Pravis in Trentino, quando i grandissimi vini nascono dalla vivacità intellettuale
Una fibrillante vivacità intellettuale che spinge a una sterminata conoscenza in materia ampelografica, stimolando ricerca storica di viti identitarie, scavo bio-archeologico alla ricerca di antiche uve scomparse, sperimentazione moderna di varietà alloctone, giungendo a una generosissima produzione che impressiona per la quantità ma ancor per la qualità: è il mondo di Pravis, brillante cantina che opera a Lasino in provincia di Trento.
Il distributore Proposta Vini la presenta come “un’azienda nata da un’amicizia inossidabile tra Domenico, Mario e Gianni che, un po’ alla volta, stanno affidando le redini a Erika e Giulia, figlie di Domenico e Lina, e Alessio, figlio di Gianni”.
Per sostenere l’imponente produzione frutto della citata ricerca culturale “coltiva diversi vigneti sparsi ai piedi del Monte Bondone e nella Valle di Cavedine che, parallela alla Valle dei Laghi, da questa si differenzia per il terreno calcareo (Dolomia)”.
Proposta Vini conferma l’indole di Pravis quale “fucina di sperimentazioni dove anche le varietà Piwi hanno trovato spazio”, così come il significativo recupero “di uve storiche che fanno parte del progetto Vini dell’Angelo”, riuscendo in questo modo con lungimiranza e competenza “a inserire la sua valle tra le espressioni più qualificate della viticoltura di montagna”.
Da Pravis a loro volta sottolineano di essere “una grande famiglia unita dall’amore per la viticoltura e l’enologia, due generazioni che imparano l’un l’altra e si trasmettono a vicenda i valori della tradizione e la curiosità di innovare; coltiviamo la vite da oltre 40 anni, interpretando la natura per valorizzare un patrimonio fatto di fatiche, continue sfide culturali, tra contrasti stagionali che si evolvono via via in piaceri che ti conciliano la vita”.
La filosofia è chiara: “impariamo dalla terra e lasciamo che ogni fase di trasformazione dell’uva rispecchi le naturalità del procedimento”, quindi “la nostra tecnologia enologica è infatti volutamente ridotta al minimo: i chicchi, pigiati, finiscono per caduta libera nei tini di fermentazione, poi nelle botti di affinamento e così, infine, nei recipienti per l’imbottigliamento”.
La sede che ospita la cantina è collocata “fra terra, rocce e vento della Valle dei Laghi”, esattamente “ai piedi di Castel Madruzzo, esposta al sole come al vento che mitiga tutta la vallata”, realizzata in “moderno stile architettonico dialoga con le Dolomiti che entrano in ogni spazio esterno, anche nella fruttaia dove trovano riparo le uve da far appassire sui graticci – le tradizionali arele – destinate a trasformarsi in vini particolarissimi, Vino Santo su tutti”.
Così è possibile ammirare “filari sospesi tra la brezza dei laghi ed il cielo terso delle nostre Dolomiti” in “un clima amabile, mitigato dall’Ora del Garda”, nel quale i produttori hanno cura di introdursi “in punta di piedi, nella sinergia fra il processo di produzione del vino, il territorio e il tempo, scandito dalle stagioni”.
Tutto questo mettendo sempre in risalto “la volontà di custodire i saperi del passato: nei nostri campi sperimentazione e tradizione marciano di pari passo, abbiamo messo a dimora numerose varietà di viti autoctone, Nosiola anzitutto e recuperato specie a rischio d’estinzione come il Negrara; con gli ultimi eroici vignaioli di montagna, siamo riusciti per primi in Trentino a salvare il raro vitigno della val di Non, il Gropello di Revò, tutto nel massimo rispetto della biodiversità, per il piacere di coltivare uva solo per fare vino”.
