Dalla cantina di Paolo Petrilli in Puglia, Cacc’e Mmitte di Lucera e Nero di Troia biologici
Quando le radici di un’azienda familiare affondano in una terra ricchissima di storia vitivinicola dalla forte caratterizzazione locale, essa si sente come investita da una missione che sublima l’attività imprenditoriale per ascendere alle vette di una missione vitale per la tutela e valorizzazione di un’eredità storica: è quanto avviene in Puglia con la cantina Paolo Petrilli, nella vocatissima Lucera in provincia di Foggia.
Precisando la collocazione, la cantina si trova nell’area più prestigiosa di Lucera chiamata La Motticella o Motta della Regina, un “insediamento antichissimo, riportato sulle mappe già prima del mille”.
Si trattava in origine di un luogo di sosta “lungo la strada fra Lucera nell’interno e Lesina avamposto di Venezia sull’Adriatico; più tardi feudo dei Caropresa, degli Zunica e dei Serra di Cassano”.
Su questa storia millenaria si innesta quella secolare di Paolo Petrilli, nonno omonimo dell’attuale titolare, il quale compera l’area agli inizi del novecento con la dote di nonna Teresa, accorpandola “alle aziende di famiglia a confine: Feudo, Bisciglieto, Sequestro e De Iulio”.
Tutto qui ha nobilissime e remote radici, pure la masseria tutta imbiancata a calce che risale al Settecento, in cui la famiglia Petrilli abita stabilmente dal ’97.
E’ il contesto in cui i Petrilli hanno deciso di perseguire il grande sogno di “far arrivare nelle tavole dei nostri amici consumatori, vini, pomodori e pasta di nostra produzione biologica”.
Il rigore da queste parti è assoluto quanto l’intransigenza, in particolare su territorialità, identità e rispetto sulla natura, all’insegna del motto “sempre lavoriamo per la massima qualità, senza compromessi”.
Qui il biologico non è una moda bensì una radicata convinzione etica decennale, visto che coltivano “con tecniche di agricoltura biologica dal 1988” e lavorano “ancora oggi come una volta, artigianalmente”.
Per questo “ci impegniamo in tutte le fasi della produzione e nella scelta dei nostri partner, mantenendo sempre livelli altissimi di qualità e sicurezza alimentare”.
Lʼambiente è al primo posto, dall’utilizzo di “solo energia prodotta dalle centrali idroelettriche delle Dolomiti” alla sostenibilità assoluta che comporta la rinuncia a qualsiasi prodotto chimico perché “sfruttiamo la naturale fertilità del terreno e favoriamo la biodiversità dellʼambiente”.
Una politica aziendale così basata sulla responsabilità sociale non può che racchiudere i suoi punti chiave in un codice etico “che evidenzia il nostro obbligo assunto su temi come il rispetto dei diritti individuali, la sicurezza dei luoghi di lavoro, la motivazione, il dialogo e il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori, i buoni rapporti con partner e clienti finali e il legame tra impresa e territorio”.
Stessa massima serietà nella produzione del vino, il quale “proviene da uve solo nostre, al 100% biologiche e lʼetà delle vigne ne migliora di anno in anno la qualità”: esse si trovano “sul poggio della nostra azienda, intorno ai fabbricati, su un terreno molto calcareo, esposte a sud e sempre inerbite con piante spontanee”.
Sono 11 ettari di vigna in cui “il Nero di Troia è la varietà prevalente, poi Sangiovese, Montepulciano, Aglianico, Bombino, non una sola pianta di varietà internazionali: la densità è di cinquemila piante ad ettaro e le rese delle uve vanno dai 50 ai 90 quintali ad ettaro”.
La severità è a tutto campo e coinvolge perfino l’esito commerciale, perché alla Petrilli preferiscono saltare l’annata quando ritengono che il prodotto non sia allʼaltezza ed è già successo ben cinque volte in vent’anni.
Accuratissima la lavorazione, con la vendemmia svolta in maniera manuale e la vinificazione che avviene “in tini tronco conici da 10 ql, secondo pratiche enologiche bio e vegan, con la fermentazione spontanea del mosto e lʼaffinamento del vino in acciaio o in rovere francese non tostato, senza lʼutilizzo di sostanze chimiche di sintesi o prodotti di origine animale”.
Per la degustazione, d’obbligo partire con le due declinazioni di Cacc’e Mmitte di Lucera, illustre tradizione locale.
Agramante deriva dall’insieme di Nero di Troia, Sangiovese, Montepulciano e Bombino, producendo un bouquet di sottobosco e muschio, mentre al palato propone prugna, carruba, sorbo, rabarbaro e cioccolato bianco. Un’elegante acidità rende scorrevole la beva, dotata di un sorso leggero e speziato.
Il Motta del Lupo assembla il 60% di Nero di Troia e il rimanente di Montepulciano e Bombino Bianco, rappresentando una sorta di versione più fresca e soprattutto maggiormente fruttata del precedente, esaltando così la fragranza di piccoli frutti rossi come fragola e ribes, ottenendo una formidabile beva e un notevole eclettismo nell’abbinamento a tavola.
Altro rosso tradizionale è il Nero di Troia in purezza del Motta del Lupo per il quale è stata scelta la via della maturazione in solo acciaio che lo riporta ai suoi meravigliosi echi contadini di un vino sincero e bevibilissimo a tutto pasto che cattura con profumi intensi di frutti di rovo che si ritrovano in bocca in forma di mora, seguita da gelso nero, lampone, karkadè, pepe bianco.
Brilla anche per l’acidità e per le sue note salate.
Petrilli si è messo alla prova pure con un Brut metodo classico da Bombino bianco in purezza, fruttato all’olfatto e con un approccio abboccato al palato intriso di albicocca, limone, pera, litchi e tè verde.
Carnoso al sorso ma molto goloso nella beva, riesce a soddisfare i gusti più disparati, comportandosi egregiamente nell’accostamento ai cibi.
Ci sono tanti altri elementi di fascino in questa attività vitivinicola: per scoprirli, basta ascoltare le parole di Paolo Petrilli nel video seguente.
Info: https://www.paolopetrilli.it/vino/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/petrilli-paolo/