La Brovada, tipicità friulana da rape fermentate nelle vinacce
Merita di essere conosciuta un’antichissima tradizioni come la Brovada, piatto simbolo friulano con cinquecento anni di storia: sono rape autoctone, fermentate nella vinaccia per quaranta giorni, ottime cotte con un soffritto, eccezionali per accompagnare piatti dai sapori decisi, come le pietanze di carne di maiale.
Sulla Fiche di sintesi dell’oggetto dell’istanza di registrazione della Denominazione d’Origine Protetta si legge che la Brovada “identifica un prodotto ottenuto dall’elaborazione di rape coltivate, immerse in macerazione e lasciate fermentare in vinaccia acidificata esclusivamente all’interno della zona di produzione delimitata; il prodotto deve essere sempre preconfezionato e viene immesso al consumo tagliato e grattugiato a fettucce”.
E’ un prodotto stagionale, quindi la sua elaborazione inizia a partire dal 1° settembre e deve terminare entro il 31 marzo.
La zona di coltivazione, trasformazione e preconfezionamento della Brovada “coincide con il territorio censuario e amministrativo dei comuni ricadenti all’interno delle province di Gorizia, Pordenone e Udine nella regione Friuli Venezia Giulia”.
Fortissimo il legame col territorio, visto che si tratta di “un prodotto tipico ed esclusivo della regione Friuli Venezia Giulia costituito da rape bianche dal colletto viola, fatte fermentare a contatto con vinacce provenienti da vitigni rossi”.
La storia ci dice che “la coltura della rapa era diffusa in passato e gli esperti insegnavano a conservarle in salamoia oppure sotto aceto”, mentre il gastronomo Apicio già ai tempi dei Romani vergava una ricetta come questa: “conserva di rape (Brassica rapa) o di navoni (Brassica Napus), pulire gli ortaggi e sistemarli nei barattoli, coprirli con mistura di bacche di mirto, miele e aceto”.
Il nome sarebbe un dono etimologico dei Longobardi, visto che brovada dovrebbe derivare dal lemma longobardo breowan che vuol dire bollire.
Già uno storico del XVI secolo, Jacopo Valvasone di Maniago, parlava di “un tinazzo che era pieno di rape conservate ne raspi d’uva, come ancora si costuma di fare in questi nostri paesi”.
Si osserva che nei testi antichi “si rintraccia il modus operandi di come utilizzare le rape, ovvero l’usanza di tritarle, pestarle o ridurle in filamenti”. La procedura del grattugiare le rape fermentate, “costituisce un tratto esclusivo e unico della loro preparazione nel territorio del Friuli Venezia Giulia”.
Lo studioso delle tradizioni friulane Valentino Ostermann nel 1894 ricorda che “la brovada era tipico ingrediente di calde e sostanziose minestre invernali, aggiunta ai fagioli oppure alle patate”.
In effetti essa è “alla base delle più note e peculiari preparazioni gastronomiche del Friuli Venezia Giulia. Alcuni esempi: “la jota: ai fagioli ben cotti si aggiunge la brovada, latte, acqua, farina di mais e burro o altro condimento (lardo tritato), cipolla, prezzemolo e aglio soffritti; lo zuf: una specie di polenta piuttosto liquida di farina di mais e brovada che specialmente in Carnia si abbinava ai fagioli e alle castagne lessati; il muset, cotechino portato a metà cottura in acqua e abbinato poi alla brovada”.
Abbiamo chiesto a un produttore di Brovada Dop, Fulvio Mansutti dell’omonima società agricola, presidente dell’associazione che opera per la sua valorizzazione, di raccontarci questo affasciante prodotto identitario.
Info: www.brovadafvg.it