Le collezioni d’arte della mostra permanente di Palazzo Romagnoli a Forlì
Palazzo Romagnoli a Forlì è noto per la strepitosa Collezione Verzocchi che già vale il viaggio, ma contiene altri valori che arricchiscono di connotati pedagogici un palazzo storico il cui pregio estetico merita attenzione di per sé, tra affreschi ben curati…
… e decori che restituiscono un fascino d’antan sempre gradito nelle giuste dosi.
Esclusa la Collezione Verzocchi di cui ci siamo già occupati (https://www.storienogastronomiche.it/collezione-verzocchi-forli-capolavori-darte-nati-impresa-lavoro/), la visita si concentra al primo piano “con le sezioni espositive riguardanti importanti componenti novecentesche della pinacoteca civica: si tratta delle opere pittoriche e grafiche di Giorgio Morandi della Donazione Righini”.
Tra le tappe fondamentali del percorso di visita, l’abbrivio dal Laboratorio didattico della fusione del bronzo di Ivo Gensini e Franca Pettini con il suo affascinante senso bozzettistico del non finito…
… il Novecento diffuso che si appiglia subito alla star dell’esposizione, Adolfo Wildt, ghermendo l’osservatore con il suo San Francesco del 1926 quasi scarnificato dal rigore dell’impegno e portato verso un somatizzato estremismo ascetico…
… ma ricordando che l’artista milanese ebbe l’intuizione dell’Albero della Vita almeno un secolo prima del suo becero uso fieristico all’Expo…
… timbrando poi l’immaginario con le sue maschere di dolore che mutano in autoritratto.
Interessante il racconto del Cenacolo e dintorni della sezione La grande Romagna, “dipinti e sculture del ventesimo secolo, in larga parte sconosciuti al grande pubblico, qui riuniti in apposite aree tematiche”, testimonianza della vivacità della scena artistica forlivese nella prima metà del Novecento…
… con il prezioso e inatteso inserto di un ritratto futurista di Giacomo Balla.
Un modo profondo e articolato per comprendere il genius loci di una comunità come quella di Forlì storicamente impegnata nella strenua ricerca ci rapporti e contatti con il mondo dell’arte figurativa, come per farne alimento collettivo e segno di condivisione identitaria.