MOO, il Museo dell’Olivo e dell’Olio a Torgiano (PG) che narra radici remote della nostra civiltà
Un’istituzione culturale di altissimo profilo in grado di affermare definitivamente il fondamentale valore intellettuale del cibo e dei prodotti agricoli, ponendoli finalmente al vertice della piramide dell’Istruzione: è il MOO, Museo dell’Olivo e dell’Olio con sede a Torgiano in provincia di Perugia, frutto dell’azione filantropica della Fondazione Lungarotti Onlus cui si deve pure quell’altro gioiello che è il MUVIT, il Museo del Vino di cui abbiamo già parlato su queste pagine (https://www.storienogastronomiche.it/muvit-museo-del-vino-torgiano-pg-dalla-sensibilita-dei-lungarotti/).
Anche in questo caso la spinta creativa è venuta da Maria Grazia Marchetti Lungarotti su desiderio di Giorgio, individuando “in un piccolo nucleo di abitazioni medievali all’interno delle mura castellane” di tale splendido borgo nel cuore dell’Umbria l’ambiente ideale per tale progetto museale incentrato sull’olio d’oliva, trattandosi di un edificio un tempo sede di un frantoio, attivo fino a pochi decenni fa.
Il percorso comprende undici sale come altrettante tappe della Conoscenza, il cui inappuntabile valore scientifico è affermato fin dai primi passi da “informazioni redatte dal C.N.R. sulle caratteristiche botaniche dell’olivo, sulle cultivar più diffuse in Umbria, sulle tecniche tradizionali e d’avanguardia di messa a coltura e di estrazione dell’olio, affiancate da mappe sulla diffusione storica dell’olivicoltura”…
… cui segue “una ricca documentazione relativa alla storia e all’evoluzione delle macchine olearie dai primi mortai in pietra del V millennio a.C. all’introduzione del trapetum (la vasca di origine greca, utilizzata dai romani, in cui si muovono le due ruote emisferiche) sino al richiamo ai più moderni impianti e all’invenzione del sistema a ciclo continuo che ha segnato l’avvio per la nuova elaiotecnica”.
I due piani superiori si concentrano sugli aspetti antropologici, approfondendo “la presenza dell’olio e dell’olivo nel quotidiano, gli usi e le valenze ad essi attribuiti nel corso del tempo”, trattando “l’origine mitologica della pianta, il rilievo dell’olivicoltura, dall’economia romana alla ripresa medievale sino ai secoli recenti”, quindi “l’olio come fonte di illuminazione, nelle religioni monoteiste mediterranee, nella medicina e nell’alimentazione, nello sport, nella cosmesi, come fonte di riscaldamento e come elemento significativo di un immaginario popolare che alla pianta e al prodotto derivato dal suo frutto ha attribuito – e in parte ancora attribuisce – valenze simboliche, propiziatorie, apotropaiche e curative”.
L’effetto della visita è quello dell’immersione in un lungo appassionante trattato tridimensionale di una parte fondamentale della Storia dell’Uomo, partendo dagli scavi di Ebla che “documentano dal III millennio a.C. la presenza del commercio dell’olio in area siro-palestinese”, passando per la Grecia in cui “l’olio è immediata presenza nell’alimentazione, cosmesi, religione, rituali, agonismo” mentre nella medicina è “lenimento, emolliente, componente di unguenti medicamentosi”…
… quindi la Roma imperiale con gli olii profumati per la cosmesi e il Cristianesimo che invece ne sposterà l’impiego come medicina e rimedio, con i monasteri che lo eleveranno a liturgia, mentre l’invasione islamica lo pone alla base della Scuola Medica Salernitana del X secolo; infine con il Rinascimento “l’olio permane incontrastato vuoi nella direzione scientifica della prima vuoi nella seconda, sempre più volta alla dimensione magico-religiosa”.
Era difficile razionalizzare tanta materia, ma il museo ci riesce operando scelte brillanti, tra schemi gnoseologici consolidati e dispositivi dettati dal buon senso divulgativo.
Inevitabile così muovere dalla “premessa botanica riguardante la pianta, avvalorata dalle planches con le cultivar presenti in Umbria”, perché la struttura ha l’intelligenza di non dimenticare mai il territorio di appartenenza, rinunciando al pericolo di volersi ergere a sineddoche assertiva del mondo oleario, per intraprendere invece con umiltà pari a un’elevata illuminazione pedagogica un esemplare dialogo con la comunità di appartenenza, in una dialettica tra il generale e il particolare che rende dinamica l’esposizione incanalandola su un doppio binario di scoperta, anche perché l’Umbria possiede una delle vicende più significative dell’olivicoltura.
Qui emerge l’efficacia dei pannelli curati dal CNR “che richiamano le fasi e i luoghi dell’estendersi dell’olivicoltura, dalle origini ad oggi”, mentre “all’Accademia dei Georgofili si deve la riproduzione delle preziose carte d’archivio che rappresentano la coltura dell’olivo, dall’impianto alla raccolta” accompagnate dalla presenza materiale di attrezzi.
Da segnalare come caso a parte il dotto pannello dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari che ricorda come “in età moderna l’olio esca progressivamente dalla logica quaresimale per il prevalere di nuovi modelli gastronomici, mentre al nord delle Alpi dal XV secolo prevale il burro”.
Preziose e numerose le opere mediche esposte, molte delle quali riportano alla lezione di Ippocrate, tra pubblicazioni secolari e raffinati ricettari.
Ricca anche la dotazione di reperti archeologici che rafforzano il valore epistemologico dell’esposizione tanto sul piano dimostrativo quanto su quello della certificazione del museo quale strumento didattico riconosciuto.
Interessante la rievocazione del Grand Tour che dopo il ’600 toccherà anche il “paesaggio umbro olivato”…
… quasi annunciando l’odierna evoluzione non più elitaria nella Strada dell’Olio Dop Umbria e in generale in tappa importante del turismo enogastronomico colto.
Pregevole l’allestimento anche negli aspetti più tecnici, a partire dal sapiente utilizzo dalla luce che di stanza in stanza varia continuamente in intensità e calore, con apprezzate applicazioni del chiaroscuro.
Folgoranti inoltre i dettagli, come l’inserimento di lampi di saggezza popolare all’interno di decori d’arredo.
Una visita al MOO è importante per comprendere non soltanto cosa sia la cultura materiale e quanto incida nella nostra civiltà, ma anche per cogliere dettagli intimi dell’identità umbra.
Info: https://www.muvit.it/museodellolio/