Museo Archeologico di Altamura, l’appassionante parallelo tra storia dell’Uomo e del territorio
L’antropizzazione della Puglia come sineddoche dell’evoluzione umana: non c’è nessuna presunzione egocentrica in tale assunto, bensì la consapevolezza che si può raccontare la Storia anche muovendo dal particolare verso il generale, al contrario di quanto accade di consueto, rendendo congrua la missione pedagogica di un museo locale che intenda svelare meccanismi globali senza rinunciare alla propria identità territoriale: è la caratteristica che ha portato stima popolare, successo indigeno e considerazione nazionale al Museo Archeologico Nazionale di Altamura nella provincia di Bari in Puglia.
Un museo dalla nobile genesi anche popolare, poiché la spinta alla sua fondazione si deve pure alle istanze scaturite dall’unione delle più attente sensibilità del luogo ben oltre mezzo secolo fa davanti al tumultuoso incedere di scoperte casuali di preziosi reperti archeologici nel tessuto urbano cittadino, segnale dell’esistenza di un giacimento culturale sterminato da indagare, recuperare e mettere a disposizione della collettività.
In questo modo è stato capitalizzato il patrimonio partorito da una serie di campagne di scavo svolte a più riprese nel corso di decenni, grazie alle quali si sono succedute numerose scoperte archeologiche riguardanti un arco temporale che va dalla Preistoria al Medioevo, tanto da consentire oggi al museo di rappresentare vividamente il popolamento dell’Alta Murgia e “una sintesi della civiltà dei Peucezi fino ai territori più interni, verso la Basilicata e l’arco ionico”.
A lanciare l’appena inaugurata struttura museale in via Santeramo in Colle 88 nel 1993 la felice coincidenza “con alcune importanti scoperte effettuate negli anni Novanta del secolo scorso, come lo scheletro neandertaliano dell’Uomo di Altamura, rinvenuto in una grotta carsica in località Lamalunga e il sito paleontologico con orme di dinosauri della cava Pontrelli che costituiscono un ulteriore elemento di richiamo per il pubblico”.
Eventi che hanno conferito immediata popolarità al museo e alla sua zona di riferimento, finendo inevitabilmente con il segnarne indelebilmente il percorso di visita, il quale dedica varie tappe alle citate scoperte, partendo dalla simulazione della Grotta di Lamalunga con tanto di dispositivi spettacolari come l’uso di suoni e immagini alla maniera delle installazioni di videoarte…
… quindi la suggestiva ma fedele riproduzione anatomica dell’Uomo di Altamura realizzata a partire dalle sue spoglie rinvenute ancora perfettamente intatte e per questo mai mosse dal luogo di ritrovamento collocato a soli tredici chilometri da qui…
… per passare alla riproduzione in 3D del suo cranio invaso da stratificazioni geologiche…
… senza dimenticare la toccante sepoltura gravettiana (quindi paleolitica) presente in sezione proveniente dalla Grotta Paglicci di Rignano Garganico (FG).
Poiché poi non è trascurabile di trovarsi nella località definita la Città del Pane, il museo ne prende atto ma anche in questo caso senza traccia di ovvietà, bensì andando a dimostrare sulla base di evidenze epistemologiche quanto effettivamente la panificazione e tutta la sua filiera siano state un cardine delle civiltà alternatesi intorno ad Altamura.
Lo fa con la mostra Preistoria del cibo. Alle origini del pane “nata dalla volontà di ricreare il forte legame con la vocazione agricola del territorio”, dimostrando grande attenzione ai collegamenti con i temi più dibattuti del presente, come quello delle risorse alimentari e del valore antropologico del cibo.
Intelligente quindi il ricorso a competenze esterne extradisciplinari rispetto alla sola archeologia, come quella di Slow Food pienamente associata al progetto.
Tale segmento allestitivo avviluppa il visitatore con la sua circolarità, spingendolo a seguire una traiettoria a senso orario capace di prenderlo per mano e condurlo lungo i passaggi che hanno portato dalla nascita dell’agricoltura alla produzione di sussistenza grazie a osservazioni empiriche e primi vagiti di scienza biologica e ingegneristica, come dimostrato dall’ipotesi ricostruttiva di un forno in argilla…
… chiudendo con una necessaria celebrazione dell’ormai notissimo Pane di Altamura.
Tutto questo “si snoda attraverso un percorso multimediale dal taglio didattico” in cui “al primo piano, l’esposizione è dedicata alle civiltà succedutesi nell’Alta Murgia, dalla pre e protostoria all’età tardoantica, con materiali provenienti da abitati e necropoli del territorio limitrofo”, mentre “il secondo piano è invece dedicato interamente al Paleolitico europeo con approfondimenti specifici sull’Italia centromeridionale”.
Il ferreo intento didattico è palesato dalla ricchezza di pannelli ricchi di informazioni ma non ridondanti di nozioni, poiché è evidente il desiderio di inclusività espresso dall’organizzazione del testo che punta alla massima chiarezza lessicale per essere comprensibile a tutti ma senza mai scadere nella semplificazione.
Una sintesi glottologica basata su un’organizzazione testuale che ricorda i più illuminati ed efficaci testi scolastici ma anche le regole primarie del giornalismo di base.
Su tale palinsesto si inserisce l’infografica, senza disdegnare la sua forma fumettistica, in funzione più di precisazione che di alleggerimento, con la consapevolezza della capacità di catturare l’attenzione esercitata dal segno cromatico ma anche con il rispettoso intento di non appesantire la visita per chi non è assiduo frequentatore di temi scientifici.
Si passa così dalle spiegazioni pure e semplici che incastonano i reperti narrati, come nel caso della teca con il “tesoretto monetale” che dimostra una volta di più il formidabile valore di storytelling della numismatica…
… a una disposizione affiancata che evoca l’organizzazione di un volume, quasi riproducendo il concetto di divisione in capitoli e sommari, con il pregio di dare allo stesso tempo ritmo ed estrema sintesi alla scansione temporale dell’esposizione.
Si arriva anche a osare di più, quando l’allestimento opera un’osmosi di tutti i suoi elementi strutturali, creando pannelli compositi in cui alla costruzione di senso concorrono contemporaneamente testo scritto, reperto in teca e filmato, senza blandire la multisensorialità bensì domando la complessità per concederla alla metabolizzazione dell’osservatore.
Il museo inoltre si associa alla sempre più diffusa tendenza del superare i divieti dovuti alla logica della conservazione ma anche in parte a una certa sacralità del reperto di origine ottocentesca tracimante nel dogma, offrendo al contrario la possibilità agli utenti di toccare con mano alcuni materiali, puntando con la dovuta moderazione sull’approccio esperienziale.
Da aggiungere nel giudizio di eccellenza a favore della struttura il contributo dell’elemento gestionale e quindi dell’aspetto umano, perché notevole è proprio l’umanità degli addetti del museo a partire dalla commovente accoglienza, con in testa la direttrice Elena Silvana Saponaro che lavora indefessamente alla valorizzazione di ogni aspetto del museo, dalla sua cura tecnica al calore dell’ospitalità destinato ai tanti visitatori, favorendo un’esperienza intellettuale che si imprime tanto nella mente quanto nel cuore.
(si ringrazia la Direzione regionale Musei Puglia)
Info: https://musei.puglia.beniculturali.it/musei/museo-nazionale-archeologico-di-altamura/