La Casa di Ninetta, il più emozionante ristorante di Napoli
Il più emozionante ristorante di Napoli. Senza ombra di dubbio. Ma è una definizione perfino riduttiva per La Casa di Ninetta.
Perché non è semplicemente un ristorante, bensì un luogo di altissima Cultura, dai libri che occhieggiano da più parti, fino al modo alto e coltissimo di intendere la Cucina.
Perché non è semplicemente il ristorante in cui si mangia meglio: qui, ogni morso a una pietanza alimenta anche il tuo Sapere, ogni atto di golosità è al tempo stesso pura Erudizione.
Perché non è semplicemente il più emozionante, ma anche quello più necessario, essendo custode dell’antica Memoria gastronomica (e non soltanto) di Napoli, svolgendo un’azione di tutela dei beni culturali edibili che pretende enorme rispetto e convinto plauso.
Del resto, come potrebbe essere un semplice luogo di ristorazione un locale che ha lo stesso nome di un monologo teatrale tradotto anche in un volume pubblicato nel 2009 da Marsilio, entrambi firmati dalla grandissima Lina Sastri: opere dedicate alla madre Anna, detta Ninetta, capostipite della famiglia cui si deve il gioiello di posto di cui stiamo scrivendo.
Un racconto che l’Artista ha definito “un flusso dell’anima”: alla stessa maniera si può definire questo locale accoccolato nella riparata via Niccolò Tommaseo, al numero 11.
Un “interno napoletano” arredato con capolavori di antiquariato, scovati in ogni parte d’Italia, recuperati con fatica, portati fino al locale con sacrificio. Perché tutto deve restituire la viva e calda atmosfera di una casa napoletana che emani tradizione, coltivando il Pensiero alla stessa stregua del Gusto.
Basta vedere come si presenta il menù, per comprendere la filosofia della sua gestione. La lista delle vivande scaturisce dai ricordi d’infanzia di Carmelo Sastri, fondatore e anima del ristorante, il quale ha ricostruito nel menu un pezzo di memoria collettiva dell’antica Napoli, attingendo a piene mani dalla grande tradizione della cucina povera.
Alla voce “la nostra cucina” sfavillano così “Ziti spezzati a’ Genovese, Pasta e patate con provola, Manfredi alla ricotta, Bucatino a’ Puveriello, le nostre specialità come primi”, ovvero le pietre angolari di quel patrimonio mondiale che è la cucina tradizionale napoletana.
Da qui un nostro vivo suggerimento: provateli tutti, se potete, così da poter dire di avere finalmente capito Napoli.
Caratteristica comune di tutti questi primi piatti, la perfetta cottura al dente della pasta. E’ sempre messa nel piatto in quel preciso istante sospeso tra il crudo e lo scotto, per individuare il quale occorre essere un fuoriclasse dei fornelli, uno in grado di cogliere l’attimo esatto in cui la bollitura ha raggiunto il suo apice. Può riuscirci soltanto un cuoco che sente la pietanza nel suo divenire e ne raccoglie l’esito nel momento in cui è al massimo della propria espressione. Un cuoco come quello della Casa di Ninetta, Marco Foderaro, del quale ci ha sbalordito non soltanto la capacità, ma anche la sorprendente giovane età.
La prima dimostrazione della qualità eccelsa di questo lavoro in cucina arriva con la pasta e patate con provola, dove anche il condimento ha magnifica consistenza, esprimendo una golosità arcaica.
Il Bucatino a’ Puveriello commuove già a vederlo: non soltanto perché ti ritrovi nel piatto la Storia più autentica di Napoli, ma anche per il suo aspetto che ha la stessa umile ma altissima dignità delle generazioni di napoletani che ha sfamato.
Ai gourmet lo si potrebbe raccontare quasi come una carbonara scomposta, questo miracolo di bontà in cui la pasta è mantecata con il liquido di cottura generato dallo stesso uovo che intero vi troneggia in cima.
Scura, densa, rustica: dopo anni in cui sentivo favoleggiare di come dovesse essere davvero a’ Genovese, finalmente ho potuto constatarlo di persona qui alla Casa di Ninetta. Questo condimento a base di cipolle si incunea tra la fierezza degli Ziti spezzati, facendolo con un’inaudita dolcezza, rincorsa da una stuzzicante acidità che spinge il piatto sulle note del sublime. Piatto clamoroso.
Questi tre piatti sono i cardini della memoria gastronomica della città: da soli, valgono un pellegrinaggio a piedi fino a qui, perché se vale il detto “vedi Napoli e poi muori”, occorre necessariamente aggiungere “non prima di avere provato questi tre strepitosi primi alla Casa di Ninetta”.
In nessun posto tali piatti possono essere sinceri come in questo ristorante, fortemente voluti in carta dal suo gestore, quel Carmelo Sastri che queste pietanze le mangiava già da bambino e le cui ricette ha mutuato dalla nonna e dalla mamma, entrambe donne dell’800, depositarie dei segreti secolari della vera cucina napoletana.
Ecco come Carmelo, detto Carmine, racconta questi tre primi.
Il viaggio nei numeri primi della cucina partenopea lo concludiamo con i Manfredi con la ricotta, ricetta che si porta dietro l’aria della festa delle famiglie napoletane di un tempo: la gentile dolcezza della componente latticina si unisce trionfalmente con la sublime acidità del ragù napoletano fatto come una volta, con l’esito di un piatto di saettante bontà.
Anche il vino nel locale dà grandi gioie. Il pasto lo abbiamo iniziato con il Falerno del Massico bianco della cantine Moio, un sospiro minerale tra le falesie aromatiche tipiche della Falanghina, con un finale abboccato che si attacca alla lingua come in un intenso abbraccio.
Abbiamo quindi proseguito con un consigliatissimo Aglianico della casa, davvero eccelso: lievemente vivace, ha note di melograno esaltate da una fervida acidità beverina, fino a un finale di rosa canina che riannoda i fili della percezione con l’olfatto.
Tutto questo avviene sotto lo sguardo penetrante della bellezza diffusa in ogni angolo del locale…
… dove perfino la toilette dispensa grazia e raffinatezza…
… perché qui nessun particolare è lasciato al caso…
… mentre su ogni parete è presente il teatro, come lo è nella storia della famiglia Sastri: infatti Lina qui è di casa, per condividere con tanti colleghi dello spettacolo e della cultura la cucina di famiglia perpetuata dal fratello Carmelo.
Un’atmosfera così umana e riflessiva che ogni avventore ha la sensazione di vedervi specchiata la propria essenza…
Perché questa cucina è talmente intima che provarla significa davvero entrare in famiglia, quella dei Sastri e per esteso la grande genia dei napoletani che amano talmente tanto la propria identità da farne il cardine della loro esistenza.
E’ con schietta emozione che Carmelo Sastri parla del suo locale, dove auguriamo a tutti di transitare almeno una volta nella vita… anche se una sola volta non vi basterà.
Info: www.lacasadininetta.it