Tra i tanti vanti dell’estesa produzione di Pravis, destano particolare orgoglio le referenze inserite nel progetto di recupero dei vitigni trentini prefilossera chiamato Vini dell’Angelo che consente recupero e valorizzazione di una straordinaria biodiversità dalle radici remote.
Come quella rappresentata dal Franconia che “era, assieme al Portoghese e al San Lorenzo, una delle varietà presenti per la sua rusticità e plasticità ambientale in quasi tutto l’Impero austro ungarico: in Austria e in Germania è tuttora molto coltivata dove la si identifica con i nomi Blaufränkisch e Lemberger, in Cekia, in Slovacchia e in Ungheria col nome Keˇkfrankos”.
Vinificato in purezza nel Destrani, offre un bouquet di confettura di fragola e gelées di frutti rossi, esprimendo al palato tannino evidente, ottima acidità e intensa carica zuccherina, traducendosi in sensazioni di amarena, liquirizia e karkadè.
La rinnovata attenzione per la Negrara si deve invece ai ricercatori dell’Istituto Agrario di San Michele che “ritenevano questo vino meritevole di finire in bottiglia per colore, morbidezza e profumi che lo fanno avvicinare al tipo Bordeaux ma solo se proveniente da viti franche di piede, ritenendolo altresì ordinario e sgraziato se prodotto con uva di viti innestate su piede americano”.
Proposto sempre in purezza, all’olfatto è un trionfo di erbe aromatiche come maggiorana e tarassaco, con un potente afflato balsamico. In bocca si avvertono gelso nero, mirtillo, cannella, melagrana e pepe rosa.
Il sorso è esaltato da un’esuberante mineralità e un’avviluppante dolcezza che si sviluppano nel lunghissimo finale di questo vino clamoroso.
Gli autoctoni continuano con un’altra gloria locale, questa volta a bacca bianca, la Nosiola, proposta in due declinazioni.
Le Frate è ritenuto “il vino bianco vanto della nostra azienda: le uve Nosiola sono coltivate sui caratteristici terrazzi (frate) che guardano ai laghi di Toblino e di Cavedine”. Se al naso irretisce con la mela renetta, al palato lo fa grazie a nettarina, pera Williams, nepitella e frutta secca.
L’Ora derivando da “uve Nosiola lasciate leggermente appassire su appositi graticci e vinificate in barrique d’acacia con pazienza e sagacia”, allarga notevolmente la complessità sensoriale del precedente, introducendo la grazia floreale del gelsomino tra i profumi, mentre i sapori si arricchiscono di miele di Robinia, susina gialla, fava di Tonka e membrillo (la cotognata spagnola).
Entrambe queste declinazioni rientrano nel progetto di Proposta Vini denominato Eclettica Nosiola “perché si tratta di un vitigno a bacca bianca presente solo in Trentino dalle caratteristiche uniche” che vanno “dalla versione classica a quella spumantizzata, passando dal breve appassimento e dalla macerazione fino alla versione Passito dei Passiti”, senza dimenticare che tale varietà è “coltivata e vinificata in quasi tutte le stesse zone di un tempo” nella regione.
Si rimane strettamente legati alle radici del posto con il Rebo Rigotti che è un esplicito omaggio alla sperimentazione viticola dell’omonimo “ricercatore nato nella nostra Valle dei Laghi” che ha creato questo vitigno “dall’incrocio genetico tra il Merlot e il Teroldego”: offre la prugna al naso e fragola, rabarbaro, susina rossa e liquirizia alla bocca.
Tannico, setoso, ammalia con una nota amaricante.
Sempre in ambito territoriale si trova la Schiava del Belle Amour Rosé che seduce già con il suo magnifico colore rosato lucido e splendente che al naso evoca la fragolina di bosco e in bocca invece lampone, pesca, mela e rosa canina.
Se ne apprezzano la sapidità e l’acidità che rendono golosa la beva.
