Specialmente… a Roma: antiche meraviglie da (ri)scoprire
Roma, le antiche meraviglie da (ri)scoprire
Se pensate che la Roma antica non abbia più segreti, dovrete ricredervi dopo aver letto questo Speciale. Basta vincere la pigrizia cui inducono le guide, sganciarsi dai viaggi organizzati o semplicemente avere voglia di andare più a fondo ed ecco che anche le antichità cittadine, pure le più note, possono tornare a stupire perfino chi già le conosce.
Tra un museo e un monumento affiorano così storie che ci erano sfuggite e nuove scoperte. Merito magari di una visione museologica profonda e originale, come nel caso dei Mercati di Traiano che si sono concentrati sulle evoluzioni architettoniche di Roma nei secoli, oppure del proficuo intervento della tecnologia che usata con gusto rende emozionante a ogni passo la visita alle Domus Romane di Palazzo Valentini.
La dimostrazione più evidente di quanto stiamo dicendo viene proprio dal monumento più scontato e ovvio di Roma, quel Colosseo tappa obbligata di chiunque transiti dalla città anche per poche ore. Il rischio è che tanti si accodino davanti al monumento quasi per un rito meccanico più che per una scelta ponderata, mentre i più attenti alla Cultura magari evitano di tornarci perché lo danno per scontato: se invece si ha la pazienza di distogliere l’attenzione dagli echi dei gladiatori e rivolgerli alle tracce delle piccole storie quotidiane, ecco che il monumento sembra illuminato da altra luce…
Cosa mangiavano gli antichi Romani durante gli spettacoli al Colosseo?
Dentro il gigantesco luogo comune del monumento più visitato d’Italia, ci sono piccole storie di vita quotidiana del passato tutte da scoprire.
Tra la confusione del circo assordante delle greggi di turisti al comando delle guide, scansando i seguaci della becera moda del selfie e i fan dei gladiatori, si può trovare un altro Colosseo, meno gonfio di ovvietà e capace di emozionare con una cronaca minore ancora poco conosciuta.
E’ quella narrata da un piccolo allestimento che si incontra visitando uno dei corridoi accessibili al pubblico. Un’esposizione di oggetti che testimoniano le abitudini degli spettatori che assistevano agli spettacoli nel periodo dell’antica Roma. Un vera rivoluzione copernicana dello sguardo: non più gli occhi puntati verso il centro del monumento che era teatro di imprese e grandiose esibizioni degli eroi del tempo, bensì rivolti nella direzione opposta, verso gli spalti su cui sedeva la gente normale, seppure a debita distanza da ricchi e potenti.
Questa mostra racconta così “la vita quotidiana durante gli spettacoli”, con “gli spettatori affaccendati nelle più varie attività” mentre “affollavano le gradinate”, dove, “oltre a intrattenersi con scommesse e giochi di società”, “si ristoravano con il cibo, consumato e talvolta preparato, o per lo meno riscaldato sul posto”.
Cosa mangiavano gli spettatori del Colosseo? Carne, pesce e frutta. E si beveva vino, ma con rigidi controlli ante-etilometro.
Curioso scoprire che anche a quell’epoca c’era il vizio di sfregiare i muri con insignificanti atti di esibizionismo scritto, ma almeno quelle incisioni oggi hanno un valore antropologico.
Tutto questo si evince dai reperti archeologici ritrovati nell’area dell’Anfiteatro Flavio e confluiti nell’esposizione permanente I tesori del Colosseo, manufatti che ripercorrono la storia del monumento “dall’incendio di Nerone all’inaugurazione sotto Vespasiano e Tito, fino all’epoca imperiale”.
Tra le sezioni tematiche della mostra, c’è proprio quella sulla vita quotidiana del Colosseo, “con epigrafi e graffiti originali lasciati sugli spalti dal pubblico”.
Per raccontarvi tutto questo, i gestori dei beni culturali avrebbero preteso che noi pagassimo: ribadiamo che invece non è accettabile che un giornalista debba sborsare del denaro per fare informazione. Un diritto costituzionale non si compra, né si vende: quindi ai guardiani di questi beni culturali diciamo che intendiamo continuare a esercitare il nostro diritto e dovere di informare i lettori senza sottoporci a gabelle.
