Da Cattivelli: unica trattoria su un’isola del fiume Po
E’ tutto un abbraccio da Cattivelli. Il Po abbraccia sinuosamente l’Isola Serafini su cui si trova, sgusciando tra il verdeggiare di una pianura che sa di acqua e lavoro. Il ghiaioso parcheggio dell’auto ti avvolge come per incoraggiarti a fere presto a entrare nel ristorante, dopo lo sforzo di attenzione per non sbagliare il percorso per arrivare in via Chiesa di Isola Serafini 2, a Monticelli d’Ongina (PC). I gestori a momenti ti abbracciano fisicamente, tanto sono carichi di una cortesia d’altri tempi. La cucina abbraccia questo ramo arzigogolato del Po e spinge un po’ più in là soltanto quando c’è da procurarsi qualche vini migliore e le anguille se mancano quelle locali.
Alla fine del pranzo invece sarai tu a voler correre ad abbracciare il cuoco per le emozioni che ti avrà regalato.
Se una trattoria è gestita da più di mezzo secolo sempre dalla stessa famiglia, è inevitabile che sembri anche a te di mangiare in famiglia. Una famiglia che vuole fare del proprio ristorante “una tappa naturale del percorso rivierasco del Grande Fiume, la Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina, ne rispetta le antiche tradizioni culinarie e la cultura eno-gastronomica”. E così è.
Il fiume Po qui te lo ritrovi nel piatto, con le specie ittiche che vi si pescano o i vini da viti che beneficiano della sua influenza su clima e terreni.
I geologi e gli esperti del territorio ti spiegano però che anche i salumi devono tanto al fiume: con le sue attività alluvionali infatti ha innescato un ciclo biologico virtuoso che dal terreno arriva agli animali, passando per foraggi e pascoli. E’ così spiegato uno dei segreti della qualità suprema dei salumi piacentini, insieme alla sapienza degli uomini che li producono.
Per questo non è banale chiedere ai Cattivelli innanzi tutto coppa e salame delle colline piacentine. Ma lo stesso processo che rende speciali i salumi della zona, vale anche per gli ortaggi e le verdure. Si può ordinare un dittico per averne dimostrazione.
Partite con lo Sformato di asparagi del Consorzio dell’Asparago Piacentino in salsa di Salva cremasco: la lavorazione è di grande classe, si insinua nel palato in maniera inebriante. Fate però attenzione a quelle due testoline di asparago che fanno capolino ai bordi del piatto: assaggiatele da sole… ecco, vi si bloccheranno le mascelle per l’incredulità: è con molta probabilità l’asparago più buono d’Italia, o quanto meno uno di quelli con maggiore personalità. Profumo, croccantezza, sentori linfatici, il livello di potenza dell’asparagina: non c’è bisogno di ordinarne un piatto a pare, quei due pezzettini già valgono il viaggio.
Non è finita con le verdure: vi aspettano le Zucchine della bassa ripiene: se le masticate a occhi chiusi, vi sembrerà di essere in aperta campagna, in pace col mondo.
Questa è terra di grandi primi, quindi rompiamo gli indugi e partiamo dagli inevitabili Ravioli in brodo, così fondamentali nella tradizione piacentina che non li troverete nel menu, perché non è necessario, ci sono sempre e sempre andrebbero chiesti, da queste parti. I ravioli di Cattivelli, ripieni di carne, vengono serviti in brodo di terza, così chiamato perché realizzato con le tre carni: costine di maiale, manzo e cappone.
Dal classico, passiamo alla mitologia: non c’è altro modo per definire il piatto identitario del piacentino per eccellenza, i Pisarei e fasò della tradizione, qui cucinati in maniera leggendaria. La consistenza dell’impasto dei pisarei sfida i grandi misteri dell’Umanità, mentre per la gradevolezza dell’insieme bisognerebbe scomodare le vette dell’arte: tra i più grandi piatti che si possano provare in Italia e non soltanto.
Si diceva prima dei prodotti ittici del Po. Due i piatti per capire di cosa stiamo parlando.
Il primo, il più delicato, è l’Anguilla marinata della casa, solitamente pescata nelle stesse acque che cingono la trattoria, ma in caso contrario cascherete comunque bene, perché arriverebbero da Comacchio. Sfilettata e arrotolata, è talmente fresca che vi sembrerà di starla addentando ancora viva mentre guizza nelle dolci acque del fiume. La marinatura ha massimo rispetto delle caratteristiche dell’anguilla: raramente potrete provarla in versione così radicale.
Acquadelle d’acqua dolce e filetti di pesce gatto è il fritto misto di fiume nella versione che si serve da queste parti. Le acquadelle battono di una spanna il gusto delle competitor di lago, le alborelle, infatti non c’è bisogno di esagerare con lo spessore dell’impanatura per renderle appetitose.
Rimane una tappa culturale obbligata, le Lumache in umido alla piacentina: carnosissime, l’intingolo in cui sono adagiate ne rispetta il gusto terroso.
I dolci si allontanano dalla zona, fatta eccezione per la Spongata di Monticelli, servita con crema chantilly: non per tutti i gusti, ma va comunque provata, se non altro per avere la scusa per berci sopra una Malvasia piacentina, nella versione Rosa frizzante di Montesissa, o la passita di Negrese.
I VINI
I vini, già. Da Cattivelli potete bere magnificamente per l’intero pasto con le Bottiglie della casa, tutti vini dei Colli Piacentini.
Sui piatti di apertura l’Ortrugo frizzante è già una festa: proveniente da Ziano Pacentino, in bassa Val Tidone, a due passi dall’Oltrepò pavese, trasmette la trascinante allegria olfattiva consueta di questo autoctono che sta guadagnando sempre maggiore meritata notorietà fuori dai propri confini.
La Malvasia Frizzante tiene fede al suo aggettivo di aromatica, senza addolcire mai però quel che starete mangiando.
Nota dolce più presente invece nel “leggermente abboccato” Gutturnio Frizzante, ma nulla che confligga con i piatti che vi arriveranno in tavola : è prodotto nella zona di Castell’Arquato, in val d’Arda.
Se per un attimo volete una bottiglia più istituzionale (ma non troppo), vi consiglieranno, a buona ragione, il Gutturnio La Valorosa, spremuta di piacentinità.
Per i dolci, al posto dei vini prima citati, potete ancor meglio ricorre anche in questo caso a una bottiglia della casa, la Bonarda Dolce Frizzante, 7 gradi di delicata marmellata di frutti di bosco vinificata.
Consiglio finale dei Cattivelli: “fatevi servire bargnolino e nocino dal Sig. Cattivelli o lasciatevi tentare dal fornito tavolo dei distillati”. Hanno anche la grappa monovitigno di Picolit della Nonino, che aspettate?
Magari aspettate di ascoltare un componente della famiglia parlare del Cattivelli: eccovi Luca Castellani che tra i familiari è colui che si occupa della sala.
Info: www.trattoriacattivelli.it