L’industria della pasta ha paura della trasparenza? La verità è che…
Il governo ha varato un decreto che prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
- a) Paese di coltivazione del grano:
- b) Paese di molitura
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
In sostanza si potrà sapere guardando semplicemente la confezione di pasta da dove proviene il grano utilizzato per farla e dove è diventato farina.
Bello no?
I pastai però si sono incazzati non poco, dicendo che questa è una sorta di propaganda nazionalista che danneggerà la qualità della pasta, in quanto il grano italiano non è di qualità sufficiente a produrre un’ottima pasta e tanto meno è sufficiente a livello quantitativo.
Per cui il presupposto dei pastai è che il consumatore tenderà a comprare pasta fatta 100% con grano italiano perché è nazionalista dentro, loro per andargli incontro dovranno fare prodotti ad hoc e quindi la qualità della pasta peggiorerà.
L’ipotesi che la gente voglia semplicemente sapere cosa diavolo mangia non è contemplata a quando pare.
Voi cosa ne pensate? State con il ministero o con i rappresentanti dei grandi pastifici?
Noi al 100% con il ministero in questo caso, siamo dell’idea che la trasparenza dovrebbe essere totale quando si parla di grano e farine, non solo per quanto riguarda la filiera della pasta ma anche quella di pane, pizza e lievitati in generale.
Oggi molto spesso nemmeno il panettiere, pizzaiolo ha idea di cosa ci sia dentro al blend che compra dal grande mulino di turno.
Non può conoscere origine, varietà e nemmeno la proporzione di quello che contiene il mix.
E se non lo sa chi produce pane/pizza figuratevi voi che lo mangiate! 🙂
Noi lo sappiamo da dove viene il grano e la farina che utilizziamo ogni giorno, sappiamo chi l’ha coltivata, in quale terreno e chi l’ha trasformata.
E’ fondamentale, perché sapere cosa diavolo si sta mangiando per noi dovrebbe essere un DIRITTO INALIENABILE del consumatore.
Avere quantità enormi di proteine e glutine non significa grano di altissima qualità, significa grano lavorabile senza problemi negli stabilimenti dei grandi produttori industriali con gli attuali macchinari.
Questo messaggio che il grano italiano non è di qualità perché spesso non adatto a chi produce pasta mediocre per i mercati mondiali è il vero danno che sta facendo la grande industria al made in Italy, a nostro modesto parere.
La trasparenza in etichetta può fare da volano per la produzione.
E’ vero che non produciamo abbastanza grano per coprire il fabbisogno ma, questo, anche perché il grano (sia tenero che duro) viene pagato talmente poco che spesso non vale nemmeno la pena coltivarlo e raccoglierlo. E’ economicamente più conveniente lasciare i campi incolti.
Ed è esattamente quello che è accaduto in tutto il paese, infatti la produzione è diminuita costantemente anche se la produzione di pasta e farinacei contemporaneamente aumentava.
La trasparenza unita ad accordi di filiera secondo noi potrebbe cambiare finalmente le cose.
Ci sono già belle esperienza a cui guardare, pensiamo a Grano Armando per la pasta e ai nostri amici di Farina Viva per il grano tenero e altri cereali da panificazione ad esempio.
Potrebbe essere una piccola rivoluzione.
Info: Pagina Facebook “IGPizza”