Specialmente… a Bologna: posti da vedere
Genus Bononiae. Musei nella città
Madre della più antica università del mondo, Bologna rappresenta un polo culturale tra i più importanti in Europa. Grandi scrittori, musicisti, filosofi, scienziati, letterati ne hanno segnato la storia, coltivando il proprio sapere in una città da sempre incline ai nuovi fermenti socio-culturali. Non è un caso che il capoluogo emiliano sia stato il primo in Italia ad essere designato nel 2000 come “Capitale Europea della Cultura”.
Un riconoscimento formale, oltre che simbolico, giunto dall’Unione Europea e celebrato tra il 1998 e il 2001 con oltre centocinquanta eventi, dalle rassegne cinematografiche a quelle artistiche, passando per quelle musicali e le rievocazioni storiche sparse per il centro cittadino.
A rafforzare l’identità culturale di Bologna è stato Genus Bononiae – Musei nella città, ideato dal Prof. Fabio Roversi Monaco, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Una realizzazione innovativa, nata da una concezione dinamica di cultura. Se immaginate il solito museo racchiuso in un edificio, allora siete lontani dalla realtà.
Il Genus Bononiae abbandona infatti la staticità museale per lanciarsi in un percorso a tappe sulla via di antichi palazzi, chiese rinascimentali e biblioteche d’Arte, riconsegnati alla cittadinanza grazie al contributo della Fondazione Carisbo.
L’impalcatura ideologica del progetto poggia su una sorta di decentramento culturale, attraverso l’attribuzione di finalità differenti alla singola struttura che diventa così parte di un’entità artistica multi-stratificata. Il risultato ottenuto muove in direzione di un “museo diffuso”, in cui il visitatore si immerge nella realtà sociale di Bologna, cogliendone così sfumature che oltrepassano i meri confini artistici. Come si legge sul sito ufficiale, infatti, “Genus Bononiae si fonda sulla narrazione della storia della città attraverso una pluralità di strumenti: la conoscenza diretta dei luoghi, la comunicazione delle esposizioni permanenti, l’integrazione delle testimonianze fisiche del passato e del presente in un programma di attività continuativo e strutturato che coinvolge musica, parole, immagini ed esperienze culturali aperte ai linguaggi contemporanei”.
Gli edifici che compongono il percorso sono: San Giorgio in Poggiale, San Colombano Collezione Tagliavini, Santa Maria della Vita, Casa Saraceni, Palazzo Pepoli Vecchio, Chiesa di Santa Cristina, Palazzo Fava, San Michele in Bosco.
San Giorgio in Poggiale trasformata in biblioteca
La prima tappa dell’itinerario museale comincia in Via Nazario Sauro, a due passi dalla centralissima Via Ugo Bassi, uno dei punti di riferimento per lo shopping cittadino. Qui si erge San Giorgio in Poggiale, chiesa costruita nel 1633 dall’architetto bolognese Tommaso Martelli sulla ex Via del Poggiale, a cui deve il proprio nome.
Perfettamente integrata nel tessuto urbano, la chiesa fu ultimata tra il 1760 e il 1763, attraverso la realizzazione del campanile, della cappella della sagrestia e l’ampliamento del complesso conventuale.
Nel 1943, nel pieno della guerra, San Giorgio in Poggiale venne parzialmente distrutta da un bombardamento, rimanendo esclusa dal circuito degli edifici di culto sino alla sua definitiva sconsacrazione. La Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, nel 1992, ne ha acquisito la proprietà, trasformandola di recente in una biblioteca d’arte e di storia.
San Giorgio in Poggiale conserva quindi l’estetica della chiesa, ma con un’anima interamente museale grazie al patrimonio librario della Fondazione Carisbo che essa ospita, assieme a un’importante emeroteca, in cui figurano volumi unici al mondo, e a un vasto archivio fotografico.
All’interno della sala di lettura si possono inoltre ammirare alcune opere di artisti del calibro di Claudio Parmeggiani, come Campo dei Fiori, e di Piero Pizzi Cannella, il ciclo delle Cattedrali.
Il complesso chiesastico di San Colombano
A pochi passi dalla biblioteca di San Giorgio in Poggiale, al riparo dal vociare delle strade più battute, si erge il complesso chiesastico di San Colombano, costruito a partire dal VII secolo per volere di Pietro I, vescovo di Bologna nonché discepolo dello stesso Colombano, abate e missionario irlandese vissuto a cavallo tra il ‘500 e il ‘600.
