Beppe Rinaldi, l’arte di fare vino in direzione ostinata e contraria
Di lotta e di governo, si diceva un tempo di chi riusciva a essere al tempo stesso apprezzato tanto dal Potere istituzionale quanto da chi lo contesta.
Nel mondo enologico questa impresa è riuscita soltanto a Beppe Rinaldi, vignaiolo in Barolo (provincia di Cuneo), capace di essere amato e celebrato tanto da chi governa il sistema vino quanto da chi ne è fiero oppositore.
Una stima ecumenica che si può ottenere soltanto se si ha una forte personalità non allineata e un’incontestabile credibilità, come nel caso di Rinaldi.
Questo successo panico in ambito enoico lo puoi conseguire però soltanto se fai un vino oggettivamente superiore. E Rinaldi lo fa.
Dategli il valore che volete, ma il suo palmares è impressionante: una sfilza di premi che piovono continuamente da ogni parte e che lui accetta con una velata ritrosia autoironica.
Perché è vero che ti dice “io vivo anche di allori”, ma è altrettanto vero che non fa nulla per ingraziarsi il consenso del Gotha degli influencer del vino mondiale.
Tirato continuamente per la giacca da manifestazioni di ogni tipo, cede sbuffando soltanto alla corte più insistente, ma sempre con il disincanto di chi deve tenere fede alla fama del proprio alias, quel Citrico che dovrebbe indicare una persona scorbutica e acida, quando invece Beppe è sì riservato e appartato, ma anche generoso e ancor più dotato di spiccata umanità.
Soltanto chi non conosce il carattere ancestrale dei langaroli può sorprendersi per la loro schiettezza contadina, mentre solamente chi non pratica la dialettica può sentirsi urticato dalle sentenze tranchant di Rinaldi.
Il cui pensiero coerente si snocciola su un ristretto ma inscalfibile rosario di principi: se un vignaiolo ha una storia personale e famigliare importante, la deve proteggere e utilizzare; l’assemblaggio di uve di diversa provenienza per fare il Barolo è pratica più tradizionale dei cru; il vino va “affinato” e non “invecchiato”; nella produzione enologica, l’Uomo è importante ma non essenziale: conta il vitigno; l’esposizione dei vigneti del Barolo deve essere verso Sud, meglio se il terreno è senza scheletro; la corsa all’industrializzazione ha tradito la piemontesità del vino; in Italia abbiamo troppi enti che controllano il vino, gestiti spesso da ignoranti al potere; l’eccesso di igiene in cantina uccide i lieviti e le spore, impedendo al vino di evolvere in maniera naturale e spontanea; ricordarsi sempre che il Barolo si chiamava Nebbiolo vecchio e amaro.
Già, il Barolo, il Barolo di Rinaldi. Non abbiamo speso una riga per descriverlo. E non lo faremo. Perché già in tanti si sono spesi in questo esercizio, in troppi.
Tutti a cercare sfumature inedite o i soliti ridicoli sproloqui di certi sommelier e taluni critici intenti a elencare sentori e profumi nel loro sterile esercizio onanistico che può imbambolare soltanto gli incolti e gli eno-fighetti.
Il valore del Barolo di Rinaldi è un dato oggettivo che non ha bisogno di commenti pseudo-qualificati: bevetelo e fatevi la vostra idea.
Non fatevi però distrarre dalle celebrate penne che, riferendosi a Rinaldi, vi parlano soltanto del Barolo.
Abbiate la pazienza e la curiosità di addentrarvi tra le sue produzioni di cui si parla meno, ma che non sono affatto inferiori al suo Barolo: farete scoperte commoventi. Come la sua Freisa, o la vinificazione del Ruché che rappresenta un omaggio alla propria tradizione familiare. Solo allora vi sarà chiaro il mondo di Rinaldi.
Al cui ritratto dovrete però aggiungere la passione sfrenata per la Lambretta, per l’arte figurativa e la lettura.
Delle storiche due ruote ha una vera collezione e vi si dedica con lo stesso amore che rivolge alle sue vigne, trascorrendo ore a lavorare personalmente sulla meccanica con la stessa perizia con cui segue ogni fase della vinificazione.
La passione per l’arte si evince già dalle etichette dei suoi vini che ospitano opere di artisti importanti, ma se volete vedere il sorriso più ampio possibile di Rinaldi, citategli il Futurismo: elevata la sua competenza in merito, con un culto particolare per Luigi Russolo e il geniale Intonarumori che inventò nel 1913.
Perché gli piacciono gli spiriti affini, i rivoluzionari inquieti e radicali come lui, uno che ha continuato a fare Barolo tradizionale anche quando esplose la follia anticulturale di innovare questo vino, i cui artefici assetati di solo danaro oggi vengono sempre più puniti dal mercato.
Perché rivoluzione non significa distruggere ciò che ti ha preceduto, ma semplicemente andare “in direzione ostinata e contraria”.
Se avrete come noi la possibilità di trascorrere delle ore con Beppe, sarà tutto un assistere a lui che tira fuori libri di ogni sorta, dalla poesia alla saggistica enologica antica, in un eccitante blend di letture e citazioni.
Anche se Rinaldi ama definirsi “soltanto un contadino”, pur essendo in realtà in origine un veterinario, sa bene però che pure chi lavora in campagna può coltivare la propria cultura come e più di un intellettuale da scrivania.
Ma non ditegli nulla di tutto questo: non ama i complimenti. Infatti non amerà neanche questo articolo, giustamente: per quanto possa essere sincera l’ammirazione nei suoi confronti, la rifiuta rigorosamente a priori. Sarà per questo che quando lo abbiamo salutato e ci siamo fatti scappare un “speriamo di rivederci presto”, ha risposto con un “ma nooo…”, sebbene accompagnato da un sorriso.
Vuol dire che ci limiteremo (si fa per dire…) a bere i suoi nettari evocativi, magari sfogliando il volume La cucina futurista che Filippo Tommaso Marinetti e Fillia diedero alle stampe nel 1932: così potremo imbatterci nel passaggio in cui il vino, “bevanda di antichissime tradizioni”, è definito un’entità dinamica “che contiene il carburante-uomo e il carburante-motore”.
Questo passaggio siamo sicuri che piace anche a Rinaldi, perché che si tratti di vino o di Lambretta, c’è sempre un motore inarrestabile, nella sua vita, alimentato dalla Passione.
Durante la visita a Beppe Rinaldi, con la nostra telecamera abbia cercato di cogliere sprazzi del suo mondo; li abbiamo raccolti nel video che segue.