Al Parco Ciani, la Svizzera nel piatto
“Cucina svizzera” viene inteso come un ossimoro da quei gourmet così poco curiosi da perdere una buona occasione per alimentare la propria cultura gastronomica.
Peggio ancora se parli di “vino svizzero”, presunta contraddizione in termini per gli ossequianti delle risibili riviste enoiche a stelle e strisce.
Invece l’enogastronomia svizzera è uno scrigno di tesori del gusto, sepolto nei bassifondi del pregiudizio. Basta superarlo per scoprire che attaccata all’Italia c’è una terra che parla (anche) italiano e può offrire gusti inediti.
Dall’Italia è un soffio, prendere l’autostrada, resistere alla tentazione di scivolare verso le coccole del Lago di Como, superare l’ansia dello sguardo gentilmente indagatore dei doganieri, per farsi abbracciare dalla natura elegante del Ticino.
Un filare di verde austero che ti accompagna verso il centro di Lugano, parcheggio comodo e siamo già all’ingresso del ristorante Parco Ciani, gastroenciclopedia della cucina svizzera.
L’AMBIENTE
Già la cura dell’ambiente meriterebbe il viaggio: collocato all’interno del Palazzo dei Congressi, adiacente al lussureggiante parco Ciani da cui prende il nome, è improntato a un’eleganza così discreta da sfiorare il minimale.
Trionfa il candore del bianco, un senso di respiro pulito amplificato dalle grandissime pareti a giorno, tali da creare una fusione con l’esterno verdeggiante.
Dentro, dettagli così precisi da sfiorare l’ammiccamento culturale, con riferimenti al sogno, sia di carta che di celluloide: come la strizzata d’occhio agli amanti del cinema…
… e quella ai patiti dei comics, in particolare alle strisce italiane forse più di culto nel mondo, aventi quali protagonisti le intramontabili icone di Diabolik ed Eva Kant.
Questa atmosfera sospesa che potrebbe sfiorare la freddezza, viene improvvisamente riscaldata da una lavagna con le pietanze scritte a mano che fa tanto osteria di una volta.
E’ l’annuncio di una cucina che più a vista non si può: non soltanto si trova letteralmente dentro la sala, ma ha perfino i divisori in vetro trasparente, rappresentando così un vero teatro del gusto. Il lavoro della brigata di cucina, sotto gli occhi degli avventori, diviene uno show-cooking costante, vero spettacolo di arte culinaria.
Al tavolo, l’accoglienza è uno stilizzato tagliere dove formaggi del territorio circondano patate fritte dalla perfetta doratura.
IL MENU
Serve per affrontare l’impegnativa lettura del variegato menu. Già la dichiarazione d’intenti sul sito ufficiale fa capire l’orientamento gastronomico del locale: frasi come “ricerca di una cucina di standard elevato all’interno della quale la creatività riesca a sposare la semplicità dei prodotti del territorio” e “una cantina rifornita dei migliori vini a livello svizzero e internazionale” fa capire la sintesi tra ricerca e tradizione. La quale si sostanzia in questo menu ricchissimo.
Per chi ama la cucina creativa, c’è soltanto da sbizzarrirsi in un’ampia offerta di opzioni. E’ tale il livello di empatia creato con i clienti che certi piatti rimangono in carta proprio perché alcuni di loro li chiedono sempre, quasi un omaggio alla fedeltà degli avventori più affezionati.
Tra tanta scelta, a sorprenderci però è quella paginetta intitolata con discrezione “Specialità Parco Ciani”, perché in realtà contiene un compendio di cucina tradizionale svizzera.
La prima pietanza in cima alla lista è la tartare di manzo e non può essere un caso.
Vista la trasparenza della cucina, ci abbiamo messo piede e siamo stati accolti dal sorriso sornione del sous-chef Massimo Salvia, giramondo partito giovanissimo dalla sua Paternò in provincia di Catania per esplorare tutte le cucine del globo terrestre. Adesso sta crescendo al fianco dello chef di questo locale, Marino Romanò, ma intanto segnatevi subito il suo nome, perché ne sentiremo parlare.
A Salvia abbiamo chiesto come prepara la tartare, un piatto secondo lui semplice che si può fare anche a casa.
I PIATTI DELLA CUCINA SVIZZERA
Ci addentriamo quindi nelle specialità svizzere contenute in questa porzione di menu. Se una nazione suddivisa in cantoni conta ben 26 diversi distretti amministrativi e la bellezza di quattro lingue, è ovvio che vanti anche le più disparate influenze nella sua cucina.