La struttura si compone di più edifici di natura religiosa, giustapposti nel corso degli anni al nucleo originale – la chiesa dedicata al Santo – di cui ultimo l’oratorio, edificato nel 1591 per dare riparo alla Madonna dell’Orazione di Lippo di Dalmasio.
Un’eccellenza arstistica forse poco conosciuta e considerata, tornata però a risplendere grazie ai lavori di restauro ordinati dalla Fondazione Carisbo, determinanti per riportare alla luce una crocifissione parietale duecentesca attribuita a Giunta Pisano, una cripta medievale e una sepoltura del XIII secolo.
L’opera di restyling ha trasformato San Colombano, ridestatosi sotto la nuova veste di museo, in cui è possibile ammirare la collezione di strumenti musicali antichi donata dal Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini.
E così, in un contesto artistico altamente suggestivo, clacivembali, spinette, pianoforti clavicordi e altri rari esemplari si alternano maestosi in saloni affrescati dai discendenti di Ludovico Carracci, tra cui Guido Reni e Francesco Brizio, e innumerevoli opere della scuola bolognese del XV secolo, quali la Madonna col Bambino del Cacciaguerra e la Beata Vergine di Marco Zoppo.
Un connubio straordinario, impreziosito ulteriormente dalla scelta del Maestro di liberare ciclicamente il suono di questi splendidi strumenti, suonati a rotazione per farli rivivere all’interno di una delle cornici artistiche più importanti di Bologna.
Santa Maria della Vita, esempio di barocco bolognese
Incastonato tra antichi palazzi, nel cuore del centro storico, sorge invece il Santuario di Santa Maria della Vita. La chiesa, esempio più virtuoso del barocco bolognese, svetta in fondo a via Clavature, a due passi dalla celeberrima Piazza Maggiore.
Questa tappa del percorso culturale prevista dal Genus Bononiae è sicuramente tra le più affascinanti, trovandosi immersa nel nucleo di vie più antico della città, attraversato dal mercato e da negozi enogastronomici dalla solida tradizione.
Passeggiando tra questi stretti corridoi urbani si viene così letteralmente rapiti dai colori delle vetrine, dominate dalle immense forme di Parmigiano Reggiano, enormi mortadelle, prosciutti e dagli immancabili tortellini. Disperdendosi tra i vari rivoli del mercato diventa impossibile non lasciarsi guidare dagli odori della frutta, del pesce, della pasta fresca e dei salumi che si sovrappongono tra loro, creando un’atmosfera davvero unica.
Dalle invitanti immagini dei cibi tradizionali bolognesi a quelle immaginifiche stimolate da Santa Maria della Vita il passo è pressoché immediato.
Se dall’esterno la facciata non appare stilisticamente trascendentale, tutt’altro si può dire degli interni. La chiesa custodisce infatti Il Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca, straordinario gruppo scultoreo realizzato dall’artista nel XV secolo.
La visione dell’opera lascia attoniti, quasi storditi da quella furente forza espressiva che traspare dai volti disperati delle sei figure, intente a osservare il Cristo privo di vita.
Un patrimonio artistico visitabile gratuitamente, tornato a disposizione dopo i lavori di restauro alla chiesa conclusi nel 2010 sotto l’egida della Fondazione Carisbo, che dal 2006 si occupa della sua gestione. Accanto alla chiesa è presente l’Oratorio, in cui risplende il Transito della Vergine di Alfonso Lombardi, e il Museo della Sanità, testimonianza dell’Ospedale voluto dai frati flagellanti, appartenente al blocco originario del complesso assieme alla cappella.
Casa Saraceni: architettura rinascimentale bolognese
Proseguendo da Palazzo Pepoli per poche centinaia di metri ci si imbatte in Casa Saraceni. Sede attuale della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, l’edificio rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura rinascimentale bolognese.
Situato in una delle vie più chic della città, Via Farini, il palazzo fu costruito nel VX secolo come dimora per ospitare la nobile famiglia Saraceni. Con l’avvicendarsi delle epoche la proprietà dello stabile passò in mani diverse, trasformato in casa privata, museo, pasticceria, banca, fino a diventare l’attuale quartier generale della Fondazione Carisbo.
