Nel regno del Nerello Mascalese: sotto l’Etna, tre vini da record
Vendemmia sull’Etna. Per ora annunciata, fra i piccoli coni e la verzura di un sottobosco che macchia le pietre nere, la vigna, i boschi di castagni e gli alberi da frutto.
Un mare verde fra il vulcano e il mare, fra Giava, Sumatra e Passopisciaro, contrada e bottiglia di Franchetti che per prima ha fatto innamorare Milano.
I rossi dell’Etna, salendo da Zafferana a Castiglione di Sicilia, avevano in realtà già fatto innamorare americani e inglesi, giapponesi e coreani, tutti i palati sentimentali e i nasi curiosi.
Un terreno segnato dalla diversa mineralità delle colate e della sabbia, l’esposizione. Poche bottiglie, biodiversità altissima e tre autoctoni: Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, le bacche bianche di Carricante. Piante con tre grappoli sotto le foglie, le botti vecchie, il cemento e l’acciaio.
Le prime verticali per una produzione che comincia a lavorare i cultivar in purezza solo dal 1995 e dopo il 2000. L’esportazione che arriva al 90 per cento, le annate esaurite. La prossima passione che dovrebbe scoppiare a Milano (ma Claudio Sadler mi ha confessato di essere impazzito, giustamente, per il Cappuccio).
I vecchi palmenti che raccontano la storia di questa enologia difficile, faticosa e costosa.
Gli chef di Chic, con il presidente Marco Sacco (due stelle al Piccolo Lago), Felice Lo Basso (una all’Unico di Milano) con Seby Sorbello (Esperia Palace) e Pietro D’Agostino (una stella a La capinera, Taormina), la Fic, hanno lavorato con vigneron, produttori ed esperti agli incontri di Cantina Graci e all’evento ospitato dal Golf Resort del Picciolo.
Il Nerello Mascalese in purezza di Graci e l’elegante Nerello Cappuccio di Benanti (vinicolabenanti.it), il suo Carricante in purezza bianco Pietramarina, il classico uvaggio rosso del Rovittello, l’apoteosi del Serra della Contessa.
In contrada Arcurìa bianco, Carricante, e rosso, Mascalese di Graci, il blend di Contrada Barbarecchi. Le vigne vecchie che avevano solo qualche filare di Cappuccio.
“Accusì è”, dicevano i vecchi a chi chiedeva loro di cultivar.
Un territorio di cose uniche e buone, il prossimo paradiso, mentre l’Etna sbuffa.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 03 ottobre 2015