Castello Incantato di Bentivegna a Sciacca, nel Regno di Genio e Follia
Una delle figure più straordinarie, dolorose e bizzarre della Cultura italiana di tutti i tempi, eppure tre le maggiormente misconosciute. Un uomo traviato dalla vita, irriso ed emarginato, perfino aggredito fisicamente, incompreso anche come artista, tanto che il sito della sua città natale fa notare come “ancor oggi i critici d’arte si dividono tra considerarlo un genio o un pazzo”.
Con queste premesse, impossibile non amare Filippo Bentivegna, figura maledetta perfino dalla sua stessa gente fino a quando un manipolo di illuminati non si è impegnato per farlo rivalutare. Il culmine di questo tributo post-mortem è stata la trasformazione della sua abitazione-atelier saccense in un curioso e molto affascinante luogo espositivo e celebrativo.
L’opera (e quindi la vita) di Bentivegna è stata condensata da lui stesso nella dimora-laboratorio en plein air chiamata Castello Incantato: nome sognante che rende bene una certa atmosfera del luogo ma non in pieno gli aspetti più drammatici e i risvolti oscuri della vita difficile e tumultuosa di questo grande irregolare dell’arte italiana.
Il Castello Incantato viene presentato come “un giardino museo, all’interno del quale si possono ammirare circa 3000 sculture realizzate dallo scultore Filippo Bentivegna, […] un punto di riferimento per Art Brut, mondiale”.
A gestire il Giardino e quindi la memoria di Bentivegna dal 2008 è la cooperativa Agorà, “offrendo una fruizione diversificata del sito museale attraverso una programmazione culturale che spazia dalle mostre ai concerti, dalle rappresentazioni teatrali alla presentazione di libri”.
Il Castello Incantato si trova poco fuori il centro urbano di Sciacca, alle falde del Monte Kronio, “uno spettacolo inventato dall’inventiva dell’uomo e della natura, dove, oltre agli ulivi e ai mandorli, sorgono le teste scavate e scalpellate nella roccia dall’artista detto Filippo di li testi”.
E’ emotivamente devastante l’effetto di camminare tra le onde lapidarie di questo mare pietrificato di dolore e solitudine. Ogni figura, scolpita per sempre nel sordo mutismo, sembra non voglia comunicare nulla, trattenendo in sé l’enigma di questi sguardi vitrei e interrogatori. Ogni soggetto ha il suo segreto chiuso in sé, perentoriamente omertoso nello svelarsi all’osservatore, come fosse figlio della diffidenza dovuta a chi troppe botte ha preso dall’altro.
Così, anche se ti trovi in compagnia, vieni precipitato nei meandri della tua solitudine personale, ravvivata soltanto dallo stupore davanti a tanta perseveranza monotematica. Provoca vertiginoso smarrimento il labirintico percorso creato a posteriori, criticato dai puristi che avrebbero voluto mantenere l’originaria dislocazione caotica delle opere, una volta immerse tra spuntoni di roccia ed erba incolta.
I vialetti tuttavia divengono delle vie guidate per evitare di perdere non soltanto la rotta ma pure se stessi, perché la potenza empatica dell’arte di Bentivegna è capace di trascinarti nel suo gorgo primigenio, in un processo di simbiosi che ti porta a immedesimarti nell’autore: così il circuito tra i muretti ti spinge al movimento incessante, senza tregua, fino allo sfinimento stendhaliano dell’estasi.
Bentivegna è figlio di Sciacca, dove è nato nel 1888 e morto nel 1967.
Di famiglia numerosa e modesta come tante in quel periodo, Bentivegna, senza alcun titolo di studio, andò a cercare fortuna in America, trovando invece ogni forma di umiliazione che un immigrato possa subire in terra ostile.
All’infatuazione infelice per una donna americana, a causa della quale fu picchiato, sarebbe attribuito il mutamento psichico che lo avrebbe portato verso l’arte ma anche verso l’emarginazione sociale.
Rimpatriato, tornò nella sua Sciacca, dove col denaro americano acquistò il podere che sarebbe poi diventato il Castello Incantato. Qui si mise a scolpire ogni cosa: la montagna, gli alberi, perfino i cani, tosandoli ad arte.
“Le sue sculture sono tutte diverse e raffigurano personaggi famosi e non, a cui dava anche un nome e che, nel suo immaginario, rappresentavano i sudditi del regno che egli aveva creato e di cui era il Signore”, si racconta nel sito di Agorà, “amava infatti farsi chiamare dalla gente Sua Eccellenza”.
“Al centro del podere sorge la casetta dove il Bentivegna scolpiva, le cui pareti sono decorate da disegni raffiguranti grattacieli che ricordano il suo soggiorno in America e un pesce che contiene nel proprio ventre un pesce più piccolo che forse simboleggia la traversata dell’artista all’interno della nave che lo condusse a New York”.
Secondo Agorà “si dice che si aggirasse per le vie della città con in mano un corto bastone che reggeva come fosse uno scettro, autoproclamandosi Signore delle caverne per i numerosi cunicoli che scavava nella terra per trovarvi energia”.
Considerato un matto da diversi suoi concittadini del tempo, siamo convinti che avrebbe invece meritato in vita maggiore comprensione per le traversie vissute e affetto per la sua fragilità, oltre che rispetto per la pur straniante produzione artistica.
Per lui si è passato dal dileggio in vita al saccheggio delle sue opere dopo morto, prima che a tutela della sua memoria e della sua arte intervenisse chi oggi lo ricorda e promuove doverosamente.
La storia umana di Bentivegna, la sua epopea carica di dolore, genio e follia, ci viene raccontata dal geologo Francesco Lo Bue, noto studioso saccense esperto di archeologia e di arte. E’ stato tra coloro che hanno fatto rinascere l’interesse per il Bentivegna artista, una rivalutazione critica che ha portato alcune sue sculture a essere esposte al Museo dell’Art Brut di Losanna.
Alle voci di coloro che stanno rendendo tributo a Filippo Bentivegna, nel 1999 si è aggiunta quella dei Virginiana Miller, tra le più celebrate band di culto in Italia. Il gruppo capitanato da Simone Lenzi nell’album Italiamobile ha dedicato all’artista di Sciacca lo struggente brano Bentivegna, capolavoro assoluto di impressionismo musicale che ritrae la vicenda del controverso personaggio con la delicata potenza di liriche altissime e una melodia commovente.
Segno tangibile di come l’artista saccense sia in grado, oggi più che mai, di fare breccia nei cuori più sensibili e nelle menti più attente.
Info: www.castelloincantato.eu