Il Mangiabuono, centro storico della cucina genovese
La collocazione del Mangiabuono nel cuore del centro storico di Genova, in vico Vegetti 3, non è una semplice coincidenza toponomastica. Perché sulle sue tavole scarne batte il vero cuore gastronomico della città, senza il minimo orpello.
Il menù cambia ogni giorno secondo ciò che propone il mercato ma soprattutto in base all’umore dell’oste Maurizio Tavella che gioca a fare il burbero come per ribadire il mito della scontrosità ligure, ma in realtà ha amore infinito per quello che fa e lo mette in ogni suo piatto.
Stretto e angusto ma anche suggestivo come un carrugio, ha così pochi tavoli che può capitare di dovere condividere il pasto con uno sconosciuto di fianco, perfettamente in linea con la filosofia del locale che mette l’essenzialità in testa a tutto. Infatti troverete tovagliette rigorosamente di carta, posate uguali per tutto il pasto, uno schiaffo alle sciccherie dell’inutile bon ton.
Un posto in cui si può mangiare al banco, dove diversi clienti però si siedono attratti dalla carta dei vini. Tavella è un sommelier, vero profondo conoscitore del vino, innamorato della Francia, ma senza trascurare la Liguria. Dalla quale attingiamo il Portofino di Bisson, Ciliegiolo in purezza fresco e con una sua identità: da bere freddo, delicatamente fruttato, è sapido e di spiccata acidità.
Dello stesso produttore la Granaccia delle Colline del Genovesato, alter ego ligure del Cannonau, realizzato con vinificazione tradizionale a Trigoso (Sestri Levante): di grande eleganza e morbidezza vellutata, con tannini leggerissimi e gradevole potenza ruffiana, spalma dolcezza sulla lingua, con un finale di amarena matura.
Se chi ben comincia è a metà dell’opera, il locale conferma la saggezza popolare stupendo fin dall’inizio con uno straordinario stuzzichino: ravioli fritti, sorta di patatine di pasta ripiena davvero irresistibili.
Ravioli che ci vengono poi serviti nella versione con ripieno di borraggine, condite con tuccu de carne, tipico sugo genovese di cui Tavella ci spiega la preparazione.
Poiché il titolare è una delle star delle competizioni di pesto genovese al mortaio, non potevamo non provare questo piatto simbolo: Tavella lo fa molto elegante, condendoci le trenette, impreziosendole con patate e fagiolini.
Pazzeschi i tortelli svolazzanti di magro di sua invenzione: sono sottilissimi ma grandi fazzoletti di pasta, con un ripieno di ricotta aromatizzata dal contributo della borraggine, conditi con un burro di clamorosa bontà. Dolce e acido si fronteggiano, divertendo da matti il palato.
Eccezionali le trippe alla genovese (il plurale è voluto e dovuto): bella consistenza, gusto pulito ma goloso, ottima mistura con patate e fagioli, buonissimo il sugo.
Merita la tutela dei Beni Culturali poi la proposta di un radicale piatto tradizionale ormai misconosciuto come il fegato all’aggiadda: i tocchetti di fegato tutti da sgranocchiare sono resi incredibilmente appetitosi dal sughetto con aceto e aglio in cui sono immersi, in cui fare una delle più clamorose scarpette d’Italia.
E’ un vero atto di CIVILTA’ proporre l’aglio in grandi quantità in un piatto, contro la becera ignoranza di chi lo evita per gli effetti sull’alito, il ridicolo involontario di chi lo esclude per la digestione, l’infamia di chi appone grotteschi cartelli sui locali con su scritto “aglio free”.
Lo stracotto di toccu è strepitoso: vi auguriamo di trovarlo, quando ci andrete, perché qui i piatti variano di giorno in giorno. La carne, docile alla masticazione, ha un retrogusto torbato, reso ghiotto dai suoi pezzettini di grasso.
Non contento di vederci stremati, Tavella ci impone ancora due assaggi, senza trovare alcuna resistenza…
La formaggella ligure di mucca sa di latte appena munto, sapida ma amabilmente fresca.
I rossetti fritti sono invece una leccornia da infarto.
Rimaniamo senza parole.
Giusto quelle per fare i complimenti al personale cortese e competente.
Per il resto, facciamo parlare l’oste…