La nostra è anche una lotta contro l’ipocrisia. Noi non facciamo commercio di informazione: la forniamo liberamente e gratuitamente, quindi è inaccettabile la richiesta di costosi oboli. Inoltre noi promuoviamo a titolo gratuito quei beni per i quali qualche ministero implora maggiori attenzioni mediatiche, peccato che poi voglia farsi pagare per questo.
Fa sorridere che vogliano imporre una tassa ai professionisti dell’informazione, certificati da un esame di Stato e da un Ordine Nazionale dei Giornalisti, mentre chiunque altro può postare liberamente su Internet le stesse immagini per le quali vorrebbero fare pagare noi.
Soltanto perché noi abbiamo scelto la strada della legalità, assoggettandoci al controllo di un Tribunale con la regolare iscrizione di una testata giornalistica ufficiale.
I Mercati di Traiano, la storia dell’architettura a Roma
L’unico luogo di Roma capace di condensare nello stesso spazio l’intera storia della città eterna. E’ un compendio di tutti gli stili architettonici che si sono avvicendati fin dall’epoca romana, il complesso archeologico dei Mercati di Traiano con l’annesso Museo dei Fori Imperiali. Passando da un ambiente all’altro si fanno salti di secoli pur rimanendo nella stessa area, mentre senti scorrerti accanto le vicende umane di cui sono stati testimoni questi luoghi.
Ha ben ragione la responsabile Lucrezia Ungaro ad attribuire ai Mercati di Traiano “caratteristiche assolutamente uniche a Roma e possiamo dire nel mondo”, perché rappresentano un quartiere “che ha vissuto l’evoluzione della città dall’età imperiale ai giorni nostri, costantemente riutilizzato e trasformato: da centro amministrativo strategico dei Fori imperiali, a residenza nobiliare, a fortezza militare, a sede prestigiosa di convento, a caserma”.
Trasformazioni strutturali che si sono avvicendate assecondando il perenne divenire della Storia.
Da qui l’orgoglio dei gestori per questo centro dedicato all’architettura antica grazie al quale si può osservare l’evoluzione di Roma da una prospettiva differente.
Basti pensare alla sua collocazione fisica per capirne l’importanza strategica, al centro di un magnifico crocevia culturale che comprende il polo museale del Campidoglio, Palazzo delle Esposizioni, il Museo Archeologico Nazionale, ma anche Colosseo, Foro Romano, Palatino e Fori Imperiali.
Con un’avvertenza dei responsabili: “abbiamo progettato l’esposizione dedicata ai Fori Imperiali nei Mercati di Traiano, che ne erano parte integrante, non come centro commerciale (secondo la letteratura archeologica passata), ma quale insieme di edifici destinati ad amministrare attività e funzionamento del più grande e famoso dei Fori, quello voluto dall’imperatore Traiano”.
Ecco quindi entrare in gioco la tecnologia quale supporto per “riproporre l’ambiente reale, ovvero le attività che si svolgevano nei Fori, le persone che li frequentavano, in altre parole riprodurre la vita reale negli spazi reali”, sempre all’insegna del rigore scientifico.
Davvero di forte impatto l’insieme di grafica e multimedialità incastonate tra reperti antichi, come postula la moderna museologia anche in ambito archeologico, affinché il Museo sia vissuto anche come progetto di comunicazione.
Se si aggiunge che stiamo parlando davvero di una “finestra sui Fori Imperiali”, è facile intuirne il grande fascino.
Lucrezia Ungaro, responsabile della sede museale Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali, ci racconta la lunga e interessantissima storia del sito.
I Mercati di Traiano non erano… dei mercati
I Mercati di Traiano? Non erano dei mercati.
A correggere l’antica vulgata che vuole questo luogo simbolo di Roma come sede dei commerci è proprio la responsabile della sede museale Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali, Lucrezia Ungaro.
La gatta più famosa di Roma? Messalina!
A Roma c’è storicamente la mania per i gatti, tanto che questi sono entrati perfino nell’oleografia locale.
In Rete si parla soprattutto di colonie di felini a Roma, tra le quali le più note sono quelle di Torre Argentina e Piramide. A questo animale nella Capitale hanno dedicato perfino b&b, calendari e intere sezioni di guide turistiche, tutte manifestazioni di una passione smodata in città per i gatti.
