A Brescia dal Cibo nell’arte all’arte del cibo, il passo è breve
Se si ama il cibo, bisogna andare a Brescia in questi giorni: a pochi metri di distanza, una mostra emozionante e un’osteria commovente ci ricordano il gioioso legame con le nostre radici enogastronomiche.
Il cibo nell’arte a Palazzo Martinengo fino al 14 giugno mette in mostra “capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol” (amicimartinengo.it).
Si rimane senza fiato davanti alla vivida rappresentazione pittorica del desco quotidiano, un monito a non dare per scontato ciò che mettiamo in tavola e un invito a cercare sempre nei nostri pasti l’incanto della poesia agreste.
Le tele dei maestri lombardi, dal Campi a Baschenis (che coltivava la frutta che dipingeva), sono toccanti istantanee delle nostre tradizioni alimentari, oggi insidiate dalla modernità stellata e dalla corruzione mediatica del gusto.
Tradizioni che invece vivono in pieno fulgore a pochi passi dalla mostra, in via Gasparo da Salò 32, sede dell’Osteria al Bianchi, una delle più appassionanti d’Italia (www.osteriaalbianchi.it).
Ci sono venute le lacrime agli occhi quando abbiamo visto uscire dalla cucina un grande vassoio pieno di ossa bollite: i gestori, quando spolpano i grandi pezzi, lasciano sempre molta carne attaccata alle ossa, facendone un piatto primitivo da urlo.
La famiglia Masserdotti, tre generazioni riunite nel locale, si avventura per boschi e arrampica sui monti per trovare le migliori materie prime, come il burro artigianale di Zone, il più buono d’Italia. Ci condiscono i Casoncelli e i Malfatti, primi piatti storici della zona, buoni da perdere la ragione.
Al capostipite Franco brillano gli occhi quando ti fa assaggiare i fagioli con la cotenna, di un spessore mai visto così grosso: perché quest’uomo pieno di umanità e talento ci crede nelle preparazioni antiche, ritenendole un baluardo della Memoria da tutelare con rispetto sacro.
Sono importanti come le vestigia archeologiche del vicino Capitolium, ricette come il pestöm di carne trita o lo stracotto d’asino. E’ identitario come i reperti del Museo di Santa Giulia una squisitezza come il manzo all’olio, quasi una crema di carne cotta in extravergine. Ed è leggenda il pirlo, l’aperitivo bresciano che il figlio Michele ti prepara davanti agli occhi, accompagnandolo con i Bertagnì di merluzzo fritto.
Uscendo, abbiamo abbracciato a lungo Franco; mangiare qui, è una lezione di vita.