Viaggio, trasporto in gabbia (No Matter What You Eat)
Di Francesca Lolli,
con Latifa Messaoudi
Assistente Francesca Sebastiani
2013.
Viaggio, trasporto in gabbia
I polli da carne vengono allevati in condizioni del tutto incompatibili con il loro benessere ad una densità che va da 17 a 22 polli/m², cioè una superficie inferiore a un foglio A4 per animale. Questa sovrappopolazione provoca gravi problemi di benessere e i polli soffrono di numerose patologie.
Privati di esercizio fisico, essenziale per il loro sviluppo osseo, soffrono spesso di problemi di locomozione. Durante i trasporti i polli vengono stipati in gabbie dentro le quali affrontano lunghi viaggi, spesso notturni.
No Matter What You Eat è una serie di videoperformance sull’allevamento intensivo e la sensibilità animale.
La scelta strutturale del video consiste nel reinterpretare attraverso il corpo umano le quattro tappe della vita di un animale destinato alla produzione intensiva. L’attenzione è posta sulla allevamento intensivo, tradotta in un linguaggio del corpo che fra assonanze e differenze evidenzia una indiscutibile empatia fra l’uomo e la bestia. I corpi neutri, puliti e incontaminati degli attori si scontrano con i rumori reali di quei luoghi di allevamento, trasporto e macello da sempre protetti e nascosti agli occhi del consumatore.
E’ davvero “meglio non sapere cosa si mangia”?
FRANCESCA LOLLI
Tutta la mia ricerca si può racchiudere in un’unica parola: urgenza. E’ l’urgenza che porta alla comunicazione, ed il mezzo che ho scelto per fare ciò è quello che mi è più congeniale: il video. Attraverso di esso cerco di essere veicolo di emozioni, cerco di condurre lo spettatore alla meta da me prefissata, filtrata dalle sue esperienze di vita. In fondo, ognuno vede sempre solo ciò che vuole, ciò che più desidera o teme. Io cerco soltanto di guardare attraverso la camera, di sublimare con e attraverso essa la mia visione della vita e del mondo che mi circonda e possiede. E’ lei che mi protegge ed allo stesso tempo mi spoglia, rendendo evidenti i miei pregi e i miei fin troppi difetti.
In fondo “la vita è colpa dell’arte” (Pierre Restany).