Cani abbandonati dai turisti a Pompei: ma gli scavi li adottano
Ci sono dei turisti che abbandonano i cani agli scavi di Pompei.
La notizia ce l’ha data un’archeologa che lavora proprio agli scavi, ma non è una novità: se ne è già parlato in passato del fenomeno degli abbandoni di cani a ridosso dei resti archeologici pompeiani.
Paradossalmente, a favorire questi abbandoni è proprio l’azione di civiltà promossa dai gestori degli scavi, i quali, fin dall’ingresso, informano i visitatori della presenza di una colonia di cani adottati dal sito e amorevolmente curati da chi ci lavora.
Un gesto di umanità di cui approfittano alcuni incivili, per sbarazzarsi di cani non più graditi.
La presenza dei cani tra gli scavi di Pompei è una vexata quaestio di cui si parla da tempo, spaccando l’opinione pubblica tra chi in questa adozione vede un’espressione di solidarietà e altri che invece temono per l’incolumità dei visitatori o per il decoro del sito archeologico.
“Amico fedele e attento guardiano, il cane è protagonista della vita dell’uomo dai tempi più antichi. Gli scavi archeologici di Pompei offrono testimonianze uniche di questo legame a partire dal famoso mosaico Cave Canem all’ingresso della domus del Poeta Tragico”, spiegava nel 2009 il sito che promuoveva l’iniziativa (C)Ave Canem (www.icanidipompei.com).
Un progetto curato dall’allora Commissario Delegato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, presentato con lo slogan “porta a casa tua una vita e una storia di Pompei”.
Il progetto si proponeva “lotta al randagismo, cura e tutela dei cani presenti nell’area archeologica di Pompei”, portando al censimento di cinquantacinque cani “che sono stati iscritti all’anagrafe canina, curati e vaccinati durante i nove mesi di durata del Progetto”.
Per ventisei di loro si sono aperte le porte dell’adozione.
Tra le iniziative, “anche la sensibilizzazione di quanti, tra turisti e visitatori, si sono resi disponibili ad adottare un cane degli scavi di Pompei”.
Per il Corriere del Mezzogiorno si è però trattato di un “flop”, una storia minore “fatta di cani, soldi, cucce e adozioni […] che trasformò in cani d’oro i poveri randagi che scodinzolavano nel sito archeologico”, riferendo che “per realizzare il pregevole progetto il ministero aveva sborsato 102.963,23 euro”, aggiungendo con preoccupazione “ma il peggio è che il fenomeno da allora è raddoppiato” (corrieredelmezzogiorno.corriere.it).
Preoccupazione condivisa in vari gli articoli che hanno trattato la questione è che i cani possano mordere i visitatori.
Quelli che abbiamo visto ci sono apparsi innocui, in perfetta empatia con i turisti. Alcuni si accodano a essi, accompagnandoli nella visita, generando manifestazioni di simpatia.
Gli amanti degli animali però albergano anche nelle istituzioni e così i cani di Pompei possono vantare perfino di protezione governativa.
“Pompei, i randagi degli Scavi saranno adottati come cani di quartiere” ha informato infatti La Stampa il 30 aprile scorso, riferendo della “decisione presa dal Commissario prefettizio al comune campano: i veterinari della Asl provvedano a censire, visitare, sterilizzare e microchippare i quattrozampe che vivono nel sito archeologico” (www.lastampa.it).
Iniziativa nata in risposta alla richiesta del ministro Dario Franceschini di “risolvere il problema dei randagi negli Scavi di Pompei”.
“I veri custodi di Pompei? Sono dieci cani randagi” ha titolato invece Il Giornale un articolo di Nino Materi lo scorso 4 luglio, in cui si racconta che “in tre ore di tour tra gli scavi abbiamo incrociato solo due vigilanti, in compenso a presidiare molte domus c’erano guardiani a 4 zampe”.
Intervistando la persona che accudisce questi animali negli scavi, arriva la conferma di quanto a noi ha riferito l’archeologa che abbiamo intervistato: “attualmente qui nel sito i cani sono una decina – racconta la custode -. A volte ne troviamo altri legati ai cancelli, abbandonati dai loro padroni. Spesso combatto con i colleghi per non mandarli via. Io, per quel che posso, li curo e li sfamo. Anche il Colosseo è pieno di gatti, perché qui a Pompei non possono starci i cani?” (www.ilgiornale.it).
Dei gatti adottati dai siti archeologici di Roma vi abbiamo parlato nell’articolo dedicato a Messalina, nota abitante felina dei Mercati di Traiano (www.storienogastronomiche.it).
L’archeologa a cui abbiamo invece chiesto della presenza di cani agli scavi di Pompei è Antonella Bonini della Soprintendenza: ecco come ci ha spiegato il fenomeno, tra cronaca del presente e radici storiche.