Giovanni Gregoletto spiega le ragioni del successo del Prosecco e ne racconta l’umanità
Il debordante successo mondiale del Prosecco è sempre di più oggetto di dibattito, tra i toni trionfali di chi vede nel vino soltanto un business e i malumori di coloro che invece lo vivono come stortura finanziaria di un atto che dovrebbe essere principalmente agricolo e strettamente territoriale, schermaglie partigiane nelle quali si fatica a trovare riflessioni profonde oggettivamente plausibili: per questo ci ha fortemente colpiti il pensiero del personaggio più originale, libero e creativo del mondo del vino attuale, quel Giovanni Gregoletto diventato stimatissima figura di culto per la sua capacità di avere portato con ispirata potenza incendiaria la poesia e la dissacrazione in un ambiente come quello enoico troppo spesso vocato alle aride ragioni della finanza e che si prende drammaticamente sul serio.
E’ come se Gregoletto avesse riannodato il filo spezzato della narrazione lirica di tale piccolo mondo baccante, mettendosi a camminare la terra con il rigore intellettuale e la curiosità empirica di Luigi Veronelli ma approdando alla sua descrizione memore della lezione di Mario Soldati.
Se però quest’ultimo si è lasciato trasportare con placido spirito goethiano dal sontuoso fluire sinusoidale del Po, Giovanni invece con irrequietezza omerica sembra un rinnovato Ulisse che affronta il mare in tempesta di una sfida fuori dal tempo, attingendo urgenza dalle fulminanti rappresentazioni del mondo in fragoroso divenire operate dai futuristi, ammorbidendone l’eccesso di dinamismo con la grazia della parola resa florilegio in forma di collage secondo la sensibilità di Ardengo Soffici, forgiando la parola quasi staccandola dal rapporto significante-significato con la furibonda libertà di Apollinaire.
Tanta attitudine all’estro dissacratorio consapevole e necessario ci porta infine a inevitabili accostamenti al laboratorio permanente di trasgressioni dadaiste di Tristan Tzara, ma con lo sguardo puntato anche alle letteralmente incendiarie provocazioni situazioniste di Guy Debord.
Accostare tutta questa densità culturale al mondo del vino equivale ad appiccare il fuoco catartico in un granaio della memoria, ma senza alcun vandalismo, bensì con lo spirito di rigenerare un mondo che si è allontanato dalla sua essenza più emotiva.
Ed ecco cosa piace ancor di più di Gregoletto, il non lasciare rimanere lettera morta la sua temperie cognitiva, bensì trasformarla in opere e azioni, senza distinguere che siano un libro o un birrificio, un museo o un nettare d’uva.
Di tutta questa sua attività abbiamo appena parlato nell’articolo Vallis Mareni, Prosecco d’autore libero e creativo da cantina itinerante di Giovanni Gregoletto (https://www.storienogastronomiche.it/vallis-mareni-prosecco-dautore-libero-e-creativo-da-cantina-itinerante-di-giovanni-gregoletto/), nel quale si svela il rapporto inevitabilmente empatico con un’altra realtà che da decenni ormai instilla nel settore enoico poesia, cultura, letteratura, storia e istanze antropologiche, il distributore Proposta Vini fondato da Gianpaolo Girardi, sodale interlocutore naturale di Gregoletto.
Un rapporto che sul piano professionale si svolge all’insegna dalla parte nobile e aulica del Prosecco, macro-sistema del buon bere cui Gregoletto è fortemente legato a partire da ragioni familiari, essendo lui “rampollo di una famiglia che appartiene alla storia del Prosecco” fin dall’inizio del ’600, nella vocata zona di Premaor di Mianem, in provincia di Treviso.
Una dantesca virtù di schiatta che porta Giovanni a riflessioni di rara sensibilità sull’aspetto oggi meno noto e illuminato del fenomeno Prosecco, ovvero la densa umanità a esso sottesa, fatta di idilli bucolici e bozzetti impressionistici della vita di provincia, vividi racconti (ancora) soldatiani e prosa che rimbalza tra Gianni Brera e Giovannino Guareschi, senza dimenticare l’epica romantica di Hugo.
Questo addensamento di spunti porta Gregoletto a interrogarsi sulle reali ragioni del successo madornale del Prosecco, la cui deflagrazione commerciale ha evidentemente stupito anche lui che invece lo aveva sempre vissuto fin da piccolo con la naturalezza di un elemento identitario della propria quotidianità.
A tale interrogativo Giovanni, dopo attenta e profonda analisi, ha trovato la preziosa risposta che ci ha esposto in un video con la sua consueta sensibilità mista a irresistibile capacità affabulatoria: possiamo goderne cliccando qui sotto.
Info: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/vallis-mareni/