Nonostante i continui cambiamenti funzionali, Casa Saraceni ha mantenuto invariate nel tempo le proprie caratteristiche principali, presentandosi oggi al pubblico, dopo il restauro, nella sua eleganza in quanto sede di una serie di mostre d’arte e altri eventi culturali.
Palazzo Fava, il punto di arrivo per gli amanti dell’arte
Chi riuscirà a resistere al richiamo delle ricche vetrine enogastronomiche e a proseguire il proprio viaggio, a poca distanza da Santa Maria della Vita troverà Palazzo Fava. Al riparo dall’irrequieta Via Indipendenza, crocevia dello shopping cittadino, esso rappresenta il punto di arrivo per gli amanti dell’arte e quello del probabile approdo per i profani che potranno godere dell’estro dei fratelli Carracci.
Furono proprio Ludovico, Agostino e Annibale a venir incaricati, nel 1584, della realizzazione di un ciclo di affreschi da Filippo Fava, elemento di spicco della facoltosa famiglia bolognese da cui discende il nome della struttura. Le ampie volte e i soffitti dipinti dai Carracci creano una meravigliosa cornice alle mostre che si allestiscono a Palazzo Fava.
Grazie all’intervento della Fondazione Carisbo, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Bologna, dal 2007 riveste infatti un ruolo primario per le esposizioni.
Con una superficie complessiva superiore ai 2600 metri, questo nobile edificio medioevale funge da centro espositivo principe per le opere di proprietà della Fondazione e altre importanti collezioni, sia pubbliche che private. Custode centenario di tesori dal valore inestimabile, Palazzo Fava rappresenta un contenitore artistico il cui fascino supera spesso quello del contenuto. E quando nei suoi ampi saloni, tra le decorazioni dei Carracci e dei loro allievi, si fronteggiano i capolavori della Golden Age olandese, la sensazione di trovarsi in un autentico tempio dell’arte diventa predominante.
Non è un caso, infatti, che è proprio Palazzo Fava a ospitare fino al 25 maggio la rassegna dedicata al secolo d’oro della pittura olandese, unica tappa europea in cui poter ammirare da vicino La ragazza con l’orecchino di perla di Veermer, tra i capolavori più conosciuti e celebrati al mondo.
La Chiesa di Santa Cristina risuona di musica
Posta ai margini del centro storico, in una posizione piuttosto isolata rispetto agli altri poli museali, si staglia la Chiesa di Santa Cristina. Riaperta al pubblico nel 2007, dopo una lunga serie di accurati e minuziosi restauri, è assurta a luogo privilegiato per l’ascolto della musica, offrendo rassegne di prim’ordine affidate a interpreti d’eccezione.
La chiesa ospita inoltre la Schola Gregoriana Benedetto XVI, impegnata nella diffusione e nella promozione del canto gregoriano. A dirigere l’istituto è il monaco olivetano don Nicola Bellinazzo, responsabile anche della formazione liturgica per la comprensione e l’interpretazione dello stesso.
La Chiesa di Santa Cristina va senz’altro considerata come uno scrigno ricco di tesori, prestigiose opere d’arte realizzate nei secoli da artisti dall’enorme caratura, tra cui Guido Reni, le cui statue rappresentano l’unico lascito scultoreo, e Ludovico Carracci, autore della celebre Ascensione. Il dipinto, datato 1597, doveva originariamente essere collocato in una cappella laterale molto alta – motivo che spiegherebbe il gigantismo degli Apostoli, di Maria e della Maddalena – mentre fu sistemato sull’altare maggiore.
Tra gli altri capolavori, presenti invece negli altari minori, spiccano La visitazione di Lucio Massari, L’annunciazione del Passarotti e Santa Cristina aggredita dal padre di Domenico Maria Canuti. Nella nuova veste di auditorium, la chiesa è stata teatro negli ultimi anni di rappresentazioni canore di altissimo livello, racchiuse nelle rassegne annuali intitolate Musica in Santa Cristina, capaci di rafforzarne la nuova identità fino a farla diventare un punto di riferimento a Bologna.
Come si può leggere sul sito dedicato al Genus Bononiae, “possiamo affermare di aver creato per Santa Cristina un’identità che non soltanto si staglia ben definita come un unicum nel contesto locale, ma assume altresì un respiro nazionale nel presentare artisti di chiara fama e programmi mirati all’approfondimento e alla divulgazione del patrimonio musicale presso il grande pubblico, avvicinando inoltre all’arte dei suoni non soltanto gli appassionati e i musicofili, ma anche tanti nuovi ascoltatori, che frequentando le serate di Musica in Santa Cristina hanno spesso scoperto in sé una nuova passione per le sette note”.
