Trattoria dell’Alba a Piadena (CR), secolare ristorazione familiare ricca di cultura e sensibilità
Un monumento alla civiltà, un tempio della Cultura, un paradiso della cucina, un punto di riferimento dell’identità nazionale: non si può dire di conoscere l’Italia né di avere davvero mangiato nella vita se non si è stati almeno una volta alla secolare Trattoria dell’Alba a Piadena in provincia di Cremona, depositaria di immensa conoscenza (non soltanto) gastronomica e custode dell’immensa tradizione agricola e culinaria del suo emozionante territorio.
Basterebbe la sola vicenda del locale a elevarlo già di suo a bene culturale, visto che “la storia della trattoria inizia con Celestino nel 1850, il cugino del nonno di nostro nonno, che decise di aprire un posto di ristoro e cambio-cavalli su quella che è sempre stata una delle principali arterie di collegamento fra l’est e l’ovest dell’Italia Settentrionale: dopo poco tempo Celestino cedette il locale alla famiglia Corbari che lo gestisce tutt’ora, dopo sei generazioni, mantenendo inalterati la calda semplicità della schietta gente di paese e la proposta del grande bagaglio di tradizioni e cultura derivanti dalle ricette di famiglia e del territorio”.
Territorio che si trova sull’Asse Brescia-Cremona-Mantova e Sabbioneta e vanta numerosi attrattori Unesco conquistati da primordiali tracce antropiche, strabilianti pratiche artigianali come la liuteria, edifici meravigliosi, grazia estetica diffusa e pregi ambientali. La stessa Piadena nel suo piccolo vanta radici antiche testimoniate da un interessante museo archeologico.
A impressionare in questa trattoria, prima ancora dell’incredibile capacità di realizzare prelibatezze sconvolgenti, è lo strenuo impegno nella ricerca dei piatti di remota memoria della zona, preparazioni povere derivanti dalla comunità agricola che oggi i gestori Omar (in sala) e Ubaldo Bortoletti (ai fornelli) mantengono vive proponendole sempre in una continua rotazione stagionale, prestandosi a raccontarle con entusiasmo a ogni singolo avventore, aggiungendo così alle fatiche dell’attività imprenditoriale pure l’eroico impegno didattico e la commovente indefessa azione da divulgatori.
In un prezioso testo pubblicato sul sito della trattoria si legge che Omar e Ubaldo sono “figli d’arte ma non di scuola”, perché “hanno imparato dalla loro mamma Angela Corbari e dalla nonna Maria i piatti della tradizione più vera”, mettendone in pratica gli insegnamenti dagli anni ’80, quando avevano appena 18 e 21 anni, coinvolti da Mamma Angela nel momento in cui prese la coraggiosa decisione di riaprire il locale all’indomani della chiusura seguita ai tre grossi infarti che avevano colpito il nonno Alceste.
Rapisce il cuore leggere come “oggi che mamma Angela non c’è più i piatti continuano a essere un inno alla cultura contadina, una dichiarazione d’amore per le terre che stanno intorno.
Ne scaturisce una filosofia secondo la quale “i prodotti fanno al massimo 15 chilometri di strada per arrivare in cucina” mentre “i maiali che provengono da allevamenti nella campagna di Ostiano sono bestie sane che pesano più del doppio di quelli solitamente utilizzati per le lavorazioni alimentari, perché sono stati ingrassati con calma, per quasi due anni, fanno ginnastica, mangiano bene”; poi “le uova per fare la pasta fresca provengono da galline felici, allevate a terra, così come le oche, le verdure da orti locali, c’è anche il pesce, che arriva dal fiume (l’Oglio)”.
Il benvenuto è quello tipico delle trattorie di campagna: Ciccioli di maiale che esplodono di ghiotta sapidità come mai provati altrove…
… pane di pasta dura di straordinaria fragranza e inediti profumi…
… quindi una serie di “salumi straordinari lungamente stagionati da maiali tranquilli allevati da un’azienda agricola locale”: abbiamo provato il più raro di questo novero, un salame prodotto in quantità limitatissime e tagliato al coltello, pratica inusuale in questo territorio, dal grasso fresco e limpido straripante di sapore di una volta.