Ne è perfetta dimostrazione il bratwurst, eco di un’antica tradizione bavarese, documentato fin dall’età medievale. Ma la Svizzera è una spugna che assorbe culture, le elabora e trasforma in proprie, così ecco che in terra elvetica la tipica salsiccia teutonica diventa il Bratwurst di Andeer, dal nome di un piccolo centro abbarbicato sui rilievi della Val Schams che si specchia nelle acque del Reno Posteriore, in Canton Grigioni. Un toponimo quest’ultimo che evoca grandi carni e infatti il Bratwurst di Andeer è composto al cento per cento di sublime vitello allevato sui Grigioni. Una spuma di carne, delicata e gustosa, al fianco della quale viene stesa della salsa di cipolle.
A piantare nel piatto la bandiera con la croce bianca su campo rosso sono i Rösti, orgoglio identitario del bilingue Canton Berna: un piatto di patate fritte avviluppate una con l’altra fino a diventare quasi un tortino croccante basso, dorato da ottimo burro. Sarebbe qui un contorno, ma il suo gusto ha tale personalità da ergersi alla contitolarità del piatto.
Giusto per ribadirne l’importanza (e la bontà), i Rösti li ritroviamo anche al fianco di un’altra perla autoctona, lo sminuzzato di vitello alla zurighese, delizia di carne cotta in padella con la panna. Semplice all’apparenza, irresistibile al palato.
I FORMAGGI
Ma non si può parlare di Svizzera da mangiare senza i miracolosi formaggi prodotti da questa terra.
Al Parco Ciani non esagerano con le varietà, ma con la qualità sì. Basti sentire il profumo selvatico e naturale della loro densa fontina, o l’inevitabile Emmental, ottimo sia nella versione giovane che stagionata.
I formaggi di cui vanno più fieri qui, giustamente, sono quelli ticinesi per eccellenza, la Tremola e il (San) Gottardo. Meraviglie di latte bovino, tipiche del Canton Ticino, in particolare della zona di Airolo.
La Tremola è una formaggella, fresca al gusto, ma intensa al naso, restituendo tutta l’intensità delle erbe di montagna con cui vengono alimentate le bestie.
Il San Gottardo, più duro, al naso profuma invece di fieno, mentre in bocca sprigiona la piccantezza donata da una lunga stagionatura. La pasta rimane comunque cremosa, con un curioso retrogusto di limone che si avverte nel finale.
I SALUMI
Tra queste meraviglie, potrà spuntavi nel piatto qualche buon salume, tra cui un vero fuoriclasse: la Carne secca dei Grigioni di Andeer.
L’altrimenti detta Bündnerfleisch, in Europa è una preparazione tipica dell’arco alpino, dove l’essiccazione all’aria fresca della carne scaturisce dalla necessità di conservarla. La trama della sua carne è fitta e il suo gusto molto sapido.
LA SELVAGGINA
Natura rigogliosa, tanti boschi e aria tersa fanno della Svizzera uno dei paradisi centroeuropei della selvaggina. Se ne ha un saggio approfondito proprio al Parco Ciani, dove stagionalmente, con i primi freddi, appare un intero menu dedicato a quella che un tempo veniva chiamata cacciagione, quando la civile e nobilissima cultura della caccia non veniva demonizzata da qualche esagitato.
Copiosa l’offerta di piatti e preparazioni di questo menu speciale.
Il tagliere di salumi di cacciagione è pressoché inevitabile, ma l’entrata più sorprendente è il carpaccio di cervo marinato: carne rossa e sanguigna che dona immensa soddisfazione alla masticazione.
A quel punto è suggerita una sorta di verticale con il filetto di cervo, per approfondire il gusto di questa carne dalla muscolatura nervosa. In alternativa, l’ossobuco di cervo con risotto alla milanese: qui giunge l’eco della vicina Lombardia, ma la parte carnosa ha sapore di grande originalità, con quel suo reale sentore di bosco.
Il risotto invece colpisce per la perfezione assoluta della cottura, merito della mano sicura di Massimo Salvia in cucina.
Se ne ha conferma con il risotto al Merlot del Ticino al filettino di lepre. La perfetta croccantezza del riso Carnaroli viene avvolta dall’acidità dell’elemento vinoso, andando a sposarsi magnificamente con la delicata selvaticità della lepre.
Ammirando la mano dell’ancor giovane Salvia, gli abbiamo chiesto di raccontarci la cucina del locale.
Non rimane adesso che andare a scoprire i nettari con i quali accompagnare tanti splendidi piatti.
Info: www.gsirestaurant.ch