Sotol Seis14, distillato ancestrale messicano da pianta selvatica locale
Seguendo la traccia dei distillati antichi si incontrano le trame di una narrazione antropologica alternativa e meno nota ma egualmente rilevante che intreccia storia sociale, biodiversità, ritualità, tradizioni, insomma, le radici stesse di ogni comunità.
In questo il Messico rappresenta uno sterminato giacimento di immenso valore umano quanto scientifico, poiché è tra i Paesi che maggiormente riescono a tradurre un elemento botanico e la sua lavorazione in un caposaldo identitario.
Ciò avviene soprattutto con i distillati, dei quali impressiona non soltanto il gran numero di quelli prodotti ma soprattutto che quasi sempre si tratti di nettari alcolici ancestrali realizzati in maniera artigianale. Dunque la mano del distillatore come perpetuazione di storie secolari, indefessa nel ripetere movimenti, accortezze e capacità basate su osservazioni empiriche e regole tramandate dalla notte dei tempi.
Da qui un effluvio di impieghi di medesime materie prime che vanno poi a distinguersi per significative peculiarità e ancor più per le differenze nel terroir, conducendo a una moltiplicazione di prodotti a Denominazione di Origine.
Osservando la loro composizione, si nota come questi distillati in buon numero discendano dalla pianta dall’Agave, come i celeberrimi Tequila e Mezcal, o i meno noti Bacanora e Raicilla. Una circostanza che mette ancora più in luce la rarità più affascinante dell’immenso mondo degli spiriti messicani, il Sotol, poiché al contrario dei precedenti deriva da una materia prima esclusiva usata soltanto per tale delizia, la Dasylirion, pianta della famiglia delle Asparagaceae tipica del deserto del Messico settentrionale.
Essa è prodotta soprattutto negli stati di Chihuahua, Durango e Coahuila, dove rappresenta addirittura la bevanda nazionale, ma è presente anche in alcuni degli Stati Uniti meridionali quali New Mexico, Arizona e Texas.
La parola sotol o zotol deriva da tzotollin, un vocabolo della lingua azteca náhuatl usata dalla popolazione indigena presente in Messico, termine impiegato anche dagli Anasazi, dai Tarahumara, dai Toboso e dagli Apache dal 205 d.C.. La parola sereque è invece il modo in cui il popolo Rrámuri chiama la pianta.
Gli esperti spiegano che “i Conchos, i Toni e gli Anasazi hanno prodotto, per ottocento anni, bevande fermentate dal sotol, tuttavia, la bevanda come è conosciuta oggi, viene realizzata dopo l’arrivo degli spagnoli, poiché ai nativi della regione erano sconosciuti i metodi di distillazione basati sull’uso dell’alambicco o anche di vasi di terracotta”.
Tuttavia la pianta è soggetto a impieghi di vario tipo fin dalla preistoria, come dimostrano pitture rupestri e reperti realizzati con le sue fibre che vengono datati fino a 9000 anni fa: veniva usato per realizzare rudimentali calzature, contenitori o strumenti di lavoro, ma si ritiene probabile il suo impiego già da allora per trarne bevande alcoliche o fermentate.
Il lemma Dasylirion con cui è indicata deriva dall’unione di due parole greche, dasys che significa “ruvido o spettinato” e leirion che indica il “giglio”.
La descrizione scientifica parla di piante perenni “con radici la cui diffusione orizzontale è da 2 a 8 millimetri di diametro, gli steli sono corti o allungati, spesso con tronco rialzato o inclinato, le foglie sono persistenti e numerose, formando estese rosette”, mentre tra gli elementi distintivi si annoverano infiorescenze paniculate, punte ricurve e apice fibroso, fiori piccoli, brattee floreali laciniate e membranose.
Esistono ventidue specie di Dasylirion, dodici delle quali rientrano nella Denominazione di Origine.
Sono necessari tra i dodici e i venticinque anni per la maturazione di una pianta che va raccolta al momento giusto e dalla quale si ricava da una a quattro bottiglie di distillato, per ottenere il quale si parte dallo stelo centrale…
… mentre è dalla testa o piña sottoposta a vari passaggi come cottura, triturazione e fermentazione che nasce il Sotol, bevanda alcolica la cui gradazione alcolica varia tra i 35 ei 55 gradi a seconda del produttore.