Palazzo Pepoli, spazio dedicato alla storia di Bologna
Nel percorso itinerante voluto dalla Fondazione non poteva certo mancare uno spazio dedicato alla storia di Bologna, ricavato tra le mura antiche di Palazzo Pepoli, a due passi dalla coppia di torri che dominano il centro storico.
Le vicende dell’edificio sono intersecate a quella della famiglia da cui prende il nome, a cominciare dal 1344 quando il “signore” di Bologna Taddeo Pepoli ne ordinò la costruzione. Al nucleo originario, eretto in quegli anni, seguirono numerose stratificazioni architettoniche, sino alla realizzazione completa nel 1723 sotto l’egida di Gera Tarlato Pepoli.
L’edificio fu pensato come dimora di rappresentanza per la nobile famiglia, emblema ideale del suo potere dinastico. Il Palazzo mostrava una certa ambivalenza nella propria identità, frutto della tensione tra l’austerità della facciata esterna, interamente cinta da un fossato, e il virtuosismo estetico riservato agli spazi interni, in grado di riflettere il prestigio cittadino dei Pepoli.
Dopo una lunga serie di avvicendamenti di proprietà, accomunati però dal medesimo cognome, con la morte di Agostino Sieri Pepoli nel 1910 l’immobile passò in mano al Comune di Bologna che trasferì l’imponente collezione di opere d’arte tra l’Archivio di Stato e i Musei Civici, utilizzando l’edificio come sede di uffici amministrativi.
Il resto è storia recente, con l’acquisto nel 2003 da parte della Fondazione Carisbo e la sua lenta metamorfosi nel Museo della Storia della città, inaugurato nel gennaio 2012 dopo un percorso di restauri e allestimenti museografici condotti dall’architetto Mauro Bellini, con la realizzazione grafica affidata a Italo Lupi.
Palazzo Pepoli è quindi un luogo dove poter rintracciare le origini dell’oggi del capoluogo emiliano, attraverso un viaggio nel tempo capace di riannodarne i fili del passato più remoto, dall’antica Felsina etrusca alle trasformazioni più moderne che hanno scritto la storia della città.
San Michele in Bosco, l’arte al belvedere
Ultimo, ma non certo per importanza, è il complesso monumentale di San Michele in Bosco. Sito in una posizione più decentrata rispetto alle altre attrazioni, ergendosi infatti su uno splendido belvedere che domina dall’alto la città, San Michele in Bosco non è mai stato valorizzato abbastanza, nonostante rappresenti un patrimonio storico-artistico di immenso pregio per Bologna.
La struttura, in parte sede del rinomato Istituto Ortopedico Rizzoli, si compone della chiesa, la cripta, il chiostro ottagonale, la biblioteca, lo Studio Putti e il refettorio – la Sala Vasari – passati sotto la gestione della Fondazione Carisbo nel 2007 ed entrati così a far parte del percorso museale Genus Bononiae.
I primi mattoni della Chiesa vennero assemblati in epoca medioevale, ma è soltanto nel primo ventennio del XVI secolo che essa assunse l’attuale fisionomia rinascimentale, impreziosita dalla permanenza di elementi romanici e barocchi, grazie all’opera di costruzione impartita dai monaci Olivetani, presenti sul territorio sin dal 1364.
Il progetto di riedificazione della Chiesa divenne occasione per commissionare numerosi dipinti ad artisti di grande fama, tra cui Innocenzo da Imola, il Bagnacavallo, Biagio Pupini, Girolamo da Cotignola e Giorgio Vasari, autore delle tre tavole nel refettorio raffiguranti Cristo in casa di Marta, la Cena di San Gregorio e Abramo nella valle di Mambre.
Nei decenni successivi vennero costruiti il dormitorio, la Biblioteca Putti, custode del libro di anatomia più antico al mondo, la foresteria e il chiostro ottagonale, quest’ultimi affrescati da Ludovico Carracci. Racchiuso nel verde dei colli bolognesi, San Michele in Bosco offre una vista privilegiata di Bologna ed è spesso meta di pittori e fotografi, intenti a catturare le suggestioni del panorama.
Info: www.genusbononiae.it