Le grottesche della Volta Pinta ad Assisi, gioiello nascosto da scoprire
Rischi di non accorgerti di esse, sconvolto dalla potenza dell’emozione di trovarti tra le strade del percorso di san Francesco o distratto dallo splendore di edifici e memorie architettoniche del passato di un borgo favoloso come Assisi, eppure sono lì, in un angolo della Piazza del Comune su cui si affaccia il corridoio a botte di una loggia costruita nel 1342: sono le grottesche della Volta Pinta, fantasmagorici affreschi commissionati nel 1556 dal governatore Marcello Tuti da Siena a Raffaello del Colle detto Raffaellino, artista toscano di Sansepolcro (1495 – 1566), anche se secondo altri studiosi si sarebbe invece trattato di Raffaello Coda da Rimini.
Si tratta di un’esplosione di libertà tematica e figurativa tipica di quegli anni in cui affiora appunto il tono grottesco della rappresentazione, a segnare un umorismo più urticante e aggressivo del solito tanto da attingere a metafore anche ardite, secondo alcuni frutto dell’ispirazione dovuta alla romana Domus Aurea voluta da Nerone.
Ricchissime le allegorie, attinte al mito, alla natura ma anche al teriomorfismo (“attribuzione di forma animale a divinità o ad altre entità come spiriti e demoni, del culto e della mitologia” come spiega la Treccani).
A renderle ancora più suggestive, il doverle osservare con la testa all’insù, postura che porta a un senso di vertigine e spaesamento che potrebbe essere assimilato a una sorta di sindrome di Stendhal meccanica.