Tra i produttori più rinomati “ci sono quelli situati nella città di Chihuahua, nel comune di Santiago de Coyame, Aldama e nella regione di Delicias; tuttavia, dalla creazione dello standard messicano ufficiale, la produzione di Sotol è stata suddivisa in quattro regioni di produzione all’interno dello Stato di Chihuahua che sono: 1. Regione di Coyame, comuni: Ojinaga, Coyame, Chihuahua; 2. Regione Jiménez, comuni: Jiménez, Camargo; 3. Regione Valle Zaragoza, comuni: Valle, Saragozza, Satevó; 4. Regione Madera, comuni: Janos, Casas Grandes, Buenaventura, Ignacio Zaragoza e Madera.
Viene realizzato sempre artigianalmente pure negli stati di Durango e di Coahuila.
Se si distingue per una materia prima botanica esclusiva, il Sotol condivide invece con i suoi analoghi distillati prima citati le classificazioni che vanno da Sotol Blanco o Plata, al Joven, Reposado, Añejo e Extra Añejo; inoltre alcune distillerie “realizzano un prodotto noto come Sotol Cream, creato mescolando la bevanda alcolica con latte e altri ingredienti”.
Sul piano organolettico viene assimilato “ai mezcal del Messico centrale e meridionale” e alla tequila.
Inoltre “può essere invecchiato in botte, oppure in modo rustico in bottiglia aggiungendo uvetta e noci che ammorbidiscono il sapore: gli vengono attribuite varie proprietà, tra cui il controllo del glucosio nei diabetici”.
Il merito della scoperta di questo magnifico elemento di cultura liquida chi scrive deve attribuirlo con gratitudine alla meritoria Compagnia dei Caraibi, società di distribuzione che sempre più assume i connotati di appassionata struttura di divulgazione intellettuale, grazie alla sua attentissima e scrupolosa attività di rabdomante di istanze anche pedagogiche legate al culto del bere meditato e responsabile, commovente nel suo scavo archeologico alla ricerca delle più rare e introvabili referenze che abbiano nel proprio Dna un portato narrativo fatto di piccole vicende familiari come di antichissime saghe popolari.
In questo caso Compagnia dei Caraibi per diffondere la conoscenza del distillato in oggetto ha importato e distribuito lo straordinario Sotol Seis 14, realizzato da “una società dedicata alla produzione, commercializzazione e promozione di distillati messicani ancestrali unici”, con l’obiettivo di “promuovere e accrescere la cultura di Sotol in Messico e nel mondo, portando sempre nuove tecniche sul mercato per valorizzare la nostra denominazione di origine, curando e portando parallelamente gastronomia, cultura, campo e visione per il futuro”.
In questo caso la referenza è il Grand Sotol Joven “prodotto in Chihuahua, Messico, a partire dalla selvatica pianta di Dasylirion Texanum sottoposta a cottura in antichi forni di terra, fermentazione all’aperto in barili di legno e doppia distillazione in alambicchi di rame”.
La sua gradazione “è del 45% su un contenuto di 700 ml servito in bottiglia trasparente, così come il suo colore”.
Una declinazione premiata a tutti i livelli, dagli esperti come dai consumatori.
L’approccio olfattivo già chiarisce l’imponente originalità del Sotol, annunciandosi con un potente profumo di combustione di legna d’ulivo, insieme a sandalo e incensi orientali.
In bocca rimane forte un torbato che rimanda al grano arso, cui si aggiungono note erbacee amaricanti di asperula e pino mugo, mentre il resto delle sensazioni evoca radici di liquirizia, sorbo dell’uccellatore e screziature terrose simili al tè Pu-Erh.
Intensamente acido, dai risvolti balsamici, ha un finale persistente che si appropria a lungo di ogni papilla gustativa.
Comprendiamo il suo crescente successo presso i mixologist, per il fantasmagorico spettro percettivo che si presta ai più svariati abbinamenti…
… ma degustato in purezza è un viaggio imperdibile tra le maglie del tempo, i misteri di civiltà scomparse e la gioia atavica di bere con la mente.
Info: https://seis14.com.mx/