Vermouth, rotte mondiali e contaminazioni di stile italiano
Liscio, al massimo on the rock. O miscelato. Dolce e amaro, chinato. Carpano ha inventato il Vermouth, Torino è diventata la sua capitale per tutto il Novecento con Martini e Cinzano, ma è stato imitato dai francesi, il Dry di Marsiglia, Lione e Chambery, Noilly Prat, Dolin e Boissiere (prodotto oggi a Torino), e poi da spagnoli e catalani.
Mentre una scuola americana lancia la sua idea di vermouth, da New York alla Napa Valley e San Francisco, in Europa a Londra e Berlino.
Questo per raccontare di una contemporaneità trendy che vede produttori e consulenti, per la formula, gli stessi bartender e mixologist, mentre Mark Delaney vuole aprire una Vermutteria a Liverpool.
E si rivalutano le bottiglie filologiche, da Cora a Cocchi e Marteleltti, senza nulla togliere a Gancia e Contratto. Perché la lunga avventura di questo liquore ha provocato una lunga rivoluzione sociale, dall’aperitivo democratico nella Torino dell’Ottocento alla moda internazionale dei cocktail, che arrivava alle latitudini lontane, con il rhum all’Avana per esempio. Ha propiziato una cultura.
Il Punt e Mes e le variazioni di Martini Cocktail, immortalate dal cinema americano e da James Bond, anche se Negroni, Americano e Manhattan ci riportano alla tradizione di Carpano.
Ogni casa, in fondo, si specializza, dal Rosso Classico al Bianco e al Dry (Extra Dry), la pubblicità li traghetta dal dopoguerra (appuntamento appuntamento yes, con Punt e Mes) ai giorni nostri.
Le sinergie con la Fratelli Branca, la casa di Fernet e Stravecchio, 170 anni di storia, pluripremiata anche nel terzo millennio, è garanzia di passione e qualità.
Torino ha dovuto accettare la chiusura del vecchio stabilimento, si produce da anni a Milano, ma ha riconosciuto, per usare le parole di Fulvio Piccinino, “che a Carpano avrebbero voluto bene”.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 23 aprile 2016