già il percorso per giungervi è di per sé un’esperienza notevole.
Noi abbiamo scelto la via del mare che, tra spuntoni di roccia e piccole insenature, ci ha permesso di ammirare una parte della costa irregolare e sfuggente dell’isola.
Una volta scesi dalla barca, si presenta molto affascinante il percorso a piedi per raggiungere la grotta…
… una leggera salita tra blocchi di pietra e scampoli di verde, il tutto abbracciato dal mare limpidissimo.
All’interno della grotta si accede soltanto grazie alla guida, solitamente il custode.
La visita appare ai turisti come piacevole e ben organizzata, anche se le condizioni in cui avviene la visita, ovvero il buio, il terreno incerto e i tempi di esposizione contingentati, non ti fanno venire voglia di fare domande troppo approfondite che richiederebbero una competenza archeologica.
All’interno si gode della vista di “trentatré figure incise e un centinaio di figure dipinte”, rimaste per secoli sconosciute perfino agli abitanti di Levanzo, poiché “mai nessuno era penetrato tranne qualche furetto occasionalmente introdottovi per stanare i conigli”.
Si deve alla curiosità di una pittrice fiorentina, Francesca Minellono, se oggi possiamo goderne: ebbe il coraggio nel 1949 di trascinarsi dentro la grotta a suo rischio e pericolo, per uscirne con la rivelazione di una scoperta straordinaria.
Oggi quelle immagini ci raccontano l’ancestrale lotta dell’Uomo per la sopravvivenza, con il passaggio dalla caccia alla pesca seguendo i radicali mutamenti climatici, mentre emergeva il bisogno di credere agli idoli e di darsi forza attraverso arcaiche forme di ritualità religiose. In pratica esattamente come oggi, ma senza sovrastrutture.
Come si può verificare dalle immagini che abbiamo raccolto.
Info: http://www.grottadelgenovese.it/it/index.asp