I vini di Quartomoro, memoria vivente degli autoctoni di Sardegna
Bovale Grande, Vermentino, Cannonau, Nuragus, Carignano, Semidano, Muristellu, Vernaccia, Cagnulari, Monica, Pascale, Girò, Malvasia: sono i vitigni autoctoni della Sardegna, dai più famosi a quelli sconosciuti.
Arborea-Terralbese, Oristanese, Mandrolisai, Planargia, Nuorese, Ogliastra, Baronie, Gallura, Nurra-Coros, Centro Basso Campidano, Sulcis: sono i territori dell’isola in cui quei vitigni vegetano, per poi dare vita ai vini sardi autoctoni.
In questi due piccoli elenchi è concentrata la storia enoica della Sardegna e con essa parte fondamentale della storia socio-antropologica dell’isola.
Elenchi che campeggiano sotto le voci ”Sardegna” e “Uve” nel sommario della home page della Quartomoro di Sardegna, “micro-azienda in evoluzione” di Arborea (Oristano) che “nasce come cantina didattica di Piero Cella, substrato sperimentale e di ricerca dell’enologo; si pone come fabbrica di idee, di esperienze sulla viticoltura e l’enologia sarda; l’intreccio di rapporti professionali e sociali produce una serie di prodotti derivanti dalle uve che mirano ad essere le pietre miliari della produzione sarda”.
Elenchi che non annunciano necessariamente vini prodotti da quelle uve, ma che intendono farsi documento storico, a tutela della memoria collettiva del popolo sardo e quindi dell’Umanità intera.
E’ chiaro dunque che si tratta di un profondo progetto culturale che invece di produrre libri o arte, realizza vini. E i vini autoctoni di Quartomoro sono beni culturali alla stessa stregua della letteratura e dell’arte.
Basti pensare al valore storico della linea Memorie di Vite che recupera vitigni ancestrali per proporli nella loro antica essenza. Talmente si va all’essenza che questi vini sono chiamati con degli acronimi.
BVL è “un vino rosso poco diffuso”, da uve Bovale Grande o Bovale di Spagna coltivate a Marrubiu-Terralba (Alto Campidano) in un impianto di oltre novanta anni, risalente al 1925. Potente fin dal primo approccio, ma rimanendo sempre acido e succoso, offre un sorso speziato che emoziona profondamente.
MRS è “il rosso del Mandrolisai, vino che sostiene e che completa vitigni nobili e caldi come Cannonau e Monica”, derivante da uve Muristeddu-Bovale Sardo.
Succoso oltremodo, presenta qualche spigolosità al palato per la sua forte personalità, offrendo sensazioni sospese tra note amare e accenni abboccati.
Leggermente piccante, con del peperoncino rosso che emerge nel finale. Un vino pieno di vita, di energia, quasi termodinamico.
Il CNN proviene da sua maestà il Cannonau, in una intrigante versione in cui freschezza e acidità addolciscono il grado alcolico, mentre il pepe rosso spadroneggia.
Il VRM viene dichiarato come “vitigno tradizionale dell’isola” proveniente dall’Alto Campidano (che sia il Vermentino?…!): molto minerale, evoca sensazioni di terra, come se il nettare stesso avesse una viscerale provenienza ipogea, ingentilita dalla composta di frutta che pervade il bicchiere.
Il Vermentino di Sardegna si esprime ancora con fulminante mineralità nella linea Orriu, spandendo profumi di frutta tropicale, innervando acidità strepitosa e conquistando con una densità carica di gusto.
Delle bollicine di Quartomoro abbiamo già parlato in questo giornale (www.storienogastronomiche.it), quindi ci limitiamo a ribadire che si tratta di grandissimi vini da scoprire.
Piero Cella, con la sodale Luciana Baso, vanno ascritti al novero degli eroi che tutelano e valorizzazione il patrimonio culturale italiano, con il loro “produrre vini-espressione della nostra terra sarda: con questo intento, quotidianamente ci impegniamo, cercando di lavorare al meglio, con il minimo intervento in vigna e in cantina, nel rispetto dei processi naturali”.
Un autentico “intreccio di vite, di esperienze e di culture, così come il luogo in cui nasce”.
Info: www.quartomoro.it