L’Autin, vini biologici piemontesi tradizionali e sostenibili dalla vocata provincia di Cuneo
Quando l’amore per il vino è letteralmente scolpito nella pietra come la vita stessa di un vignaiolo, ecco scaturire il legame più solido possibile con il territorio di appartenenza, soprattutto se sancito da una promessa d’onore frutto di una vocazione talmente profonda da condurre parte della produzione fin dentro una miniera, come a voler raggiungere la parte più recondita del cuore di quella terra coltivata e amata oltre ogni limite fisico: è una storia di forza e determinazione ma anche di intuizioni brillanti e sguardi lungimiranti quella della cantina piemontese L’Autin di Barge in provincia di Cuneo, dove coltiva non soltanto uve che danno vita a magnifici vini, bensì anche autentica cultura del genius loci.
Il distributore Proposta Vini spiega che “tra le Alpi Piemontesi sorgono due piccoli valli, la Germanasca e la Pellice: queste montagne custodiscono due tesori, nel loro cuore il talco e in superficie la coltivazione della rara varietà Bian Ver; nei secoli gli abitanti sono diventati minatori e hanno scavato profonde miniere nelle quali, oggi, a 10°C e al 90% di umidità, affinano gli spumanti prodotti da Mauro ed Elisa Camusso”, con Mauro che ha trasmesso il suo amore per la viticoltura ad Elisa, la quale a sua volta “con energia e passione, gestisce questi vigneti di montagna all’ombra del Monviso”.
Quest’azienda vitivinicola che “promette il legame indissolubile con il territorio sin dal suo nome che, in dialetto piemontese, indica un vigneto, un piccolo appezzamento vitato” si trova con esattezza “al confine tra le province di Torino e Cuneo, in una zona dominata dal Monviso, zona di cui abbraccia l’identità: forte, marcata, solida come il suo marchio, la Pietra di Luserna che ha segnato anche la vita di Mauro Camusso, il titolare della cantina”. Perché quest’ultimo è di formazione agronomo ma “entra nel mondo della lavorazione delle pietre per affiancare la moglie Maura Beltramo che gestisce l’azienda di famiglia” specializzata in cave, lastre e blocchi di gneiss lamellare che “diventano la principale attività di Mauro, ma la passione per il vino resta viva”, tanto che nel 2010 fonda proprio la cantina L’Autin.
Inizialmente serviva per assecondare una passione e soddisfare il consumo famigliare, Mauro però coltiva il progetto più ampio di recuperare vigne e vitigni autoctoni piemontesi, impiantando al tempo stesso anche uve internazionali: così scommette sul suo territorio e “collabora con esperti enologi per produrre vini biologici che raccontano tradizione, terra, eleganza e prospettive ad ogni sorso”.
Elisa Camusso è a sua volta già la nuova generazione alla guida dell’azienda vitivinicola L’Autin, dove mette in pratica le sue doti di “imprenditrice giovane, appassionata che, come suo padre e suo nonno, crede nel recupero dei vitigni autoctoni e nel rispetto della tradizione, ma non dimentica la sperimentazione dei vitigni internazionali nel territorio Pinerolese, all’ombra del Monviso”, mentre “i suoi studi in Ingegneria Ambientale la portano ad agire concretamente per una produzione 100% sostenibile e per lo sviluppo della viticoltura biologica”.
Un’attività che per tutta la famiglia rappresenta “una sfida, non soltanto una scommessa, una grande dimostrazione di impegno che inizia con la formazione di una squadra accomunata dall’amore per la propria terra, per il lavoro metodico e attento e con la determinazione giusta”, perché “non si tratta soltanto di coltivare vitigni a bacca rossa raccomandati dal disciplinare di produzione della Pinerolese Doc che arriva fino in terra cuneese a Barge e Bagnolo, vuol dire impiantare anche uve a bacca bianca e vitigni internazionali”.
Senza però dimenticare che “i vitigni autoctoni e il vino sono storia e tradizione di questo territorio, impervio e generoso, dove il Monviso sorge maestoso e la Pietra di Luserna si respira ovunque”.
