Coda di Pecora, uva autoctona campana scoperta e vinificata da Il Verro
Non lo conosceva nessuno e sconosciuto sarebbe rimasto, se non fosse stato per la tigna dell’azienda agricola Il Verro che prima ne ha salvato dall’oblio le uve, poi ne ha fatto un grandissimo vino e infine sta battagliando da anni per fargli avere tutti i riconoscimenti burocratici: è così che oggi possiamo avere la gioia di scoprire il Coda di Pecora, vitigno autoctono campano ignoto ai più.
Questa pregevole cantina casertana “ha riscoperto e iniziato un lavoro di valorizzazione dell’antico vitigno Coda di Pecora coltivato in passato nell’area d’elezione tra il Monte Maggiore e Roccamonfina, su cui da qualche anno sono in corso sperimentazioni: Frojo nel 1875 lo cita nei suoi lavori sulla viticoltura in Campania”.
Quando i titolari dell’azienda sono arrivati qui, nel territorio di Formicola, hanno notato un’uva bacca bianca mai vista che i braccianti della zona usavano per fare il vino del contadino: i soci del Verro hanno voluto approfondirne la conoscenza, scoprendo così trattarsi di autoctono di remoto lignaggio, quindi finanziandone lo studio e sostenendo il carico della procedura che lo ha posto in fase di catalogazione nell’elenco dei vitigni autoctoni italiani.
Proprio perché tale procedura non è stata completata, il nome del vitigno non può apparire in etichetta e il vino stesso per il suo nome ha dovuto virare verso un inglesismo, Sheep.
Un vino che prorompe nel bicchiere come uno dei più grandi bianchi del mondo.
Il bouquet è un trionfo di fiori che inebria come in piena primavera. In bocca stordisce la sua potenza aromatica: molto sapido e un pizzico minerale, nel finale offre frutta matura a polpa bianca.
Vino da bere voluttuosamente, con piena gioia.
A raccontare la vicenda del Coda di Pecora davanti alla nostra telecamera è Cesare Avenia.
Info: www.ilverro.it