Perfino Rita Pavone li ha cantati nel 1964: la colonna sonora dello sceneggiato televisivo Il Giornalino di Gian Burrasca conteneva infatti I gatti di Roma, brano scritto da due firme prestigiose, quelle di Lina Wertmüller e Nino Rota. “Son venuto a vedè Roma pure io, questa celebre e antichissima città e ho notato tanti gatti di ogni tipo e qualità che sonnecchiano fra i ruderi qua e là” canta Pavone, inanellando una serie di zone in cui trovarli: Pantheon, Campidoglio, Arco di Costantino, corso Umberto Primo, Gianicolo, Colosseo, il Pincio e anche “proprio sotto il Cupolon”, fino a esclamare “Oh, mamma mia !, nella città quanti ce n’è”.
Ma al di fuori delle colonie feline, ci sono anche gatti individualisti e solitari che sanno farsi notare.
Come la vera star dei gatti cittadini che si trova nel cuore della Storia, tra gli spazi aperti delle antichissime strutture architettoniche dei Mercati di Traiano. Si chiama Messalina, ma non abbiamo voluto indagare sulle ragioni di un simile nome ispirato a un personaggio licenzioso della storia romana.
Lei in realtà è una minuta ma austera gatta nera dalla nobili movenze. I custodi del sito archeologico giurano di vederla lì da almeno dieci anni. Tanto da essere diventata familiare non soltanto al personale dei Mercati di Traiano ma anche ai visitatori.
Messalina sembra consapevole del proprio appeal, infatti non scappa davanti a nessuno, pur mantenendo le distanze come si conviene a una vera diva. Così ci siamo trasformati in video-paparazzi e siamo riusciti a filmarla, proprio come si fa con le stelle del cinema: nel video che segue,fate caso alla sua uscita di scena, da vera consumata artista dello spettacolo.
Signore e signori, ecco a voi Messalina!
Le Domus Romane di Palazzo Valentini a Roma: viaggio multimediale guidato da Piero Angela
Come una versione teatrale dal vivo di Quark: la voce narrante di Piero Angela che ti accompagna tra proiezioni, eleganti giochi di luce ed efficaci effetti scenici, ti dà la sensazione di essere immerso in una puntata della sua creatura televisiva, dando un valore aggiunto a una visita già di grande valore archeologico.
Visita che si dipana nel sottosuolo di Palazzo Valentini a Roma, letteralmente dentro gli scavi archeologici che dal 2010 sono un’esposizione permanente dell’area archeologica delle Domus Romane, definite dall’Amministrazione Provinciale che le gestisce “un importante tassello della topografia antica, medioevale e moderna della città”.
L’incontro tra antichità e tecnologia moderna ha dato vita al museo multimediale, “suggestivo percorso tra i resti di Domus patrizie di età imperiale, appartenenti a potenti famiglie dell’epoca, con mosaici, pareti decorate, pavimenti policromi, basolati e altri reperti, è stato supportato da un intervento di valorizzazione curato da Piero Angela e da un’équipe di tecnici ed esperti, quali Paco Lanciano e Gaetano Capasso, che hanno ridato vita alle testimonianze del passato attraverso ricostruzioni virtuali, effetti grafici e filmati”.
E’ così che “il visitatore vede rinascere strutture murarie, ambienti, peristilii, cucine, terme, decorazioni e arredi, compiendo un viaggio virtuale dentro una grande Domus dell’antica Roma”.
Immerso spesso nel buio assoluto, il visitatore si sente piacevolmente fuori dal mondo per l’ora e mezza della durata del percorso espositivo: tanti i sussulti emotivi creati da improvvise illuminazioni, trovate visive, giochi sonori.
Ci si sente quasi dentro un ambiente 3D, come si fosse un elemento grafico in un contesto surreale.
L’estrema severità della ricostruzione scientifica viene così ammorbidita da una efficace tecnica divulgativa, quella della visita esperenziale sempre più coltivata dalla museologia moderna. Si impara qualcosa, ma senza avvertire alcun intento didattico, pur presente.
La copiosa presenza di filmati costringe inoltre le guide, giovani e preparate, a operare una sintesi che giova alla snellezza del racconto, così da non avere alcun eccesso di informazioni né momenti di stanca.
Interessante anche la parte dei reperti organizzata in una piccola esposizione museale, contraddistinta da un valido storytelling, grazie al quale si scopre che “anche la spazzatura è storia”, visto che il butto di Palazzo Valentini, con i suoi reperti di risulta, ha contribuito a tracciare usi e costumi delle epoche attraversate dell’edificio.
Per i gestori, “un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie”.
E’ vero e potete verificarlo guardando gli appunti visivi della visita, contenuti nel video sottostante.