Il racconto delle referenze non può che partire dallo spumante Pas Dosé Eli da metodo classico, non soltanto per la sua favolosa qualità organolettica ma anche per l’enorme fascino della lavorazione che prevede un affinamento in miniera.
“Una ad una, trasportiamo le bottiglie a mano all’interno delle miniere di talco” spiegano dalla cantina, “a 1 km di profondità, nelle gallerie dove la temperatura è costante a 10 gradi e l’umidità è al 90%”, qui dove le bottiglie di spumante Metodo Classico Eli trascorrono il loro periodo di affinamento sui lieviti.
Una maturazione suggestiva contrassegnata da “silenzio e buio: il vino riposa circondato dal talco purissimo”.
In tale contesto “le bollicine che caratterizzano i nostri spumanti metodo classico nascono da una seconda fermentazione, dopo quella cui sono sottoposti tutti i vini”.
“Li lasciamo riposare in miniera almeno 36 mesi: a temperatura costante, senza luce, nel cuore della montagna”, spiegano ancora dall’azienda, aggiungendo che “i nostri vini devono affinare per molto tempo”.
Così l’Eli Pas Dosè acquisisce il proprio carattere in cunicoli “scavati dall’uomo per estrarre la rara e pregiata varietà di talco Bianco delle Alpi, un legame sentimentale con l’attività di estrazione che, oggi, diventa sostenibilità enologica e turistica”.
In tal modo lo spumante giunge ad acquisire un bouquet di una certa esuberanza balsamica iniziale che si assesta su toni agrumati, prima di conquistare il palato con la sua suadente densità impregnata di limone, mandarino tardivo, tè pu-her, ruta e un pizzico di aneto.
Il citato Bian Ver è un rarissimo autoctono a rischio di estinzione che deve il salvataggio anche al sostegno finanziario di Camusso in collaborazione con il CNR, come riconosciuto ufficialmente dalla Documentazione relativa alla domanda d’iscrizione al registro nazionale delle varietà di vite (cultivar ad uva da vino) e d’inserimento nell’ elenco delle varietà idonee alla coltivazione per la regione Piemonte, nella quale si riportano ricerche secondo le quali questo vitigno tipicamente alpino ha avuto diffusione sporadica in Valle di Susa e Valle Chisone oltre che nel Pinerolese dove però l’unico produttore è rimasto L’Autin; l’uva è presente con il nome Verdesse pure in qualche zona della Francia “anche se le superfici impiantate sono per ora modestissime”.
In purezza lo si può gustare nel Verbian Bio che dal profumo di zagara passa ai gusti di cedro, mela, papaya e una nota di maggiorana.
Di rara originalità, è un vino imperdibile.
Nebbiolo di montagna in purezza nel Pinerolese Rosso El Dolfo che al naso riporta tutto il sottobosco e in parte del muschio, per poi suggerire alla bocca lampone, fico essiccato, barbabietola e un retrogusto di cioccolato bianco.
Tannico ma dotato di buona acidità e intrigantemente orientato a un retrogusto amaricante, è un grandissimo vino che pretende l’attenzione che merita a ogni sorso.
Chiusura affidata a un capolavoro assoluto, il Passi di Gio che esalta al massimo le miracolose doti organolettiche dell’autoctona Malvasia moscata definita “un’uva rara, quasi scomparsa, esaltata dal calore dell’appassimento”, capace di dare vita a questa meraviglia dopo un affinamento di “circa un anno in piccole botti di rovere, così come la fermentazione: un terzo del vino fermenta e riposa un anno in una botte realizzata in pietra di Luserna”.
Se il naso viene irretito da un effluvio di zagara mista a miele di robinia, la bocca fibrilla invece di emozione su echi di miele di Sulla, alloro, albicocca, cui si affiancano cenni di zabaione, cedro candito, tè verde e zucchero di canna grezzo.
Commuove il suo celestiale finale abboccato che arriva al termine di un sorso vellutato carico di valori aromatici, dando vita a un corroborante comfort wine di livello superlativo.
Desiderando altri dettagli su questa produzione, li abbiamo chiesti direttamente a Mauro Camusso che ci ha risposto nel video sottostante.
Info: https://www.lautin.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/lautin/