A ulteriore testimonianza della sensibilità culturale e civica dei gestori c’è il Tortello di zucca al soffritto di pomodoro dolce De.Co. di Piadena, certificato dall’amministrazione locale come ricetta a Denominazione Comunale, quindi depositaria di un documentato legame storico con la collettività del posto.
Infatti è ritenuto “il piatto simbolo del nostro territorio e della tradizionale cena della vigilia di Natale: il ripieno è fatto con zucca, amaretti, mostarda di mele, la particolarità di servire il tortello condito in rosso è peculiarità della nostra zona (inizio del casalasco), terra compresa tra Mantova e Cremona”.
Inoltre “il dolce sapore del ripieno viene sapientemente equilibrato con la fresca acidità del pomodoro, la spolverata di Parmigiano Reggiano Mantovano e il morbido passaggio in forno rende il piatto una vera delizia, ideale l’abbinamento con il nero Lambrusco Mantovano”.
Da aggiungere la bontà inaudita dell’impasto, consistente e ricco di sfumature sensoriali.
Possiamo confermare ogni parola della descrizione prima riportata di questo favoloso piatto, compresa la validità dell’abbinamento col vino Lambrusco che abbiamo sorseggiato in una originalissima versione di Zecchina realizzata con metodo ancestrale.
Condividiamo anche che qui “non possono mancare i Marubini ai brodi, altra De.Co. ma questa volta di Cremona, definita “una pasta a forma di ombelico di venere ripiena con stracotto di manzo e servita in ottimo brodo fatto con diversi tipi di carne”.
La pasta è una deliziosa nuvola durante la masticazione e il ripieno un concentrato di golosità.
Altro momento di commozione quando è arrivata in tavola la Tridùra, umilissimo condimento giunto fino a noi dalla notte dei tempi che per un’infinità di decenni ha avuto il compito di contribuire con la ricchezza organolettica dell’uovo agli ingredienti concessi dalla miseria materiale diffusa, trasformando tutto in squisitezze: nel nostro caso, è stato tuffato in una sconvolgente Minestra di cappone nostrano, costituita da un brodo pazzesco, forse il più buono mai provato, merito anche una carne bianca rustica che dopo ore di cottura gli ha donato tutto il suo suadente contributo.
Sia per questa pietanza che per la precedente, d’obbligo versare nell’ultimo goccio di brodo una stilla di vino, altrimenti non potrete dire di essere stati qui.
E non bastano più gli aggettivi per descrivere fascino e sapore di una portata quali i Maccheroni al torchio con verza e pistùm, fantastico intreccio di dolce, salato, acido e umami da far venire i brividi a ogni morso, anche per la perfetta cottura della pasta.
Chiusura trionfale con la Zuppa inglese alla mantovana che in realtà nasconde una vera ricetta della nonna, caratterizzata da un clamoroso zabaione che ti fa ringraziare di essere venuto al mondo.
Non sono da meno gli altri dolci come l’ottimo Semifreddo al torrone con salsa di caramello, mentre il resto della carta contiene ancora numerose specialità di ogni tipo, secondi piatti compresi.
E prima di lasciare il locale non mancate di comprare la mostarda fatta qui in casa e altre chicche.
Manca da elogiare la potente umanità dei gestori e la cortesia delle addette al servizio, capaci di farti sentire a casa come foste clienti da sempre, instancabili nel rispondere a ogni curiosità e nell’accontentare ogni richiesta, capricci compresi.
Provare la Trattoria dell’Alba a Piadena è un atto imprescindibile che arricchisce l’esistenza di chi ha il privilegio inarrivabile di passare da qui, tanto che non soltanto vale il viaggio anche a piedi dal Polo Nord, ma è addirittura un atto dovuto a noi stessi, se ci vogliamo davvero bene.
Info: http://www.trattoriadellalba.com/