La cucina dell’Afghanistan, stuzzicante crocevia di civiltà
Nel cluster dell’Expo, suk poveri di contenuti e deludenti nell’allestimento ma comunque ricchi di profumi e suggestioni, è stato possibile scoprire nel 2015 diverse cucine esotiche di Paesi lontani, soprattutto street food a base di carni speziate, riso e qualche verdura.
L’esperienza più ricca l’ha offerta l’imperdibile Ariana Afghan Kabul Restaurant che nel cuore del cluster delle Spezie ha consentito di assaggiare la summa della gastronomia tipica dell’Afghanistan.
“Una cucina che rispecchia il nostro essere crocevia di civiltà nell’Asia Centrale”, spiega il responsabile Naimzada Najib, “con echi dai popoli greci, turchi, persiani e indiani”, dando però vita a specialità uniche nel loro genere e introvabili negli altri Paesi.
Molto stuzzicanti gli antipasti, tutti a 5 o 6 Euro.
Come il goloso Bolani, sottile sfoglia preparata alla griglia, il cui ripieno di porri e patate sprigiona un profumo divino.
Il Sambosa, piatto di origine pakistana, qui è regionalizzato: l’impasto scrocchiante è farcito con patate prima lesse e poi ripassate al forno, insieme a vari tipi di erbe afghane, amalgamate in modo da formare una squisita cremosa imbottitura.
Quindi le Pakawra, fette di patate definite “malandati”, fritte in pastella: la fusione di densa morbidezza dentro e croccantezza fuori le rende irresistibili.
Segue una sfilza di piatti unici, tra i 6 e i 15 Euro, a base di stufati e di riso, ma a sbalordirci sono state le portate di pasta ripiena.
L’Ashak è un piatto molto tradizionale e popolare in Afghanistan: sono gnocchi bolliti riempiti con verdure speziate e sormontati da carne macinata e piselli, “affogati” in un condimento di yogurt fatto in casa, aglio e salsa alla menta, per un trionfo di acidità balsamica che rinfresca il palato.
Molto tipico il Mantoo, ravioli al vapore ripieni di carne di manzo appena speziata e cipolla, condita con piselli e la citata salsa aromatica allo yogurt: l’impasto coriaceo rende goduriosa la masticazione, mentre i sapori sono in perfetto equilibrio tra gli opposti del gusto.
Straordinari i dolci, tutti a 5 Euro.
Il Fernì è un budino locale fatto con una base di latte, frutta secca e cardamomo, cui si aggiunge frutta indigena: delicato quello al mango afghano che lascia una sensazione fiorita.
Pazzesco il Jelabì, ghirigori di pastella fritta composta da miele, zucchero e zafferano, a forma di lunghi spaghetti dolci attorcigliati imbevuti di sciroppo.
Ovviamente niente alcol: si pasteggia con una tisana allo zafferano di carezzevole dolcezza.
Abbiamo chiesto al responsabile del ristorante, Naimzada Najib, di raccontarci l’offerta gastronomica dell’Afghanistan a Expo: ci ha risposto, in italiano fluente, nel video che segue.
Info: www.expo2015.org