Addio a Massimo Grazioli, il più grande panificatore d’Italia
Se ne è andato il più grande panettiere che l’Italia (e quindi il mondo) abbia mai avuto: Massimo Grazioli ci ha lasciati questa notte ed è una delle più gravi perdite che questo Paese potesse avere.
Perché Massimo non è stato soltanto l’artigiano che faceva il pane più buono della Terra, nel suo panificio di Legnano; non è stato solamente l’unico panettiere coraggioso che denunciava i guasti del suo sistema; non è stato soltanto un immenso divulgatore di conoscenza; ma è stato soprattutto una fondamentale figura della Cultura italiana.
Sì, perché Massimo ha fatto più cultura di buona parte degli accademici e degli intellettuali del Paese.
Lo ha fatto cercando instancabilmente vecchie ricette della panificazione in grado di testimoniare pezzi di storia patria, facendo così Sociologia e Antropologia ai più alti livelli.
Come il Pane Rubato che era memoria della povertà assoluta del paese nei momenti bui. Il dimenticato Pan Tranvai, ricordo della Milano operaia che aveva ancora un’anima. Ma soprattutto riportando in produzione il pane di Carlo Alberto, sua grande scoperta di una consuetudine nata durante la prima Guerra d’Indipendenza tra il 1848 e il 1849: Massimo si è così dimostrato più sensibile e attento degli storici e dei cattedratici che snobbano la Storia che parte dal basso, dall’umile divenire del quotidiano, carica di una dignità che le élite non hanno cuore e cervello per comprendere.
Così Massimo ha dato lezioni a tutti. Ai suoi colleghi ha insegnato che fare il pane non è un mero lavoro bensì una missione di alto profilo, in un Paese come il nostro in cui la tradizione dell’arte bianca ha profondo significato: infatti invitava gli altri panettieri a evitare furbizie e scorciatoie, puntando il dito contro i troppi che utilizzano i pre-lavorati, prendendo così in giro la gente.
Ha dato una severa lezione anche all’Intellighenzia del Paese, dimostrando che anche in un’antica pratica millenaria come fare il pane c’è il codice genetico di una nazione e che lavorare in un forno è importante per il nostro progresso culturale almeno quanto insegnare all’università.
Su tutto però splendeva il sorriso di Massimo, tra il tenero e il beffardo: anche se ti spiegava il concetto più elevato, non perdeva mai l’occasione per farti una delle sue battute di spirito. Lo avevo definito “istrionico” e lui aveva molto apprezzato: era felice che gli si riconoscesse la propria carica empatica che lo faceva amare da tutti, anche se mai l’ho visto gigioneggiare, semmai conquistava con un’intelligenza vivissima e una grande gioia di vivere a contatto con gli altri.
Vederlo lavorare appassionatamente nel suo forno, dove era già all’opera all’una del mattino, ha rappresentato per chi scrive una grande lezione di serietà, un esempio. Non c’è stata una solta volta che parlando con Massimo non abbia imparato qualcosa.
I rimpianti adesso sono legati alle tante altre cose che avrei voluto fare con Massimo: per esempio, un’inchiesta sui panettoni definiti artigianali dai panifici della provincia di Milano che invece, secondo lui, in gran parte sono fatti con i preparati industriali, come quelli della ditta Irca, con il suo Dolceforno che promette di farti produrre panettoni con la minima fatica. Massimo non le mandava a dire: amava troppo il suo lavoro per vederlo svilito da chi invece ne fa soltanto un mezzo per guadagnare dei soldi, fregandosene del palato e dell’intelligenza dei clienti.
Proprio due giorni fa avevo programmato di ripubblicare su questa testata tutti i suoi interventi da Maestro del settore, illuminanti e definitivi; chi volesse recuperare le sue perle si saggezza, può trovare tutto a questo link.
Massimo invece lo troveremo sempre nella nostra memoria, indelebile come la gioia e conoscenza che ci ha donato in vita. Poche persone ho stimato nella vita quanto lui: adesso mi rendo anche conto di avergli voluto bene più di quanto pensassi, perché la sua perdita è come quella di uno di famiglia.
Da oggi l’Italia è più povera: mantenere vivi gli insegnamenti di Massimo sarebbe l’unico modo di sopportare questa perdita.
Per quello che mi riguarda, in tutto quel che mi rimane da fare in questo ambito, non ci sarà giorno in cui con terrò a mente Grazioli, il suo modo di essere e di fare.
Grazie Massimo.