Taste e dintorni, gli artigiani e le nobili nicchie
Gusto. Giusto. Si vede che è un brand di Pitti per la bellezza della location alla Leopolda, l’artigianalità degli espositori, le nicchie, le chicche e il piccolo, che è bello quando è bello.
E’ la macro regione che può avere come riferimento Firenze, con qualche eroico espositore dal Nord e dal Sud. Siamo il primo Paese al mondo per biodiversità, eccellenze dell’agroalimentare, ma esportiamo meno della Germania, molto meno dei prodotti italian sounding. Non abbiamo ancora imparato a fare rete intorno a manifestazione che abbiano qualità e massa (ben oltre i 200mila metri) per competere nel mondo.
Ci ha provato Fiera Milano dieci anni fa ma ha incassato il no di Parma e Verona, che avrebbero potuto andare con i loro marchi e il loro brand. Parma è un fallimento coerente con le ambizioni granducali della città, miracolata da una politica ottusa (non stiamo parlando delle sue eccellenze ma della sua capacità di diventare polo fieristico e logistico globale).
Verona ha una dimensione internazionale intermedia, Vinitaly che è importante ma certo non infastidisce i francesi e le nuove potenze del settore.
Nel frattempo, la Spagna ha saputo vendere benissimo il suo poco a Barcellona: Alimentaria, Food Technologies, Seafood, il Forum Gastronomic…
Pitti Taste sta nelle cose piccole, ma ben fatte, ha il suo charme dentro e fuori, spettacolari location. La trasformazione artigianale e creativa della materia prima che altrove scompare fra l’epica condivisa dell’atto agricolo (Torino) e i format grandi senza anima (Milano).
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 14 marzo 2015.