E’ nobile L’arte del Sushi: storia, gastrocultura e moda
Viaggio gastroculturale, questo è il lavoro collettivo L’arte del Sushi (Gribaudo) curato da Stefania Viti che il Giappone ha studiato e per anni ci ha vissuto, lo racconta e traduce.
Un piatto simbolo e un piatto pieno di (nostri) equivoci, che parte dal volume Il Sushi, uscito nel 2013 nella collana Feltrinelli Real Cinema insieme al dvd Jiro e l’arte del sushi, sempre curato da lei.
“Un libro di cultura gastronomica – spiega – che racconta la storia e il mondo che gira intorno al food. Così ho chiesto agli amici di partecipare al progetto, con dei saggi. Senza ricette. Qui il sushi è anche un pretesto. Pio d’Emilia ci ricorda la differenza fra riempire la pancia e nutrirla. Mangiare con gli occhi e pensare con la pancia. Altri contributi vanno dalla geografia all’economia, la moda glocal. Gli chef italiani”.
“Come si mangia – continua –, il bon ton, letteratura e cinema, gli Hokusai Manga di Katsushika Hokusai (1760-1849) e l’Umami, il quinto gusto. Perché tutto parte dal Washoku, la cucina tradizionale, di cui ho tradotto le tavole. L’antica tecnica del Wasasa-nuri, la laccatura degli hashi, le bacchette da collezione della città di Obama, in mostra a Milano”.
In chicchi di riso. “Le prime notizie risalgono al 1100, con la cucina vegetariana dei monaci zen. Stagionalità, estetica, armonia, religione (ringraziare il coltello e il pesce). Solo molto più tardi entrano nella dieta pesce e carne (dal 1600): wagyu, pollo, maiale, cavallo. Ma ancora oggi il sushi in Giappone si mangia solo occasionalmente, al ristorante, non si fa in casa: è un’arte”.
Il nostro sushi è l’inconsapevole figlio di un equivoco e una moda.
Scrivono Allan Bay, Pio D’Emilia, Miciyo Yamada, Niccolò Geri, Davide Oltolini, Stefano Carrer, l’Associazione Culturale Giappone in Italia, Paola Scrolavezza, Graziana Canova Tura.
Stefania Viti intervista a Minoru Shiro Hirazawa, il maestro del Poporoya.
Stefania consiglia a Milano “il Poporoya, Basara, Yoshi, che ha vinto il Girotonno a Carloforte, Fukuro, Sumire, Sushi B e Osaka. Quelli che so”.
Info: www.feltrinellieditore.it
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 18 luglio 2015.