Muvit, Museo del Vino di Torgiano (PG) dalla sensibilità dei Lungarotti
Uno dei più significativi contributi scientifici e divulgativi per fare comprendere che il nettare di Bacco è Cultura a pieno titolo, affermandone l’enorme rilevanza socio-antropologica: è uno dei meriti più eclatanti del Muvit, lo straordinario Museo del Vino di Torgiano in provincia di Perugia che grazie alla sensibilità intellettuale della famiglia Lungarotti offre ai visitatori la rara possibilità di emozionarsi con la conoscenza.
Il museo con grande perizia e serietà traduce la cultura materiale in umanistica, trascendendo il dato di bevanda alcolica del vino per sublimarlo a veicolo cognitivo per indagare radici etniche, rituali pagani, simbologie religiose, cemento aggregativo, atto agricolo, senza ovviamente trascurare il suo essere fondamento ludico ed eccellenza enogastronomica che illumina le tavole e, nel caso dell’Italia, diviene anche veicolo del buon nome del Paese.
Ideato e realizzato da Giorgio e Maria Grazia Lungarotti, aperto al pubblico nel 1974, gestito dalla Fondazione Lungarotti Onlus, ha sede nel suggestivo borgo di Torgiano “nella pars agricola del monumentale Palazzo Graziani-Baglioni, dimora estiva gentilizia del XVII secolo”.
Missione dichiarata è porsi “a sostegno dell’economia vitivinicola internazionale”, promuovendo il “dialogo tra vite e arti decorative” che “lo rende a tutti gli effetti un museo interdisciplinare” il cui percorso si sviluppa lungo venti sale che propongono “oltre 3000 manufatti esposti secondo criteri museografici rigorosi e scientifici”, come le millenarie urne perugine che ti accolgono appena metti piede nella struttura, chiarendo immediatamente l’elevato valore pedagogico del progetto e il suo legame con il territorio.
Si alternano quindi reperti archeologici che comprendono “brocche cicladiche e vasi hittiti; ceramiche greche, etrusche e romane; vetri e bronzi”…
… “attrezzi e corredi tecnici per la viticoltura e la vinificazione”…
… contenitori vinari che partono dalle antiche anfore, testimonianza anche di tanti naufragi e dell’intenso lavoro di recupero dell’archeologia subacquea…
… e arrivano a quelli in ceramica di età medievale, rinascimentale, barocca e contemporanea…
… senza trascurare la rudimentale e salvifica capacità di arrangiarsi del contadino con le più povere materie prime offerte dalla natura.
In questa enciclopedica manifestazione d’amore verso l’oggetto narrato trovano posto anche “incisioni e disegni dal XV al XX secolo”…
… e opere figurative a tema di artisti famosi come Picasso…
… “edizioni colte di testi di viticoltura ed enologia”…
… quindi “manufatti di arte orafa, tessuti ed altre testimonianze di arti decorative” che documentano “l’importanza del vino nell’immaginario collettivo dei popoli che hanno abitato, nel corso dei millenni, il bacino del Mediterraneo e l’Europa continentale”.
Tutto questo per fare comprendere come “a partire dal mondo antico, vite e vino, elementi portanti nella economia agricola di quei popoli, hanno alternato a valenze puramente economiche usi e significati religiosi e profani”, illustrando il ricorso fin dai tempi più remoti anche nelle arti e nei mestieri di una tensione alla forma e al decoro, adottando “il tema vitivinicolo e dionisiaco come filo conduttore per la lettura delle vicende storiche delle quali i singoli oggetti divengono espressione”.
In questo aiutano in maniera decisiva le rappresentazioni a grandezza naturale degli ambienti di lavoro, come la presenza di un vero torchio in legno di antica fattura…
… e di oggetti prettamente locali di uso domestico o liturgico, come le cialde, o i ferri che contemplano pezzi che vanno dal XIII al XVII secolo.
Metodologie di storytelling di un sapiente allestimento che attinge a tutti gli strumenti della museologia, ponendo a supporto della vocazione didattica non soltanto i testi di pannelli dai testi chiari, sintetici ed estremamente scorrevoli…
… che non rinunciano però alla ricchezza delle informazioni…
… ma ricorre anche ad altri linguaggi che agiscono sul livello dell’attenzione e la psicologia degli utenti, dall’infografica…
… alle più classiche mappature…
… dal dialogo dimostrativo tra immagine e materia…
… alla pura espressione della dagherrotipia.
… e ancora dalle esplicative ricostruzioni scenografiche…
… alla chiarezza induttiva dei diorami…
… fino alla finezza dell’oggetto usato come sineddoche, in cui un solo esemplare può rappresentare un intero ambito argomentativo.
Nota di merito per le visite guidate che offrono un autentico viaggio pieno di nozioni digeribili e di stimoli panici, emozionando con l’amore trasparente per la materia e ghermendo le sinapsi dell’osservatore con aneddoti carichi di affabulazione ma anche di riferimenti al presente, tali da scatenare parallelismi, confronti, riflessioni, in un prodigioso incontro in cui l’interesse endogeno viene attivato con elegante motivazione dall’intervento esogeno della guida che scatena meccanismi maieutici. Noi abbiamo avuto la fortuna di essere presi per mano da un Virgilio d’eccezione come Lorenzo Lepri che ha reso l’esperienza indimenticabile.
E’ dunque un vero gioiello espositivo questo museo che si deve alla pregevole azione della Fondazione Lungarotti che si muove lungo i binari della tutela della Memoria e del contributo gnoseologico universale, dimostrando come la sincera responsabilità sociale d’impresa possa incanalarsi sicura e competente verso la via dell’istruzione collettiva, assurgendo a pilastro dell’identità nazionale e contribuendo alla crescita identitaria e reputazionale di un’intera nazione.
Info: muvit.it/museodelvino/