Museo del Banditismo di Aggius, cruda memoria della Sardegna
Un viaggio sorprendente e a tratti perfino doloroso nel versante oscuro dell’anima sarda, segnata dall’ineluttabile crudezza di certe dinamiche ancestrali e da avvenimenti sociali in superficie aberranti ma che nascondono secoli di sofferenze sociali e lotte per la sopravvivenza: è tutto racchiuso nell’interessantissimo Museo del Banditismo che si trova ad Aggius, magnifico borgo nel cuore della Gallura, nel nord della Sardegna.
Un’esposizione coraggiosa nell’affrontare pagine di storia ancora imbevute di sangue e violenza, con la pregevole capacità di indagare con sguardo oggettivo un fenomeno di vibrante complessità che ha lasciato ancora ferite aperte nei ricordi collettivi.
La sua collocazione non è casuale, poiché “il paese di Aggius è stato l’epicentro del banditismo gallurese per circa tre secoli: dalla metà del Cinquecento, in pieno periodo spagnolo, alla metà dell’Ottocento, sotto la dominazione sabauda”, un “lungo e travagliato periodo” nel corso del quale si sono succeduti “omicidi, agguati, furti di bestiame e danneggiamenti” che erano all’ordine del giorno tra la disamistade (vendetta, faida) per ragioni d’onore e il delinquere per sussistenza.
Ogni lembo del territorio era funestato da un pezzo di tale realtà: “lungo i litorali delle Cussorge più lontane prosperavano del tutto impunite orde di contrabbandieri e di abigeatari, tanto che nel 1726 un rapporto molto dettagliato delle autorità locali attribuisce ad Aggius il ruolo di paese leader nel traffico clandestino di cereali”.
Malgrado tanta sopercheria anche assassina, l’immagine del bandito esercitava fascino sulla gente comune che vedeva nelle sue azioni degli atti di ribellione contro le ingiustizie del potere dominante, oppure assimilava la figura del bandito “a quella del diseredato, caduto in disgrazia per motivi d’onore e quindi meritevole di rispetto e protezione”.
Un sentimento popolare che non va liquidato come mera suggestione, bensì studiato in profondità, poiché contiene i germi di un malcontento secolare verso chi ha amministrato quest’isola che malgrado i tanti tesori non è riuscita ad affrancarsi pienamente da tutti i bisogni.
Va un plauso dunque alla missione assunta da tale museo di “non correre il rischio di mitizzare la figura del fuorilegge e di esaltarne le sue gesta”, bensì di diffondere attraverso esso “valori positivi per la costruzione di una mentalità che favorisca l’affermarsi della legalità e della moralità pubblica ad ogni livello”.
Un obiettivo perseguito attraverso “ricerche sulle testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente”, confluite in un allestimento simbolicamente collocato nel palazzo della vecchia Pretura, nella zona più antica del paese, poiché “proprio nei vicoli attigui a questo edificio, più di un secolo fa, furono commessi numerosi omicidi”.
Il percorso espositivo si articola in quattro sale, inevitabilmente segnate da teche che contengono armi…
… oggetti appartenuti ai banditi più noti, ognuno con il suo corredo di epica narrazione…
… reperti di abbigliamento e attrezzature dell’epoca…
… meravigliose documentazioni fotografiche sospese tra il mistero della fisiognomica e la constatazione empirica della prossemica…
… dove ogni volto cela una storia o evidenzia un dramma…
… fino a quel Catalogo de’ banditi del 1805 che diventa affresco a tinte forti di un’epoca.
Le visite sono accompagnate da personale molto preparato e appassionato che ha la capacità di trascinare in epoche apparentemente lontane, con rispetto verso la dimensione umana senza scivolare nella tentazione della condanna apodittica, bensì esercitando un lodevole sforzo di comprensione e contestualizzazione che si offre come riflessione che riguarda il vissuto di tutti noi.
Info: http://www.museodiaggius.it/museo-banditismo-gallura-sardegna/