Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina a San Michele all’Adige, la materia come narrazione
Un lungo quanto appassionante tragitto nella cultura tangibile dove potere toccare con lo sguardo la pregnanza delle cose, un viatico dell’apprendimento che prevede la lettura del manufatto, l’interpretazione dell’arnese, l’analisi dell’utensile, la disamina dell’apparecchio, l’esegesi del congegno, confermando la sicurezza degli oggetti filmica per farne cinema in presa diretta nell’immaginario del visitatore, proiettato fisicamente nel patrimonio contadino tradizionale e impressionato davanti all’epifanica rivelazione della ricchezza tecnologica di essa, narrando l’agricoltura come simbolo dell’Uomo, l’artigianato quale suggello del saper fare e l’idillio pastorale alla stregua di una sineddoche della socialità, sullo sfondo dell’abbagliante bellezza silvestre di rilievi da sindrome stendhaliana: è così che il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina a San Michele all’Adige in provincia di Trento si pone come tappa imprescindibile per chi voglia comprendere il presente partendo dalle sue radici attraverso una finestra sulla realtà del mondo.
Ospitato in un suggestivo edificio del XII secolo che un tempo fu monastero di frati dell’Ordine di Sant’Agostino, ha dovuto attendere il 1968 per vedere la luce come museo grazie all’ennesimo intervento prodigioso di Giuseppe Šebesta, indefesso “etnografo e saggista, operatore e regista, pittore, favolista e narratore, creatore di pupi animati”, anche autore di testi come quello dedicato proprio al Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele (1968), considerato “uno dei padri della moderna museografia etnografica italiana”.
Reputato da alcuni studiosi l’allestimento etnografico più importante d’Italia e tra i più rilevanti in Europa, è introdotto da un antesignano dei giochi enigmistici, un affresco del 1516 su una parete del cortile che citando l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo crea decine di incroci lessicali.
Il Museo mette in mostra “il sistema di sussistenza agrosilvopastorale delle valli del Trentino, le lavorazioni artigiane che lo contornano e le testimonianze dell’arte e della devozione, della musica e del folklore”.
Il percorso “è una lunga elica continua, che attraversa 43 sale suddivise in 25 sezioni su 5 livelli”.
Al Piano terra “potrete trovare: mascalcia zootecnica, fonderia del rame, ferro battuto, mulino, fucina, chioderia e agricoltura”…
… al primo piano “usi nuziali, fibre tessili, malga, apicoltura, arte del legno, segheria veneziana, carri e slitte e bosco”…
… al secondo piano “stufe a olle e ceramiche”…
…. al terzo piano “costumi, riti dell’anno, musica e bande, devozione popolare, caccia”.
Aggiornatissimo rispetto a tutti i moderni approdi dello storytelling museale, l’allestimento mutua dalle tecniche di comunicazione e perfino dalle discipline artistiche modalità di rappresentazione capaci di diventare una sorta di epistemologia induttiva, concentrando la conoscenza in uno spazio ben organizzato nel quale ogni materia presente muta in segno, proposta, evidenza, stimolo, elevando l’osservazione empirica a presupposto scientifico, facendo in modo che l’immediatezza visiva possa farsi vettore di informazioni con la medesima validità della contemplazione gnoseologica ma sostituendo la rarefazione del tempo speculativo con la folgorazione della comprensione immediata.
In questo modo la profondità di campo gioca come in una quinta teatrale con le prospettive sottolineate dai chiaroscuri per ottenere insieme la perfetta lucidità del pannello esplicativo e l’ipotesi dell’approfondimento imminente, mantenendo il fugace mistero dello svelamento dell’ignoto e portando l’illuminotecnica ad assurgere a dispositivo tanto spettacolare quanto pedagogico.
Diorami, plastici e modelli intanto sembrano usare la tridimensionalità come atto di avvicinamento all’osservatore, quasi volessero ghermirlo fisicamente per catturarne l’attenzione, fino a osare dimensioni monumentali che pur nell’ipertrofia mai sembrano eccedere in gigantismo, poiché riempiono lo spazio anche di note e dettagli utili alle sinapsi che ne alleggeriscono l’ingombro.
Se poi i pannelli risultano inevitabilmente apodittici nel loro sostituirsi alla funzione di ordinamento schematico assimilabile a quello del titolo nel sommario di un volume…
… l’anelito didattico a sua volta non rinuncia alla messa in scena lampante quando c’è da trasmettere perdute istanze bucoliche con forme a grandezza materiale…
… mentre le fughe verso l’infinito sembrano un fast-forward tra le nozioni che verranno, scorrendo velocemente sulla tempesta di materiali che costella a tratti per intero le pareti e ogni angolo occupabile.
L’aspetto esperienziale si precisa quando propone meccanismi ancora funzionanti che parlano da soli…
… così come la fedele ricostruzione di ambienti ormai generalmente perduti stimola a vivere il passato superato non come spento reperto arcaico bensì quale vivida memoria arcadica.
La fedeltà di riproduzione delle suggestive foto elimina ogni esigenza di commento scritto…
… per recuperare l’aspetto glottologico nel momento del confronto tra istante dagherrotipico e strumento presente dal vero…
… creando emozione con l’irruzione della patina fumettistica che prelude all’astrazione del disegno immaginifico…
… mentre si giunge all’atmosfera del buratto con funzione di spaventapasseri con il tronco cavo che rivestito di colori e ritocchi antropomorfici assume le sembianze del bugno spaventaorsi, senza ambizioni esibizionistiche ma con il nobile compito di ospitare e proteggere famiglie di api…
… cosicché ogni stanza ordinata alla moda di un tempo diventa tranche de vie anche in assenza dell’elemento umano.
Un museo che ha il pregio di non limitarsi a incantare, prendendosi pure il rischio di scompaginare certezze omologate, illustrando il presente con le icone di un tempo trascorso cristallizzato ma il cui valore intellettivo è ancora caldissimo: impagabile capire l’economia mediante le esigenze migratorie, indagare il futuro prossimo digitale attingendo alla coltura dei cereali, metabolizzare le pulsioni politiche attraverso le regole dell’allevamento, tutti sintagmi inediti che vanno ad alimentare l’originalità del punto di vista di ciascun visitatore.
Un plauso dunque ai dirigenti e ai protagonisti dell’eccellente gestione attuale, attenta e appassionata, tale da favorire l’attraversamento consapevole di questo museo in guisa di un passaggio necessario per chi in Italia voglia sentirsi cittadino vigile, persona compiuta, intelligenza aperta.
Info: https://www.museosanmichele.it/