Anche l’ambito del vino dolce è intimamente legato alla zona, a partire da un oggetto di culto assoluto come il Vino Santo Trentino che diventa Arèle dopo “un lungo appassimento su appositi graticci chiamati appunto arele” e con “la vinificazione avviene in barriques di rovere dove poi matura per 8 anni”.
Di stupefacente equilibrio, esprime la sua dolcezza senza alcuna stucchevolezza, portando in paradiso il degustatore con un bouquet di zagara e torrone, seguito all’assaggio da miele di Cisto, albicocca, mango candito, mandorla tostata e noci.
Nuovo omaggio questa volta indiretto al genio di Rebo Rigotti con l’impiego del Goldtraminer, varietà da lui ottenuta nel 1947 con l’incrocio di Gewürztraminer e Trebbiano Toscano.
E’ frutto di una vendemmia tardiva con “grappoli lasciati in pianta senza temere le gelate autunnali” nel Gold Soliva il cui nome richiama i “campi solivi d’alta collina rispettando al massimo la naturalità del ciclo della vite”. Giunge in bottiglia “valutando solo ed esclusivamente l’andamento dell’annata e la concentrazione degli zuccheri nei chicchi esposti al sole”.
A profumi di fiori d’arancio e Abbamele seguono echi organolettici di nespola, pesca, melangolo candito e fico dottato.
Tra le sperimentazioni di Pravis, la più significativa è quella legata a uve PIWI, sigla che indica le “varietà di vite resistenti alle crittogame” che hanno origine “negli incroci effettuati tra le varietà di vite da vino e le varietà di vite americane resistenti alle malattie fungine” (https://www.piwi-international.de/it/informazioni-it.html).
La cantina ha puntato sui due vitigni più conosciuti di tale produzione ancora di nicchia, a partire dallo Johanniter che notoriamente si esprime al massimo se spumantizzato: lo conferma il Naran metodo classico da affinamento minimo di 18 mesi, il cui bouquet di biancospino strega la bocca con un’effusione petillant sottile ma pervicace che esalta la sapidità, prima di sprigionare echi di limone, susina gialla, alchechengi e yuzu. Magnifico il finale cremoso.
Altra uva PIWI è il Solaris che nel suo Naran ritrova il gelsomino all’olfatto per lasciare spazio al palato ad albicocca, mandarino, pera Madernassa, corniolo, melone e limone sfusato.
L’internazionale principe della cantina si può considerare il Pinot Nero Madruzzo che nel bouquet comprende tutto il corredo sensoriale del sottobosco, mentre riporta al gusto visciola, mirtillo, mora di rovo, pepe nero e carruba.
Questa referenza rientra nel progetto di Proposta Vini sul Pinot Nero Trentino, il quale “riporta alla luce le caratteristiche peculiari della produzione trentina, che seppur meno riconosciuta dal mercato rispetto a quella Alto Atesina, è in grado di regalare sensazioni peculiari”.
Pravis non poteva non misurarsi con le bolle regionali del Trentodoc e centra il capolavoro assoluto con l’extra brut Blau Dorè Millesimato che già dal nome mette in evidenza il proprio fantastico colore dorato.
Si tratta di un metodo classico di Pinot Nero in purezza vinificato come blanc de noir e rifermentato in bottiglia che rimane a riposare sui lieviti per minimo 24 mesi.
Il bouquet fruttato è all’insegna di pesca e fragola.
I sapori affiancano pesca a polpa gialla, mandarino tardivo di Ciaculli, giuggiola e un tocco di genziana.
Il sorso gode di entusiasmante acidità e di un pizzico di mineralità che trascinano verso un finale dominato da una ghiotta impronta zuccherina.
Tra chi lavora in cantina per fare vino in Pravis troviamo Erika Pedrini, alla quale abbiamo chiesto maggiori particolari sulla produzione dell’azienda: ce li ha forniti nel video che si trova qui sotto.
Info: https://www.pravis.it/it
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/pravis/