Le Vigne di San Pietro, i vini veneti del poetico Carlo Nerozzi dalle colline moreniche del Garda
Il legame tra vino e poesia non lo scopriamo certamente noi essendo consolidato da millenni tanto che ne è intrisa perfino la figura stessa di Bacco, ma emoziona lo stesso oggi scorgere un continuo e convinto afflato lirico in pensieri e azioni di un vignaiolo come Carlo Nerozzi, intento a fare vini come se si trattasse di scrivere versi con Le Vigne di San Pietro a Sommacampagna, in provincia di Verona: in quale altro modo in fondo si potrebbe definire un produttore che chiama una sua referenza Ho scritto t’amo sulla sabbia (sic!), incrociando l’esistenzialismo dell’Hermann Hesse di Scritto sulla sabbia (“amiamo ciò che ci somiglia e comprendiamo ciò che il vento ha scritto sulla sabbia”) e l’ingenuità naïf delle canzoni degli anni ’60 come quella del duo vocale Franco IV e Franco I di cui la denominazione di tale bottiglia è citazione diretta (“ho scritto t’amo sulla sabbia e il vento a poco a poco se l’è portato via con sé”).
Il lirismo si conferma quando Carlo Nerozzi definisce il proprio territorio “una piccola isola tra le colline moreniche del Garda”, mutata in azienda vitivinicola da circa 10 ettari nel 1980 per volere dai suoi genitori Sergio e Franca, come racconta lui stesso: “mio padre decise di trasferire la famiglia che abitava in città, in campagna, cercando un luogo che potesse abbinare bellezza, natura e produttività; dopo due anni di paziente ricerca il destino ci ha portato qui, in questo luogo unico, a due passi dalla bella Verona e dal lago di Garda”.
Luogo in cui “la terra è vocata per produrre uva da vino e molti antichi resti lo testimoniano assieme alla qualità che negli anni siamo riusciti ad esprimere cercando di comprendere la ricchezza di queste terre” prosegue Carlo, specificando che “il suolo è argilloso calcareo, morenico, di origine glaciale, ricco di minerali”, mentre il microclima che risente del lago di Garda vicino “aiuta la vite ad esprimere la sua funzione e a trarre il meglio dal terreno”.
Le vigne a loro volta “sono allevate in mezzo a un parco denso di varietà arboree che creano un’ampia biodiversità molto utile allo sviluppo equilibrato” delle stesse.
Parole che delineano la personalità di Nerozzi, il quale si definisce “architetto di formazione, creativo di carattere e contadino per necessità: il vino per me è un media, un mezzo espressivo che facilita la mediazione culturale, l’incontro e lo scambio di saperi tra le persone”.
Una vivacità intellettuale tutt’altro che solipsistica, come rivela lui stesso nel sottolineare il confronto con questo mestiere da oltre trent’anni con l’aiuto anche dell’amico “Federico Giotto, un giovane agronomo ed enologo che da quindici anni mi aiuta ad esprimere, con maggiore rigore e perizia tecnica, il mio stile nel fare vino”.
E lo stile enoico eccolo bello e descritto: “amo i vini eleganti, interessanti che esprimono profondità senza irruenza e sanno evolversi nel tempo amplificando ciò che all’inizio è soltanto percepito; amo la mineralità, i colori trasparenti e caldi, i profumi sottili e seducenti: questo è ciò che cerco di esprimere con i miei vini”.
Tutto ciò avviene nei vari appezzamenti di terreno che coltiva.
San Pietro “è il vigneto che abbraccia la sede aziendale e la mia casa per circa 4 ettari” con in gran parte filari a guyot e cordone speronato orientati da nord a sud; Balconi Rossi è invece “il vigneto acquisito negli anni novanta che dista qualche chilometro dalla sede” in cui i filari sono esposti nord-sud”.
I terreni “non vengono lavorati e l’erba tra le vigne è gestita meccanicamente senza uso di diserbanti: viene utilizzata la pratica del sovescio per arricchire i terreni e aumentare la biodiversità”, mentre le uve “vengono raccolte a mano in casse e lavorate previo raffreddamento entro poche ore dalla raccolta”.
Le varietà presenti “sono Garganega, Trebbiano, Trebbianello, Manzoni Bianco, Cortese per le uve a bacca bianca, Corvina, Rondinella, Cabernet Sauvignon e Merlot per le uve a bacca rossa”.
Nel declamare i vini di Nerozzi non possiamo non partire da Ho scritto t’amo sulla sabbia, spettacolare rosato rifermentato sui lieviti con il romantico metodo familiare che strabilia subito con il suo bouquet di fragola, frutto che ritroviamo al gusto tra virgole di ribes, litchi, nettarina e karkadè, vibrazioni attraversate da un tono amaricante predominante.
Convintamente secco, austero, antico, si fissa nella memoria come uno dei più originali nettari del Paese.
Venendo ai classici territoriali, ci muoviamo dal Custoza in due versioni, frutto entrambe dell’assemblaggio di uve Garganega, Trebbianello, Trebbiano, Cortese e Manzoni Bianco. La versione basica, maturata 6 mesi in vasche d’acciaio e 3 in bottiglia, propone zagara al naso e alla bocca offre ananas, albicocca e mela, con screziature erbacee e carezze di camomilla.
Il Sanpietro invece matura 6 mesi in tonneaux e altri 6 in bottiglia, irrobustendo il corpo e la parte materica, aggiungendo in questo modo ai cenni tropicali pure pera coscia, pesca tabacchiera e spezie orientali.
Il rosso della tradizione qui è il Bardolino, pure in questo caso proposta in due versioni, fedeli al blend di Corvina, Rondinella e Merlot.
Quello base punta così tanto su freschezza, frutto e spezie che “si può abbinare anche a piatti di pesce e servire leggermente freddo”, affondando l’olfatto in un vivido sottobosco che trasferisce al palato mirtilli, ribes rosso e corbezzolo, con un pizzico di pepe rosa.
Il Superiore introduce venature zuccherine maggiormente convinte e qualche scultoreo muscolo, rendendo il sorso più spesso e caldo nel trasmettere lampone, corbezzolo e carruba.
La Corvina in purezza dà vita a Come un pino nero, avendo il vinificatore trovato un’assonanza organolettica tra questi due vitigni di forte personalità.
Il sottobosco al naso è d’obbligo ma qui si avvertono sia pure in chiave secondaria note di corteccia, mentre in bocca la mora di rovo e il sorbo legano con il rabarbaro.
Chiusura con Le Vigne di San Pietro che si mette alla prova con gli internazionali Cabernet Sauvignon e Merlot nel Refolà, mantenendo però “la tradizione veronese dell’appassimento delle uve” per esprimere eleganza e forza di tali vitigni.
Il naso conduce tra frutti rossi e vegetazione boschiva, traducendosi al gusto in visciole, composta di prugna, cioccolato bianco, con un tocco di frutta secca.
Dopo averlo tanto citato, possiamo adesso ascoltare Carlo Nerozzi che ci fornisce maggiori dettagli sull’attività della sua cantina: basta fare partire il video che trovate subito dopo.
Info: http://www.levignedisanpietro.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/le-vigne-di-san-pietro/