La Pecora alla Rizzola, specialità di Altamura: la versione tradizionale della Bottega del Macellaio
Un monumento gastronomico che rappresenta l’epopea agreste dell’allevamento, della faticosa sopravvivenza alla povertà, dell’orgoglioso lavoro dei pastori, di quella cucina povera che è sublime patrimonio culturale del nostro Paese, inaspettatamente localizzata in una città come Altamura famosa per il pane e invece ricca di eccellenza anche nelle portate a base di carne: è la Pecora alla Rizzola, ricetta caratterizzata per la storia dell’impiego della materia prima ovina ma anche e soprattutto la lunghissima cottura in un’anfora di terracotta.
L’attendibile e documentata pagina Facebook I Love Altamura nel post Pecora alla rzzaul e la sua storia… offre una breve descrizione dell’origine di “una delle pietanze a base di carne di pecora di razza altamurana più conosciuta della nostra tradizione murgiana” la cui iniziale preparazione “si perde nella notte dei tempi”.
Si tratta di un “piatto tipico che si prepara del mese di Luglio/Agosto: la ragione è legata al fatto che in passato le pecore pascolando nelle ristoppie accadeva di sovente che qualcuna moriva soffocata dalle reste delle spighe rimaste a terra dopo la mietitura”, ma a questo si aggiunga anche che il sapore di questa carne dà il meglio di sé nella stagione estiva per merito delle erbe stagionali particolarmente aromatiche di cui si nutre in quel periodo.
Viene ricordato come “anticamente la pecora veniva cucinata dai massari o dai pastori solo quando veniva trovata morta (pecra murtizz) in procinto di morire per cause accidentali o per improduttività oppure perché diventata troppo vecchia”, ma non essendo la carne macellata di fresco “emanava odori sgradevoli”, pertanto era necessario condirla con “erbe aromatiche e piante spontanee selvatiche (finocchietto selvatico, cicorielle) che erano nella disponibilità del massaro in quel momento, nonché fave, papate, pomodori sedano ed anche pezzi di formaggio pecorino stagionato” (https://www.facebook.com/ILoveAltamura/posts/1795076003909196/).
Ovviamente va aggiunta la peculiarità del suo scaturire da ore trascorse dentro un coccio sul fuoco, tradizione ancora mantenuta con rigore, competenza e immensa passione da Tommaso Pinto nella sua pregiatissima Bottega del Macellaio in via Massimo D’Azeglio 6/8 ad Altamura, dove periodicamente realizza ancora come una volta questa pietanza usando una propria anfora personalizzata…
… una prelibatezza cotta e pronta soltanto per l’asporto, per la gioia dei suoi tantissimi clienti, capaci di prenotare in pochi istanti tutti i chili prodotti, tanto è richiesta e apprezzata questa specialità in città.
Anche noi siamo rientrati tra coloro che hanno prenotato tale delizia e Pinto ci tiene talmente tanto a dimostrare l’autenticità del suo lavoro che ci ha mandato dei brevi video della lavorazione in tempo reale di ciò che avremmo mangiato noi poche ore dopo: ve li mostriamo qui.
E’ proprio questa versione che abbiamo provato, cogliendo anche nel gusto tutto il fascino della sua nobile storia contadina.
La carne rimane coriacea dando grande soddisfazione alla masticazione, durante la quale si sprigiona tutto il magnifico sentore di selvatico, ingentilito dalla freschezza delle verdure che aggiungono note dolci e amare alla sapidità di sottofondo.
Un capolavoro di concretezza arcaica, una tipicità di cui tutta l’Italia deve essere orgogliosa e che vale decisamente il viaggio per provarla, senza dimenticare tutte le altre bontà sapientemente lavorate nella Bottega del Macellaio di Altamura.
Info: https://www.facebook.com/profile.php?id=100062090864970