A Genova il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana che ci fa capire meglio chi siamo (stati)
Un’esposizione che ci ricorda quando i migranti eravamo noi insieme al contributo dato allo sviluppo di altre nazioni, stimolando riflessioni doverose e una presa di coscienza inderogabile: avviene grazie al MEI, il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana situato nella medievale Commenda di San Giovanni di Prè a Genova, con lo sguardo rivolto al porto della città, metafora tangibile pregna di elementi antropologici e socio-economici.
Il museo “si sviluppa su 3 piani divisi in 16 aree dove si può possono ripercorrere le molteplici storie delle migrazioni italiane, dall’Unità d’Italia (e ancora prima) alla contemporaneità”, in ideale e materiale collegamento con il Mu.MA – Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni e soprattutto con il dirimpettaio Galata Museo del Mare che ospita le straordinarie sezioni di grande impatto sui viaggi transoceanici e l’immigrazione.
Non a caso il museo è nato a Genova, città che ha vissuto potentemente l’emigrazione, in quanto punto di partenza per “milioni di italiani diretti verso le Americhe, l’Africa, l’Asia e l’Australia”: è questa pagina di storia che il museo vuole divulgare attraverso un affresco generale corroborato da episodi dei migranti, tutto raccontato “attraverso fonti di prima mano, come i diari, le lettere, le fotografie, video, giornali e documenti d’archivio”.
Un museo che nelle intenzioni vuole essere “empatico, multimediale e interattivo, dove fare esperienza, ospitati da “uno degli edifici medievali più antichi della città che in origine dava ospitalità ai pellegrini”, la Commenda, dove “trovavano riparo sia i sani che gli infermi, sia i ricchi come i cavalieri che cadevano malati durante il viaggio, sia i pellegrini e talvolta anche i poveri della città”, luogo in cui “si connettevano tra loro le vie di terra, ossia le diverse strade di commercio e pellegrinaggio che univano Genova e l’Italia Settentrionale all’Europa Occidentale e Settentrionale, con le vie di mare, le rotte cioè che a partire dall’XI secolo i Genovesi gestivano con la sponda africana del Mediterraneo e con l’Asia Minore”.
Le evocative pietre nude dell’edificio sono silenziose testimoni del percorso di visita, un abbraccio perfettamente contestualizzato che accompagna la missione culturale della struttura, tra archi, volte e pregi architettonici diffusi.
I testi distribuiti sui pannelli rispondono perfettamente all’invito dell’ICOM all’accessibilità, grazie all’insieme di sintesi e intellegibilità, spesso in funzione di highlights di vasti contenuti cui accedere con qr code, quasi in funzione di invito all’approfondimento.
Tante le trame narrative dell’esposizione, esaustive ed emozionanti al tempo stesso, poiché partono dall’affresco di un’epopea collettiva colossale dentro la quale si inseriscono le commoventi storie minime dei singoli, anime in balia di eventi più grandi di loro affrontati con grande dignità e spirito di resilienza.
Persone umili sottratte all’anonimato di massa e rese protagoniste con le loro esistenze semplici ma illuminanti che si fanno sineddoche di una rivoluzione silenziosa e gentile dai forti risvolti popolari.
Dettagliata la ricostruzione del fenomeno migratorio, fin dal momento in cui prende le mosse, quello straziante abbrivio della partenza, preludio allo stravolgimento delle vite di intere famiglie…
… passando per la suggestione delle tante possibili direzioni da prendere in una diaspora di enormi proporzioni…
… quindi le ricostruzioni filmate di idilli innervati di doloroso distacco e malinconia da lontananza…
… con l’uso discreto e funzionale di dispositivi che attraverso l’interazione apparentemente ludica stimolano un’intensificazione dell’approccio cognitivo…
… senza trascurare il valore di aspetti apparentemente accessori come il valore del cibo in termini di comunione e memoria…
… per approdare a un’autentica azione pedagogica attraverso la riproduzione digitale di documenti capaci di illustrare la temperatura di un’epoca…
… affrontando con gentilezza ma rara efficacia didattica le asperità più traumatiche di cotanta trasformazione demografica in grado di cambiare le umane vicende…
… sempre stimolando il visitatore anche attraverso strategie di allestimento fondate sulla struttura dell’ambiente espositivo, tra labirinti epistemologici…
… e angoli di fruizione incastonati in arredi mutati in stranianti scarne scenografie geometriche.
Particolari inseriti in un contesto luministico raffinato che punta sui chiaroscuri, con sottotono tesi a sottolineare i punti luminosi posti in corrispondenza di totem e monitor portatori di informazioni.
Nessun osservatore può rimanere indenne alla forza espressiva di questo museo, nemmeno chi nella quotidianità si volta dall’altra parte ogni volta che si affronta l’argomento dell’esposizione: qui la sensibilità viene scossa con intelligente prepotenza ma lasciando libero il visitatore di scegliere le direzioni di apprendimento come di maturare un pensiero proprio su un tema ancora centrale nel nostro presente.
Un museo necessario, quindi, tra quelli imprescindibili per una maturazione civile.
Info: https://www.museidigenova.it/it/mei-museo-dellemigrazione-italiana