Quel filo rosso che unisce i dolci di Natale, da Nord a Sud
“ (…) Compariva ora, in due grandi piatti di cristallo, il budino a strati di amaretti, lamponi, biscotti e crema; all’altro capo della tavola si vide guizzare una lingua di fuoco; perché per i ragazzi c’era il dolce preferito, il plum-pudding alla fiamma”.
Così scrive Thomas Mann ne’ “I Buddenbrook” riferendosi al dolce tradizionale di matrice nordica che veniva servito nelle occasioni importanti, specialmente a Natale. Una preparazione che stupiva non solo i più piccoli ma anche gli adulti, grazie alla ricchezza e abbondanza degli ingredienti di cui era costituita, un segno importante di festeggiamento, sia sul piano gastronomico che culturale.
Del resto anche l’Italia possiede un numero elevato di preparazioni, dolci e salate, che testimoniano ancora oggi l’attenzione posta nei confronti di particolari ricorrenze. Tra queste il Natale occupa indubbiamente il posto più alto. Ingredienti che generalmente venivano consumati con parsimonia durante l’anno rientravano in innumerevoli preparazioni, simbolo non solo della volontà di sancire differenze sociali anche in ambito alimentare ma, aspetto ben più importante, del forte legame esistente tra il calendario e la cucina. Così, materie prime, modi di cottura e presentazione assumevano e assumono particolari significati, che rimandano ai simboli religiosi connessi a questo tipo di preparazioni. Lo zelten, tipico del Trentino-Alto Adige, è un dolce a base di frutta secca e canditi; erano proprio questi ultimi, soprattutto nel Medioevo, a godere di prestigio e attenzione(similmente allo zucchero); la frutta secca inoltre rimandava a simbologie cristologiche. Sono moltissime le proposte dolci che hanno all’interno frutta secca e canditi e ricoprono ancora oggi un ruolo centrale nella celebrazione delle festività.
Come non parlare inoltre del certosino o pan speziale di Bologna, composto da frutta candita, cioccolato fondente, uvetta, frutta secca e spezie, originariamente preparato e venduto dai farmacisti (quando le spezie nel Medioevo erano considerate non solo simbolo di ricchezza ma anche dei medicinali) e successivamente dai certosini da cui prese il nome. Simile nei significati simbolici era il panforte senese.
Passando per il Centro Italia bisogna ricordare la pizza de natà, costituita da impasto del pane arricchito di cioccolato e fichi; una preparazione che testimonia quanto ho affermato in merito al ruolo sociale e culturale di alcuni prodotti. Il culmine culturale e gastronomico lo troviamo nel cannolo e nella cassata di Sicilia, in cui trionfa lo zucchero e la frutta candita e nei fichi ricoperti di cioccolato tipici della Calabria.
Un ventaglio di squisitezze che ricordano la complessità culturale, gastronomica e sociale che determinati ingredienti e preparazioni hanno avuto nel corso dei secoli e del forte legame che li ha uniti a generazioni di italiani, divenendo la meta gustativa tanto attesa (per chi se lo poteva permettere), oppure l’irraggiungibile oggetto del desiderio.