Il King dei panettoni a Brera: nuova tradizione Fiasconaro
Assaggio in strada, a Brera. Nel corner shop del Carlyle Hotel di corso Garibaldi, primo presidio Expo. Come in piazza a Castelbuono, davanti alla pasticceria dove è iniziato tutto. Con le meravigliose creme di pistacchio, mandorle e manna.
La prima lezione del capo pasticcere Nicola Fiasconaro. Il tecnico creativo dei fratelli. “Il panettone è vivo, se lo farcisci hai due problemi: i conservanti e il fatto che l’impasto se lo mangia”. Quindi crema a spalmo, fatta in una delle dieci aziende dell’indotto sull’isola.
Un marchio delle Madonie che ha conquistato il mondo. Con il panettone milanese e la materia prima siciliana e mediterranea. Dopo aver lanciato le varianti Oro di Manna, “resina medicinale e zuccherina che si raccoglie intorno a Castelbuono”, il Bianco alla mandorla, il Verde al pistacchio e il Nero alla crema di caffè e cioccolato, Nicola è ritornato a lavorare sul tradizionale milanese ed è uscito il King.
“Ho imparato tutto da Gino Alemagna e Angelo Motta – racconta Nicola –, anche se il vero rivoluzionario fu, a Pinerolo, Monsù Pietro Ferrua, che inventò alla Galup (Goloso) la glassa alle nocciole e cambiò i frutti dell’impasto con grande fantasia. Le mie glasse di manna, mandorla e pistacchio nascono da questa lezione. Un altro grande, fra i contemporanei, è Teresio Busnelli. I veronesi Melegatti e Bauli inventarono l’impasto neutro del Pandoro (dall’offella)”.
Quindici gusti, ricerca di nuovi processi, ricette e materie prime con l’Università di Catania, Scienze Alimentari. “Il King è la sintesi della nostra terra madre contadina, senza additivi. Come sempre. Grano tenero autoctono, dai piccoli appezzamenti delle Madonie, a Ganci e Polizzi Generosa. La piccola produzione di malvasia passita di Salina, arance della piana di Catania, Lentini e Carlentini, canditi a Napoli da Ambrosio, senza ossidazione di anidride solforosa, uva australiana, burro di Normandia e Belgio (grassi in fusione corporea a 25 gradi). Più digeribili e buoni”.
Lievito madre e i frutti di Trinacria.
Street dolce. Il King e l’Oro di Manna, nel Carlyle di Brera che diventerà il corner delle eccellenze siciliane da qui all’Expo e oltre. Capifila, i Fiasconaro, famiglia di pasticceri a Castelbuono che in pochi anni hanno imposto il loro panettone tradizionale milanese nel mondo. E anche a Milano.
Industria artigianale da 700mila panettoni l’anno, dieci milioni di fatturato, cento posti di lavoro in paese e 500 nelle dieci aziende siciliane dell’indotto.
Dal 1953, quando Mario Fiasconaro, papà di Fausto, Martino e Nicola, apre la pasticceria.
Nicola ha imparato qui e in Piemonte, poi elaborato prodotti in cui la materia prima autoctona e la ricerca fanno la differenza. “Stiamo cercando piccole produzioni di frutti nostri da candire e di introdurre l’uva australiana nel Trapanese e nel Nisseno”, spiega Nicola.
I segreti. “Il lievito madre, che mi è stato regalato da Carlo Grossi, ha 65 anni. Sette rinfreschi ogni tre ore, al terzo giorno il processo è finito. Lo studio delle paste acide ci ha insegnato che non serve aggiungere nulla. A Bronte raccogliamo e lavoriamo pistacchi e mandorle, a Catania la frutta martorana, a Raffadali e Canicattì facciamo cubaite e creme, a Gagliano Castelferrato confetture e rosoli. Solo l’uva sultanina viene dalla Turchia, anche se la migliore è l’australiana. Lilli Fazio ci dà le bollicine. Zibibbo in botti di marsala e malvasia passita di Salina sono l’aroma in più. Uova brade dalla Contea di Modica, burro nobile del Nord Europa (il migliore sarebbe in Nuova Zelanda), arance e l’impasto è fatto. Molto nutriente ma sano. Basta mangiarne di meno”.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 14 dicembre 2014.