Il ristorante di Villa Cefalà a Santa Flavia (Pa), ponte tra mare e terra
L’agriturismo Villa Cefalà a Santa Flavia, a due passi da Palermo, ti accoglie con i colori tipici del Territorio…
… ti irretisce con un dedalo architettonico che trama tra i campi e la villa…
… incantati dalla natura rigogliosa in cui è immersa…
… attirati dal relax promesso dalla piscina che occhieggia discreta in mezzo al verde…
… proprio al fianco di accoglienti giardini che cingono le camere per il pernottamento…
… fino ad arrivare alla meta più ambita, il ristorante fortemente voluto da Giovanni Scaduto, coriaceo nel sostenere le ragioni della buona cucina, senza cedere alle lusinghe del facile guadagno, pur di tutelare qualità della materia prima, rispetto del Territorio e gentilezza del tocco culinario.
E’ proprio Scaduto a raccontarci la coraggiosa filosofia del locale.
In apertura, i crostini sono di quella Tumminìa qui celebrata in pane e pasta: l’antico grano siciliano è amatissimo nel locale, quasi da avvertirne il fragrante profumo perfino nell’aria.
Sui crostini è adagiata una ricotta aromatizzata agli agrumi e impreziosita da uova di ricciola. La tenacia del pane sostiene la delicatezza degli ingredienti che lo sormontano, sfociando in un finale che accenna al dolce.
Se invece volete godervi il cereale nella sua espressione pura, addentate il pane di tumminìa come tradizione comanda: fitto, profumato, ricco di sfumature dolci e amare, con una crosta dalla fragranza antica.
Il carpaccio di polpo con uova di polpo e gamberi di nassa è un pezzo di Mediterraneo portato in tavola: sapidamente marino e al tempo stesso di dolce consistenza, ha un gusto davvero inedito.
Le croccanti seppie di Favignana sono servite con il macco di fave condito con nero delle stesse seppie: colpisce il contributo aromatico del finocchietto selvatico.
Nella poetica levità delle lasagnette alla tumminìa si infiltrano i deliziosi Fagioli Badda di Polizzi Generosa, presidio Slow Food, insieme a scrocchianti lumache di mare.
Su una base di ottime Lenticchie di Ustica (altro presidio Slow Food) si abbinano a meraviglia sgombro, gallinella, scorfano e merluzzo, in un piatto che congiunge golosamente il mare alla terra.
Impossibile non fare un assaggio dei formaggi del locale, come la ricotta che sa di pecora (non datelo per scontato…) e la tuma che sa come deve sapere (anche questo tutt’altro che lapalissiano…).
I dolci, fatti in casa, ruotano, ma rappresentano un ferma certezza del locale: l’ispirazione viene attinta spesso da ricette antiche, recuperate in ogni meandro della residua memoria collettiva.
Dalla cantina, durante il pasto, è arrivato il Nihal di Todaro, grillo in purezza dell’alta valle dello Jato, arcigna quanto incantevole zona agreste del palermitano: profuma d’argilla come i terreni in cui nasce, è sapido e minerale, con magnifici sentori di mango. La fermentazione in bottiglia gli dona una leggera vivacità.
A seguire, sempre di Todaro, il 4 Elementa, “ottenuto da un’attenta selezione di quattro varietà di uve a bacca nera coltivate nell’azienda di famiglia in contrada Feotto nell’alta valle dello Jato, rappresenta l’espressione di un territorio storicamente vocato”, come racconta il produttore (www.todarowinery.com).
Questa unione di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Petit Verdot e Merlot si presenta erbacea al naso, dove si distingue il pungente olio essenziale del sorbo dell’uccellatore. In bocca invece arrivano frutti e dolcezza, come l’amarena sotto spirito. Si sente tanto la barrique.
Ancor di più si sente la passione che trasuda da tutti coloro che gestiscono il locale. Come lo chef Fabio Cardilio, intervistato a fine servizio.
Info: www.tenutacefala.it