Lino Maga anzi Maga Lino: un libro racconta Il signor Barbacarlo
Lino Maga non è soltanto uno dei più radicali, seri e importanti vignaioli italiani di tutti i tempi, ma è pure un eroe civile.
Epica è (stata) la sua lotta per difendere il vino di famiglia, il Barbacarlo, dagli interessi materiali di alcuni avvoltoi e dall’ingerenza di una certa burocrazia ignorante che opprime il mondo agricolo.
Ma anche la sua vita quotidiana è un’epopea. Una vita spesa per fare il suo vino, quello consegnatogli in eredità dalla famiglia, senza alcuna concessione al becero mercato. Un vino quindi lasciato libero di essere ogni anno diverso, rispettando il mutevole incedere di Madre Natura: fenomeno incomprensibile per gli enologi mistificatori che omologano il vino con porcherie di ogni genere.
Un vino amato da chiunque ami davvero il vino.
Un’identificazione tra l’Uomo e il suo Lavoro ben rappresentato da un libro appena uscito che ne racconta la figura: Lino Maga anzi Maga Lino. Il signor Barbacarlo, firmato da Valerio Bergamini.
Il volume lascia parlare Maga, rispettando i tempi del suo eloquio rarefatto: sembra di leggere tra le righe le sue pause ieratiche, le continue boccate alle sigarette, la flemma oratoria dall’incedere carismatico. Così si snocciolano i ricordi della prima vendemmia, il rapporto con la terra e la vite, i grappoli che diventano i suoi libri, quindi la lunga saga familiare.
La narrazione s’infiamma nel capitolo La causa è durata 22 anni, 22 anni di vita, cronaca del lungo tenzone giudiziario a cui è dovuto ricorrere, per proteggere il suo Barbacarlo dalle fauci di chi voleva appropriarsi di questa denominazione, per lucrare sul lavoro di Maga e della sua famiglia, assurto a notorietà mondiale.
Poi i toni si addolciscono nel rimembrare gli amici fraterni, i legami di famiglia, gli insegnamenti paterni. Preziose le perle di saggezza contadina (“se la resa è scarsa, l’annata è buona”) e le rivendicazioni di coerenza (“io sono un uomo libero e parlo da uomo libero”), fino ad ammonimenti che tutti dovremmo seguire: “anche se la terra è povera, ti dà da mangiare”, “la cosa più importante è amare il lavoro”, “non siamo tutti uguali ma dobbiamo amarci l’un l’altro”, “la terra è la madre di tutti noi e ha bisogno di rispetto”.
Per chi, come chi scrive, ha avuto la fortuna di trascorrere del tempo con Maga e di ascoltarlo, leggere il libro regala la sensazione di essere di nuovo lì con lui. Per chi invece non lo ha ancora incontrato nella sua cantina di Broni (Pavia), il volume è un’imperdibile introduzione a una delle più grandi storie mai raccontate nel mondo del vino italiano moderno.
La seconda parte del volume raccoglie varie testimonianze di personaggi legati al mondo del vino.
Preziosa infine la postfazione di Walter Massa, appassionata nella forma ma equilibrata nel contenuto: riconoscendo a Maga il ruolo di “eroico cavaliere”, afferma che non è l’unico a lottare contro le nefandezze del mondo del vino, ma che si può eleggerlo a capitano “di questa squadra di sbandati che per tutta la vita ha lottato per il territorio e per gli uomini di buon gusto e di buona volontà senza aiuti da parte delle istituzioni, contro i consorzi e le loro regole antidemocratiche, contro i potentati”.
Il “glossario dialettale” che conclude il libro riconduce al mondo contadino, di cui Lino Maga rappresenta la più schietta e commovente forma di poesia bucolica personificata.
Un libro di formazione che tutti dovrebbero leggere, anche chi non si interessa al vino, per comprendere che un altro modo di stare al mondo è possibile, con fiera dignità.
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